mercoledì 6 novembre 2013
​Il regista della legge di Stabilità, punta l’indice contro la «demagogia presente in Pdl e Pd» e scuote Renzi: «Ci sono candidati alla segreteria che non hanno alcuna consapevolezza delle conseguenze che avrebbe una caduta del governo. Non si può parlare di voto, l’Italia è ancora sull’orlo del precipizio».
Letta: «Il voto sul Cav. non intralci la Stabilità» 
Decadenza, il voto dopo la legge di Stabilità
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​Stefano Fassina, il vice-ministro dell’Economia a cui il premier Letta ha affidato la regia della traversata parlamentare della legge di Stabilità, smonta subito i "sogni" della maggioranza che a tutti i livelli (dai relatori al suo stesso segretario del Pd, Epifani) hanno chiesto almeno due miliardi per cambiarla: «Non ci sono "tesoretti", è stato rinfacciato un deficit di coraggio al governo, siano ora i partiti a mostrare quel coraggio con proposte innovative e capaci di indicare dove trovare le risorse necessarie». Le domande e le risposte si accavallano alle riflessioni. Fassina dà il suo benestare al ripristino delle detrazioni sulla prima casa nel 2014 (sono «assolutamente necessarie», ma servirà pure l’«innalzamento del tetto massimo del 2,5 per mille»). E, soprattutto, rilancia in grande stile la campagna contro un’Europa che «deve cambiare rotta, se non vogliamo andare a sbattere». Sono ore complicate. Ore di vertici notturni. Di faccia a faccia. È già buio quando il viceministro attraversa il centro di Roma, diretto al ministero dell’Economia. Pensa alla manovra. Riflette su polemiche e fibrillazioni. E ammette le difficoltà. «È facile unirsi al fronte critico. Si prendono applausi, si trova consenso. Ma una classe dirigente deve sapersi assumere la responsabilità di affrontare i problemi. Sì, ci sono dei problemi. E il primo è la demagogia che prevale anche tra chi dovrebbe essere più consapevole. Penso al Pdl, ma anche al "mio" Pd. Ci sono candidati alla segreteria che non hanno alcuna consapevolezza delle conseguenze che avrebbe oggi una caduta del governo...». Fassina parla senza prendersi pause: «...questo non vuol dire che il governo debba andare avanti a tutti i costi. Deve però tenere la schiena dritta sulla vicenda Berlusconi e sull’equità da garantire. Ma non si può parlare di elezioni: l’Italia è ancora sull’orlo del precipizio».È stato deciso di votare in Senato prima la manovra e poi la questione decadenza. È una decisione corretta?La vicenda Berlusconi sul piano parlamentare è chiusa ed è utile affrontare prima, con la Stabilità, le emergenze vere del Paese.Sia onesto: il governo Letta va avanti? Anche oltre il semestre di presidenza Ue che scatta da luglio 2014?Il 2 ottobre, con il voto di fiducia a Palazzo Madama, la maggioranza politica si è rafforzata a dispetto dei numeri. E il governo ha tutte le condizioni per andare avanti e affrontare le emergenze in modo efficace.La prima emergenza è la manovra, appunto. Epifani, e i relatori, dicono che servono 2 miliardi.Tanti hanno indicato un deficit di coraggio del governo, aspettiamo ora emendamenti coraggiosi che ci permettano di trovare risorse. Ma le condizioni non ci sono. Il governo tutto quello che poteva fare l’ha fatto nel disegno di legge. Non ci sono "tesoretti" coperti, da tirare fuori al momento opportuno. Non ci sono 2 miliardi, non ce n’è nemmeno uno.L’esame della Stabilità sta entrando nel vivo. Cosa si attende alla vigilia degli emendamenti?Io dico a tutti, ai partiti e alle forze sociali ed economiche che in queste settimane hanno chiesto cambiamenti più o meno sostanziali, che devono capire che nessun governo nazionale ha la possibilità oggi di dare uno choc: devono capire che l’epicentro del conflitto è a Bruxelles, non nelle capitali nazionali.Intanto, sul no al pagamento della seconda rata Imu, il ministro Saccomanni sembra ancora esitante. E ci sono 2,4 miliardi ancora da trovare...C’è un impegno del governo che verrà rispettato. Il reperimento delle risorse è certamente difficile, come ha detto Saccomanni che non è certamente un pasdaran dell’austerity. Ma siamo determinati a risolvere il problema. L’anticipo a carico delle banche? Ci sono diverse opzioni in campo, valuteremo quella migliore.Ma sulle tasse per la casa le detrazioni torneranno o no?Noi abbiamo stanziato un miliardo ai Comuni per ridurre le tasse sulla prima casa. Poi, il governo è assolutamente disponibile ad accogliere le proposte della maggioranza. C’è già un paletto sull’aliquota massima. Il tetto al 2,5 per mille va regolato appunto in base al capitolo detrazioni. Se serve fissarle a livello nazionale, per evitare che qualche Comune possa innalzare troppo la Tasi, siamo assolutamente disponibili. E sono d’accordo che bisogna tener conto anche del numero dei figli, perché è un dato che incide sulla capacità contributiva.Capitolo cuneo fiscale: il Corsera ha parlato di un tetto ridotto ai 30mila euro per gli sgravi, con 200 euro circa da pagare in un’unica rata.Questa è la strada indicata dalla commissione Bilancio del Senato, ma non è una scelta definitiva. Io non ho obiezioni, ritengo giusto concentrare le poche risorse sulle situazioni di maggiore difficoltà.Questi soldi dati in più nella busta paga degli italiani non saranno una svolta, però.Sì, ma va tenuto in considerazione che questa legge dà 3 miliardi in più a imprese e famiglie. Non era mai successo negli ultimi dieci anni, forse di più. È davvero sorprendente che non si consideri che l’anno scorso, di questi tempi, discutevamo di inasprimenti fiscali, non di riduzioni. Certo resta uno sgravio contenuto, ma non vanno dimenticate le condizioni in cui siamo.Fassina, intanto la Commissione Ue ha dato un giudizio severo, dicendo che in Italia «rallenta la correzione di bilancio».La Commissione Ue dovrebbe fare piuttosto un’analisi più efficace sulla politiche mercantiliste e di austerità che ha raccomandato in  questi anni. Dopo la recessione, nell’eurozona ci troviamo oggi con la stagnazione e più disoccupazione. E i debiti pubblici? Dal 2008 al 2013 quello medio dell’area euro è schizzato dal 65 al 95%. Forse è giunto il momento di verificare la sensatezza delle raccomandazioni che la Commissione propone a tutti i Paesi.Bruxelles dice anche che il deficit italiano sarà al 3% nel 2013.La nostra valutazione è che resteremo entro il tetto del 3%. Va poi valutato il percorso e il fatto che andiamo verso un saldo strutturale che si azzererà nel 2015, fra i migliori in Europa. Questo va tenuto in considerazione, così come il fatto che continuando a intervenire sui conti pubblici in Europa in questo modo, si ottengono risultati diametralmente opposti a quelli che si perseguono.Ma lei ce l’ha sempre con Bruxelles?Ma qui siamo di fronte a una drammatica anemia di domanda, un punto che invece la Ue continua tranquillamente a ignorare. Il Fmi ha riconosciuto gli errori delle politiche di austerità, la Commissione Ue no.Il premier Letta potrebbe fare di più?L’Italia deve avere un governo forte per dire queste cose, e si è forti se si ha credibilità politica. Purtroppo le continue fibrillazioni legate alla vicenda Berlusconi non aiutano. Letta sta facendo tutto il possibile e sta preparando il semestre di presidenza italiano per arrivare a un salto di qualità nel percorso di unificazione e integrazione politica. È quello di cui abbiamo bisogno per evitare l’avvitamento che segna lo scenario dell’eurozona.Ma cosa potrà fare davvero il governo Letta?Dobbiamo fare una correzione di rotta nella Ue, quella attuale non funziona. I dati sulla ripresa sono modesti, non consentono di aggredire l’enorme area della disoccupazione. Senza una svolta radicale verremmo tutti travolti dai populismi e dalle forze anti-euro. E noi europeisti convinti dobbiamo mettercela tutta perché l’Europa torni ad essere la soluzione, non il problema.Chi c’è sul banco degli imputati?Tutta una ideologia diffusa, certo in Germania, ma che poi ha adepti nelle strutture europee. Non è pensabile che tutti gli stati dell’Unione possano crescere tramite le esportazioni. Il rapporto del Tesoro Usa della scorsa settimana non è stato un insulto alla Germania, ma la fotografia di una realtà. La sfida non può essere correggere di qualche decimale gli obiettivi di deficit, il punto è una linea di politica economica che non funziona.Resta il fatto che, fra Istat e Ue, il governo ha subito un "uno-due" non da poco.Sulla crescita il governo considera che sia sottostimato l’effetto positivo dei 50 miliardi di debiti pagati dalla Pubblica amministrazione che possono generare maggiori investimenti, occupazione e consumi, e quindi una ripresa più consistente.Sarà inasprita la tassazione sulle rendite finanziarie?Il governo ha già fatto un intervento sulla ricchezza finanziaria agendo sull’imposta di bollo per circa 900 milioni. Dobbiamo tener conto che gran parte della ricchezza è oggi facilmente trasferibile e le possibilità di tassazione sono limitate. Portassimo l’aliquota al 22% otterremmo circa 600 milioni ma colpiremmo anche i conti bancari. Vorrebbe dire che per colpire i pesci grandi colpiremmo anche i piccoli. Bisogna costruire invece una regolamentazione a livello Ue, anche questo è uno di quei campi in cui l’Europa dovrebbe tornare a essere soluzione e non parte del problema.Ma dove trovare le risorse, allora?È questo il nodo. Anche perché troppo spesso si omette, nel dibattito, che se si tagliano di 100 le spese per poi ridurre di 100 le entrate, si rischia di avere lo stesso un effetto negativo sull’economia. È un esempio di quella demagogia che si riscontra anche ai livelli tecnici più "attrezzati".A cosa si riferisce?Ho letto a esempio Alesina e Giavazzi sulle dismissioni (ieri sul Corsera, ndr). Sono due studiosi in caduta libera, in termini di credibilità scientifica. Danno numeri a vanvera. Faccio notare che i 300 miliardi di patrimonio immobiliare pubblico sono per il 90% utilizzati per funzioni istituzionali: sono cioè scuole, ospedali, uffici. Se noi li vendiamo, poi dobbiamo pagare a qualcuno l’affitto e costerebbe più degli interessi che paghiamo sui titoli del debito. In tutta Europa le operazioni di dismissioni immobiliari nel 2013 sono state per 4 miliardi di euro. Il punto preoccupante è che i livelli di demagogia, riscontrati anche in coloro che dovrebbero essere esperti, rendono il dibattito pubblico sempre più distruttivo.
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