lunedì 6 novembre 2023
I genitori della neonata inglese, affetta da una malattia non guaribile, aveva chiesto il trasferimento al Bambino Gesù. Nuovo ricorso della famiglia, ma senza esito
I genitori con Indi nella sua stanza in ospedale

I genitori con Indi nella sua stanza in ospedale - Immagine diffusa dalla famiglia

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Indi Gregory, la neonata inglese di 8 mesi gravemente malata per una patologia mitocondriale allo stato inguaribile, a cui l'Alta Corte di Londra nei giorni scorsi aveva negato la possibilità del trasferimento in Italia per continuare a mantenerla in vita tramite il supporto delle macchine, ha ottenuto la cittadinanza italiana. In questo modo potrebbe avere una chance in più di essere trasferita al Bambino Gesù, come chiedeva la famiglia.

Il Consiglio dei ministri è stato convocato d'urgenza alle 14.15 e la decisione è arrivata in pochi minuti. Il conferimento della cittadinanza italiana alla piccola Indi è avvenuto "ai sensi dell'art. 9, comma 2, della legge 91 del 5 febbraio 1992". Una scelta motivata da Palazzo Chigi in considerazione dell'eccezionale interesse per la comunità nazionale ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici.

È ora iniziata una corsa contro il tempo per tenere in vita la neonata, ricoverata al Queen Medical Center di Nottingham.

Questa svolta arriva al termine di una trattativa portata avanti dal governo da diverse settimane, in totale riservatezza. L'ospedale pediatrico Bambino Gesù da tempo ha offerto la possibilità di assisterla, come aveva fatto in passato per altri due bimbi inglesi, ma la giustizia britannica ha negato la possibilità di trasferimento.

«Dicono che non ci siano molte speranze per la piccola Indi, ma fino alla fine farò quello che posso per difendere la sua vita. E per difendere il diritto della sua mamma e del suo papà a fare tutto quello che possono per lei"; lo ha scritto la premier Giorgia Meloni sui social, pubblicando una foto della neonata.

"Un grandissimo grazie al governo italiano, al presidente Giorgia Meloni a tutti i ministri e all'intero popolo italiano da parte dei familiari di Indi Gregory. Ora al lavoro per rimuovere i residui ostacoli e portarla presto a Roma", scrive su Twitter l'ex senatore Simone Pillon, legale della famiglia. "La vita e la morte non sono opzioni equivalenti, e men che meno possono esserlo per lo Stato. I genitori della piccola #Indi chiedono soltanto di continuare a curare la loro bambina. Il governo italiano è accanto a loro, e rendere Indy nostra concittadina è il modo più efficace per dimostrarlo. Come italiana e come ministra della Famiglia di questo governo ne sono fiera", interviene la ministra alla Famiglia, alla Natalità e alle Pari Opportunità Eugenia Roccella con un post su Facebook. Di "importante messaggio di speranza" parla il leader di Noi moderati Maurizio Lupi. Un "grazie" al governo per la "coraggiosa decisione" arriva anche da Domenico Menorello, a nome del network di associazioni "Sui tetti". "Ci appelliamo direttamente alla Cedu di Strasburgo, che purtroppo ha già bocciato qualche giorno fa un ricorso, ma ora ne è stato presentato un secondo dai genitori Dean Gregory e Claire Staniforth, che con coraggio hanno accettato e accolto la malattia della loro bambina", afferma Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus.

La speranza era che il riconoscimento, arrivato solo 50 minuti prima dello scoccare dell’ora fissata per lo spegnimento del ventilatore, potesse favorire il suo trasferimento dal Queen’s Medical Center di Nottingham all’ospedale Bambino Gesù di Roma. Così non è stato. I legali della famiglia hanno presentato un ultimo ricorso, invano. Domani, martedì, in mattinata verrà deciso al massimo dove la bambina potrà trascorrere le sue ultime ore.

Quello di Indi non è il primo caso del genere nel Regno Unito. E non sarà, purtroppo, neppure l’ultimo. Charlie Gard, Alfie Evans, Archie Battersbee e Isaiah Haastrup sono solo alcuni dei minori condannati da un tribunale, nel loro «migliore interesse» alla sospensione dei trattamenti vitali.

Esempi che secondo le associazioni pro-life britanniche, come Christian Concern, probabilmente rappresentano solo una piccola parte dei casi che, lontano dai riflettori, si verificano ogni anno in tutta la nazione. Ognuno a suo modo diverso ma tutti in odore di eutanasia.

A detta dei medici di Nottingham per Indi, battezzata a settembre nel suo lettino d’ospedale con le tre sorelline al suo capezzale, non c’è alcuna possibilità di recupero. Semplicemente, dicono, «sta morendo». Mamma Claire e papà Dean ritengono invece che la diagnosi sia «erroneamente pessimistica». Nei video mostrati durante il processo la bambina è ripresa mentre piange, ride, sgambetta. La famiglia, originaria di Ilkeston, nel Derbyshire, rivendica, per lo meno, l’autorizzazione al trasferimento della piccola in Italia.

Libertà di cura e diritto alla sicurezza. Il ricovero al Bambino Gesù sarebbe l’unica chance per strapparla al distacco del respiratore. Da tentare nonostante i rischi tecnici legati allo spostamento di un paziente molto fragile. Un precedente di questo genere in effetti c’è.

Tafida Raqeeb, 5 anni, musulmana, ottenne nel 2019 la sospensione dell’ordine di spegnimento dei macchinari a cui era attaccata al Royal London Hospital e l’autorizzazione al trasferimento all’Istituto Gaslini di Genova. Neppure un anno dopo la piccola fu dimessa e inserita in un programma di riabilitazione. Nel caso di Indi i giudici hanno invece ritenuto che il trasferimento in Italia sia «tristemente» inutile e non percorribile.

La mossa del governo Meloni, passata quasi in sordina sui media locali, solleva nuovi quesiti legali (oltre che diplomatici) sulla decisione della Corte. Anche nel 2017, lo ricordiamo, Washington concesse ai Gard la cittadinanza statunitense per incoraggiare le autorità britanniche a lasciar andare Oltreoceano il piccolo Charlie e sottoporlo a cure sperimentali. Fu inutile. La speranza, nonostante tutto, è l’ultima a morire. «Ringrazio il governo e il popolo italiano dal profondo del mio cuore» ha commentato il papà di Indi, «l’Italia ha ridato a me e a mia moglie Claire fiducia nell’umanità. Ci ha mostrato cura e sostegno amorevole e vorrei che le autorità britanniche facessero lo stesso». Secondo Andrea Williams, presidente del Christian Legal Center che assiste i Gregory, «è molto preoccupante che un bambino possa essere trattenuto contro la volontà dei genitori quando hanno a disposizione cure alternative. Abbiamo bisogno di riforme».

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