martedì 25 gennaio 2022
Il 'borsino' della giornata, la prima delle votazioni, attesta una svolta - la decisione di Mario Draghi di avviare in prima persona una sorta di consultazioni personali, assumendo l’iniziativa
Cammino in salita per Draghi, alle prese con il fronte "contro"

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Il 'borsino' della giornata, la prima delle votazioni, attesta una svolta - la decisione di Mario Draghi di avviare in prima persona una sorta di consultazioni personali, assumendo l’iniziativa come gli era stato 'suggerito' in particolare da Matteo Renzi –, ma anche una serie di ostacoli che rendono ancora parecchio in salita il cammino dell’attuale premier verso il Quirinale.

Da parte di Salvini e Conte, i leader di Lega e 5 stelle, al di là di una disponibilità al dialogo sarebbero stati confermati infatti i muri, ancora piuttosto alti, eretti a difesa dell’attuale governo. Le sensazioni sono sfuggenti e mutevoli, come sempre nelle ore caotiche che segnano situazioni di questo tipo. Ieri, nelle sale di Montecitorio tornate affollate, qualche parlamentare di lungo corso faceva notare anche la possibile 'sgrammaticatura' istituzionale (che è il rovescio della medaglia dell’iniziativa che gli veniva chiesta) di un presidente del Consiglio che sente direttamente i leader dei partiti sull’evoluzione del quadro politico nel caso di una sua 'promozione' a capo dello Stato.

Tutto deriva dal punto di partenza: Draghi già nella conferenza stampa del 22 dicembre, quella di 'fine anno', sottolineando che sarebbe stato problematico avere per il capo dello Stato una maggioranza «diversa» da quella che sostiene l’attuale esecutivo, aveva delineato un percorso che portava nella sostanza a una sola figura come possibile successore di Mattarella: se stesso, Draghi. Si dice (ovviamente non è confermato da fonti governative) che negli incontri di ieri l’ex presidente della Bce avrebbe evidenziato l’esigenza di mantenere a Palazzo Chigi un premier di tipo 'tecnico', nel caso di un suo trasferimento al Colle. Ipotesi però fortemente sgradita a Salvini e Conte. In queste ore Draghi ha dovuto forzare l’indole di uomo cresciuto nelle istituzioni finanziarie e ha capito forse una cosa: che non può fare a meno dei partiti per assecondare i suoi progetti.

Nello stesso tempo gli è più chiaro che, nei prossimi giorni, dovrà fare i conti anche con un’altra forza, magari da lui sottovalutata: quella che in Transatlantico è stata già ribattezzata 'TtD', ovvero 'tutto tranne Draghi' al Quirinale. Una forza sempre alimentata dal timore che, dopo, la situazione precipiti e che si torni al voto. E che ieri ha trovato, a sorpresa, un alleato persino nell’Economist, con un articolo certo non gradito da Draghi.

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