sabato 23 gennaio 2021
L'ex ministro delle Politiche agricole e il suo nuovo impegno. «La globalizzazione non è finita, la comunità internazionale riveda le regole del gioco». Tre A: ambiente, agricoltura, alimentazione
Maurizio Martina in una foto di archivio

Maurizio Martina in una foto di archivio - Ansa

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Che ne sai di un campo di grano? Viene spontaneo canticchiare Battisti, nell’ascoltare Maurizio Martina mentre rimembra l’infanzia a Mornico al Serio. Bassa bergamasca, una cascina lombarda e i nonni che raccontavano cose da albero degli zoccoli. Radici agricole, apparentemente così lontane dal movimento studentesco, dalla sinistra giovanile e persino da quella minuscola sezione del Pds che ha visto l’ex ministro muovere i primi passi in politica, negli anni Novanta.

Martina si è dimesso nei giorni scorsi da parlamentare e da tutti gli incarichi politici. Un addio alle armi necessario, per assumere l’incarico di special advisor del Direttore generale della Fao, diventandone di fatto il vice. Per l’ex ministro delle Politiche agricole, uno che la politica l’ha conosciuta da ragazzino, non è un sacrificio da poco.

Prima ministro, poi delegato all’Expo, ora vicedirettore alla Fao: dica la verità, quando ha iniziato a fare politica, avrebbe mai pensato che le tornasse tanto utile il diploma di perito agrario?
No, assolutamente no (ride). Non immaginavo di fare queste esperienze, sono consapevole di essere stato anche molto fortunato, ma voglio ricordare che ho sempre cercato di mantenere una radice rurale, grazie anche a quegli anni di formazione all’istituto tecnico agrario di Bergamo, ma non solo, visto che i miei genitori vivono ancora in una cascina lombarda della Bassa e da piccolo giocavo nei campi di granoturco e di frumento.

Le costerà non fare politica?
Ovviamente. Questa è stata una scelta meditata e sofferta, per chi come me ha fatto percorso militante dalla sezione di base di Mornico al Serio, più di vent’anni fa, e nel 1996, con la campagna elettorale dell’Ulivo, ha avuto il suo battesimo del fuoco. Posso ben dire di aver fatto un po’ di gavetta. Un po’ mi addolora staccarmi dal "mio" mondo, la sinistra, ma spero di poter fare di più per il mio Paese nel nuovo ruolo che mi accingo ad assumere proprio in questi giorni.

Quale sarà il primo dossier su cui lavorerà?
Inizieremo subito a lavorare per il G20 e per il Food Summit delle Nazioni Unite. Il 2021 è un anno cruciale, è l’anno della presidenza italiana al G20 ed è la prima volta che abbiamo questo ruolo in un consesso così importante: dobbiamo essere consapevoli che è importante riorganizzare il confronto internazionale, in particolare con gli strumenti del multilateralismo dopo la pandemia. Sempre nel 2021 avremo la Cop21 sui cambiamenti climatici e l’Onu ha in agenda il suo Food System Summit... Tutti terreni che impegneranno la Fao.

Con quali intenzioni li affronterà?
Di lavorare sulle tre A. Ambiente, Agricoltura e Alimentazione. L’emergenza Covid è diventata un pauroso moltiplicatore della fame, della crisi sanitaria e della crisi ambientale. Rischiamo di mancare l’obiettivo fame zero 2030 che è al centro dell’agenda di sviluppo sostenibile. La pandemia ha aggravato ovunque la situazione anche rispetto alle stime 2019. Abbiamo un incremento dell’indigenza in tutto il pianeta: si stanno aggiungendo altri 130 milioni di poveri ai 690 del 2019. Il summit sarà fondamentale per accelerare le azioni dei Paesi su questo fronte.

Cosa è cambiato con il Covid-19?
La pandemia ci ha anche detto chiaramente che la lotta alla fame non ha latitudini. Anche nel cuore dell’Occidente sono esplose situazioni di povertà alimentare impressionanti. Dal summit dovranno uscire impegni concreti.

Si può dire che la globalizzazione sia ormai finita?
Non lo credo e non l’ho mai creduto. Piuttosto, siamo entrati in una nuova fase, se per globalizzazione intendiamo l’interconnessione spazio temporale che ha cambiato le nostre vite. Certo, la dinamica dei flussi economici è cambiata, saremmo sciocchi a non vederlo. La globalizzazione pre Covid, con quel suo mito inossidabile e una logica che portava tutti ad annullare tempi e spazi, ha subìto un colpo pesantissimo con la pandemia. Tocca alla comunità internazionale rivedere il campo e le regole del gioco, ma la lezione che traiamo da questo periodo pandemico è comunque quella che il mondo è talmente interconnesso che nessuno se la cava da solo.

Non teme una fase neoprotezionistica?
Spero di no. Credo che la grande sfida sia di costruire una nuova stagione della globalizzazione, con regole più forti per un mondo più aperto e più giusto. Sarebbe errato rinverdire le regole del passato, servono quadri regolatori del commercio internazionale davvero nuovi, che tengano conto della centralità dell’approvvigionamento alimentare, dimostrata anche dal Covid-19.

La Fao ha sempre avuto una posizione meno rigida della sua sugli Ogm. Come si troverà ora?
Sono sempre stato tra i fautori di un punto di avanzamento che, facendo leva sulle potenzialità che offre la scienza, ci permettesse di superare le contrapposizioni: la ricerca genetica ci pone di fronte ad alcune novità potenzialmente interessantissime proprio per la loro connessione con i livelli di sostenibilità e equilibrio. Non ha senso parlarne con i linguaggi degli anni Ottanta. Ricordo che dal 2014 ho chiesto all’Europa un aggiornamento giuridico sul genome editing. Spetta alle istituzioni scrivere regole nuove per prospettive nuove.

"Farm to fork" non ha lo stesso atteggiamento verso la chimica...
La strategia europea "Farm to fork" coglie l’ambizione giusta e sfida chi lavora sulla chimica verde e da tempo sta cercando di compiere una svolta sul fronte sostenibilità anche nel comparto chimico. Personalmente ho sempre cercato di lavorare per costruire punti di equilibrio tra le varie istanze avendo ben chiaro che anche i modelli agricoli euro debbano essere aiutati a compiere svolta sostenibilità è strategico. Certo, perché ciò non resti sulla carta servono azioni e sostegni. Chi si lamenta di un approccio, tuttavia, dovrebbe ricordare che il supremo arbitro delle scelte resta il cittadino, che da tempo premia la sostenibilità. Il cittadino però va aiutato a capire e a scegliere, garantendo trasparenza totale delle informazioni e anche per questo è importante che l’Italia abbia promosso alla Fao il progetto della food coalition, che verrà presentata al G20 dei prossimi mesi.

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