sabato 9 gennaio 2021
Dopo l'incendio del campo di Lipa, 900 uomini vivono in ripari di fortuna e si scaldano con falò. Gli aiuti d'urgenza di Caritas Ambrosiana, Caritas Italiana e Ipsia
Profughi si scaldano attorno a un falò in quel che resta del campo di Lipa, in Bosnia Erzegovina

Profughi si scaldano attorno a un falò in quel che resta del campo di Lipa, in Bosnia Erzegovina - Reuters

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Almeno 900 persone, da 17 giorni, vivono sotto ripari di fortuna in quello che è rimasto del campo di Lipa, località tra i boschi sulle alture della Bosnia Erzegovina a pochi chilometri dal confine con la Croazia. Dopo che la tendopoli temporanea che li ospitava è andata a fuoco, l'antivigilia di Natale, il 23 dicembre, le loro condizioni già molte precarie sono precipitate. Senza acqua, né elettricità, né servizi igienici gli sfollati (tutti uomini, richiedenti asilo, provenienti per lo più da Pakistan e Afghanistan) sono costretti a scaldarsi accendendo piccoli falò.

"Non è ancora arrivato il gelo, ma fa già molto freddo, la neve che era caduta nei giorni scorsi si è sciolta creando un pantano che rende la quotidianità ancora più complicata", spiega Silvia Maraone, operatrice umanitaria che lavora da anni nella regione in progetti promossi dall'Istituto Pace Sviluppo e Innovazione (Ipsia) delle Acli, Caritas Italiana e Caritas Ambrosiana. Abbandonati a loro stessi, i profughi non hanno vestiti adeguati e scarpe per affrontare l'inverno. Possono contare solo un pasto al giorno che fornisce loro la Croce Rossa, l'unica organizzazione insieme alla Caritas ed Ipsia, autorizzata ad operare.

Se pare tramontata l'ipotesi di adeguare l'accampamento di Lipa, nemmeno un trasferimento a Bihac pare al momento un'opzione praticabile sempre per l'opposizione del sindaco della cittadina e delle autorità del Cantone di Una Sana, che a fine settembre avevano chiuso il campo di Bira, allestito in una ex fabbrica e si erano opposti strenuamente ad ogni tentativo di riapertura. Questa crisi civile, politica e istituzionale è all'origine della "catastrofe umanitaria" che Iom denuncia nella regione. Secondo l'organizzazione sarebbero almeno 3.000 le persone totalmente allo sbando, senza un posto dove stare, nel mezzo dell'inverno. Una situazione, tra l'altro, aggravata dai violenti respingimenti alla frontiera della polizia croata denunciati anche al Parlamento Europeo che impediscono ai migranti di proseguire il loro viaggio in Europa.

In queste gravissime condizioni umanitarie, Caritas Ambrosiana, Caritas Italiana, Ipsia, hanno deciso un intervento di urgenza per aiutare i profughi, imprigionati nei boschi della Bosnia dai veti incrociati delle autorità. Nei giorni scorsi sono arrivati i primi sei camion carichi di legna da ardere. La fornitura continuerà nelle prossime settimane per tutto il tempo che sarà necessario a superare l'inverno. Per sostenere questo sforzo è partita in questi giorni una raccolta fondi.

"Non è la soluzione al problema, ma è la sola cosa che in questo momento è possibile fare per permettere a queste persone almeno di sopravvivere", sottolinea Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.

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