lunedì 1 settembre 2014
Il presidente di "Libera" ribasdisce il suo impegno contro le mafie dopo le rivelazioni sulle intercettazioni di Riina che dal carcere ha detto: «Potremmo ammazzarlo»
COMMENTA E CONDIVIDI

Non si piega alle minacce di morte di 'Cosa nostra' don Luigi Ciotti. Tira dritto per la sua strada e ribadisce: "Per me l'impegno contro la mafia è da sempre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiustizie, delle violenze, al suo stare dalla parte delle vittime, dei poveri, degli esclusi". Nessun freno a mano, dunque: la lotta per la legalità che il sacerdote, presidente di Libera, conduce dal 1995, prosegue senza interruzioni, senza timori. Perchè "le mafie sanno fiutare il pericolo, sentono che l'insidia, oltre che dalle forze di polizia e da gran parte della magistratura, viene dalla ribellione delle coscienze". Don Ciotti è una figura 'scomoda' per la mafia, una figura da paragonare a don Pino Puglisi. Talmente scomoda che - dice il boss Totò Riina intercettato nel carcere dell'Opera - "putissimu pure ammazzarlo". Sebbene siano state considerate non concretizzabili, queste intercettazioni sono comunque "molto significative" per don Ciotti. Perché, dice, non sono rivolte a me direttamente, "ma a tutte le persone che in vent'anni di Libera si sono impegnate per la giustizia e la dignità del nostro Paese". Quelle persone che lui chiama "cittadini a tempo pieno, non a intermittenza".    Urta i boss il lavoro che Libera fa nelle terre che prima erano della mafia. Urta il sostengo che l'associazione dà a chi gestisce i beni confiscati. E urtano, soprattutto, i continui appelli alla legalità del 'sacerdote che interferiscè. Ecco, don Ciotti, preferisce essere definito così, membro della "Chiesa che interferisce": non vuole e non "osa" paragonarsi a don Pino Puglisi, come ha fatto Riina, perché, dice, io "sono un uomo piccolo e fragile". Il sacerdote insiste quindi sulla forza del "noi", del lottare assieme: "solo un 'noì, non mi stancherò di dirlo, può opporsi alle mafie e alla corruzione". E richiama la politica, che "deve fare di più": "la mafia non è solo un fatto criminale - osserva - ma l'effetto di un vuoto di democrazia, di giustizia sociale, di bene comune". E insiste nel definire la corruzione "l'incubatrice delle mafie". Quella corruzione che "sta mangiando il nostro Paese".   

 

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: