mercoledì 12 aprile 2023
L’intervista al direttore del parco nazionale, Luciano Sammarone
«Gli abbattimenti? Un errore. In Abruzzo si è trovato un equilibrio»
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«È stata una tragedia. Ed è giusto che nei confronti di questo animale si prendano dei provvedimenti, ma la proposta del presidente della provincia Fugatti di eliminare 50 orsi è sbagliata, ci vuole calma ». Lo dice con la convinzione dell’esperto Luciano Sammarone, colonnello dei carabinieri forestali e da 2 anni e mezzo direttore del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, l’area protetta che ha l’orso come simbolo. Orso marsicano, meno aggressivo di quello trentino e molto più accettato dalle popolazioni.

Direttore come sta il vostro orso?

Il 2022 è stato il primo anno senza un orso morto, né bracconaggio, avvelenamenti, malattie trasmesse da animali domestici o investimenti. Inoltre sono nati 7 cuccioli, un buon numero per una popolazione di 60 esemplari. E cominciano ad esserci in maniera stabile nascite fuori dal Parco. L’orso si sta espandendo nei parchi della Maiella e dei Monti della Laga. La rete delle aree protette comincia a dare risultati. Non è vero che se ne vanno dal Parco. Non c’è motivo. Abbiamo il 20% del territorio a riserva integrale, dove non si fa nulla. Abbiamo una presenza zootecnica diffusa, i cervi sono ovunque, l’equilibrio naturale è assicurato.

Come li tenete sotto controllo?

Gli orsi col radiocollare sono solo 5, ma sarebbe opportuno averne di più. Il monitoraggio lo facciamo sia nel Parco che nell’area esterna. I dati confluiscono in una Banca dati comune che condividiamo col ministero. Nel 2024 faremo un monitoraggio su base genetica, sui campioni di pelo. Inoltre stiamo lavorando con associazioni, comuni e regione, per territori sempre più a misura d’orso. Ma sono processi a lungo termine. La natura non ha i tempi di Internet.

Come sono i rapporti con le popolazioni?

C’è chi continua a pensare che gli orsi debbano stare solo in montagna, ma l’accettazione ha una base molto larga. Fino a qualche decennio fa si viveva di piccola agricoltura o di allevamento, e se l’orso colpiva lo uccidevano, era un nemico. Ora c’è maggior rispetto, e l’orso favorisce il turismo. Ci sono dei momenti di crisi, però gli indennizzi per i danni, le misure di prevenzione, la comunicazione capillare e un coordinamento, funzionano.

Era diventato famoso l’orso Carrito, poi morto investito all’inizio del 2023.

Ha rappresentato uno spartiacque. Per un anno e mezzo ha girato per i paesi, creando situazioni di conflitto e anche di allarme. Ma soprattutto ci ha messo di fronte a tutta una serie di incompiute. Ad esempio la gestione dei rifiuti. La gente dice “ha fame” ma se gli lasci da mangiare non hai capito nulla. C’è poi la visione disneyana. Un orso che a tre anni arriva a pesare 160 chili non è Winnie the Pooh. Questo fa danni alla conservazione, a un rapporto corretto con la natura. Carrito non era un peluche, ma un orso che era bene stesse in montagna e non nei paesi.

Questo poi fa aumentare i rischi…

Certo. Quando vedono un orso si avvicinano per fare la foto da “sparare” sui social. Si organizzano anche tour fotografici, ma per dare l’autorizzazione abbiamo imposto un’ora di colloquio sull’etica della fotografia, per capire il limite oltre al quale non andare.

Qualche regola?

Nelle zone di riserva generale e integrale non si esce dai sentieri. In altre non si può andare col cane, anche se al guinzaglio perché è un elemento di disturbo.

Aggressioni ne avete mai avute?

C’è solo al vaglio della procura un episodio in Val Comino, a dicembre. Sicuramente in quella zona c’era una femmina con due piccoli e potrebbe averla incontrata ma la versione non ci convince.

Sono diversi gli orsi marsicani da quelle trentini?

Sì. Quello trentino è l’orso bruno europeo, il nostro è una sottospecie che si è isolata migliaia di anni fa. È stata fatta un’analisi genomica dall’Università di Ferrara da cui risulta che ha dei caratteri di minore aggressività, che non significa che è più buono. Buono e cattivo sono concetti umani. Inoltre la densità abitativa della provincia dell’Aquila è di 57 abitanti per chilometro quadrato, quella di Trento è di 87. Da noi ci sono zone dove puoi camminare per giorni senza incontrare nessuno.

Ci sono poi diversità gestionali.

Il Parco dell’Adamello-Brenta non è un parco nazionale come il nostro e quindi deve rispettare regole diverse. A decidere è la Provincia e la sua voce è più forte di quella del parco, lì la politica ha un peso molto maggiore.

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