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Le parole possono accomunare giovani ed adulti - .
“Papà, andiamo al parco giochi dopo la scuola?”. “Ci sta”. “Facciamo un pov che poi lo posto sui social?”. “Ci sta”. “Ti va una partita a padel con i colleghi stasera?”. “Ci sta”. L’espressione “ci sta” sembra essere quella terra di mezzo in cui le generazioni danno tregua al tipico scontro reciproco e trovano un terreno comune in cui incontrarsi. (NB fare un “pov” significa creare un contenuto per i social con una ripresa che mostra il punto di vista - Point Of View - del protagonista).
Se i boomer fanno i giovani
Se la gen z tende a usare un vocabolario inclusivo, in cui asterischi e schwa (ə) annullano i generi, e non lesina su inglesismi ed espressioni criptiche adattate dai social, i boomer sembrano preferire uno stile più informale e conservatore della lingua italiana. A onor del vero, ogni tanto si sente qualche over 50 che, tentando di avvicinarsi al linguaggio della gen z, pronuncia parole come flexare (ostentare) o chillare (rilassarsi), ma, più che giovanile, rischia di risultare un po’ cringe (strano). “Ci sta”, però, mette d’accordo adulti e ragazzi.
Lo studio
Un’indagine condotta da Agen Food mostra che l’espressione “ci sta” non solo attraversa le generazioni, ma anche i luoghi perché si adatta alle conversazioni durante lo shopping, e pure a uno scambio sul luogo di lavoro, così come viene usato in università o al ristorante. Dei 1200 italiani intervistati nel report, più del 50% ritiene che il “ci sta” sia una sorta di “ok” quasi potenziato, in grado di trasmettere complicità, spensieratezza ed empatia. In due parole si riassumono concetti come “non mancherò, grazie per avermi invitato” davanti a una proposta interessante, ma anche un “bella idea, mettila in pratica” detto al lavoro, caricandoli anche di una vicinanza ideale tra gli interlocutori. Se è vero che il linguaggio riflette l’evoluzione della società, la frenesia e il ritmo di oggi non danno spazio a conversazioni lunghe e ridondanti. I boomer gradiscono sicuramente il risparmio di tempo portato dal “ci sta”, mentre i millennial e i gen z ne apprezzano l’immediatezza e l’informalità. Ed è così che “ci sta” crea una relazione tra generazioni.
Da quando diciamo "ci sta"?
La maggior parte del campione dell’indagine ha anche rivelato che non è in grado di dire quando ha iniziato a usare l’espressione “ci sta”, il che è significativo. Come quando si cerca, invano, di risalire al momento esatto in cui ci si è addormentati, “ci sta” si è preso il suo spazio nella vita delle persone senza dar modo di sapere quando è successo di preciso. Con naturalezza ha attecchito e si è guadagnato il consenso sia di chi dice “roastare un* ragazz*”, sia di chi preferisce dire “prendere in giro un ragazzo”. A giudicare dall’indagine di Agen Food, “ci sta” sembra non essere mai fuori posto e adatto a tutti, un po’ come il nero che sta sempre bene e non passa mai di moda.