giovedì 30 luglio 2020
Un evento unico in Italia, che ti fa toccare con mano l'energia che sprigiona il connubio tra competenza, forza di volontà e amicizia
Brenta Open, disabili alla conquista delle Dolomiti

Le foto di questo servizio sono di Giusy Marmaglio, Francesco Filippini, Elena Zucchetti e Marcello Palmieri

E' un evento unico in Italia, di quelli che - finché non vedi -, non credi possibile. E che, quando vedi, ti fa toccare con mano l'energia che sprigiona il connubio tra competenza, forza di volontà e amicizia. Eppure, questa iniziativa così straordinaria e magica stenta ad avere risonanza anche solo là dove è nata e dal 2015 si rinnova ogni anno, il Trentino delle Dolomiti di Brenta.

Domenica mattina, quattro alpinisti con disabilità hanno raggiunto due cime gruppo, arrampicando in cordata su "vie" potenzialmente in grado di dare problemi anche ad atleti normodotati: il Croz del Rifugio, accanto appunto al rifugio Pedrotti, e lo spallone della Brenta Bassa, poco più a sud, con difficoltà che arrivano fin quasi al quinto grado. E la conquista delle vette è stata suggellata da un concerto senza pari in Italia, se non altro per la dislocazione degli strumenti: un violoncello davanti al rifugio, una tromba sul Croz e un sax soprano sulla Brenta. Tutti e tre ascesi, ovviamente, insieme a chi li ha fatti vibrare.


E' Simone Elmi l'inventore di "Brenta Open", l'evento clou dell'associazione "Dolomiti Open" di cui è il fondatore. Lui, guida alpina formata per l'accompagnamento di persone con fragilità fisiche o psichiche, per il sesto anno consecutivo ha portato a termine la sua impresa: mostrare quanto "vale" e quanto "può" una persona disabile, una volta datale una guida (alpina) e degli amici su cui contare. Tanti, ogni anno sempre di più. Cosí, anche quest'anno il gruppo è partito da Molveno nella mattinata di sabato: prima la jeep fino al rifugio "Croz dell'Altissimo", e poi a piedi fino al Pedrotti attraverso il rifugio Selvata, il Bivacco dei Massodi e circa 1000 metri di dislivello che dal bosco innalza fino al più lunare calcare dolomitico.

Con Elmi, c'era Nicolle Boroni, 27 anni, e una mano persa a 4 nella macelleria di famiglia a Bocenago, in provincia di Trento. Ma c'erano anche altri tre atleti ormai di casa a Brenta Open: la guida alpina milanese Michele Maggioni, il bomber paralimpico Gianluigi Rosa di Lavis (Trento) e l'alpinista Kevin Ferrari di Puegnago sul Garda (Brescia), tutti accomunati dallo svegliarsi quotidianamente con una gamba sola. E non metaforicamente.

Dolomiti Open conta tutti gli anni anche sulla presenza del bolognese Alberto Benchimol, che dal 1983 sta avvicinando allo sport decine di disabili. Ma non solo. Insieme a loro, rigorosamente a piedi, anche i musicisti: Michele Selva con il piccolo sax soprano nello zaino, Michele Pavesi con la tromba, e sì, anche Giovanni Caprioli con in spalla il suo violoncello. Una piccola impresa nell'impresa.

Per la prima volta, all'evento ha partecipato anche Cesare Baldrighi, fino al mese scorso (e per 21 anni) presidente del Consorzio del Grana Padano. Ed è ormai consolidato il legame tra questo Dop e l'evento: dal 2006, lo sostiene TrentinGrana insieme a Dolomiti Paganella, Molveno Holiday e altre poche realtà, ormai consapevoli del fatto che non di solo marketing territoriale vive la montagna. L'edizione 2020 ha però visto anche la collaborazione della Provincia Autonoma di Trento, che ha messo a disposizione uno dei propri elicotteri perchè l'iniziativa potesse essere raccontata da vicino.

Tradizione vuole che al tramonto, prima di cena, tutto lo staff di Brenta Open - composto anche da guide alpine normodotate - si trovi davanti al rifugio per presentare i protagonisti dell'avventura, soprattutto quelli che partecipano per la prima volta. E' qui che ha preso suono, insieme ad alcuni intermezzi musicali, la toccante testimonianza di Nicolle: "Fino a circa un anno e mezzo fa - ha raccontato - io che sono senza una mano tendevo a nascondere il mio corpo". E' stato un viaggio in Africa a farle scattare la molla: "Lì ho capito che ci sono cose molto peggiori, persone che muoiono di fame, che non hanno l'amore della propria famiglia, la vita fortunata che ho io. Come dico spesso, io nella mancanza ho trovato l'abbondanza. Così ho preso coraggio, e ad oggi sono estremamente felice della persona che sono".

Nel video Nicolle Boroni, Brenta Open 2020

La giornata, nei rifugi alpini, comincia piuttosto presto. Alle 6, al Pedrotti era già un brulicare di gente nei corridoi, di porte che sbattevano, di persone in fila per attingere all'acqua gelida dei bagni. D'altronde, i montanari d'alta quota lo sanno: prima si rientra, minori sono le possibilità di farsi sorprendere dal temporale. Che, a 2500 metri o peggio ancora in vetta, non è un'esperienza delle più tranquillizzanti. Foto di rito, e poco prima delle 7 le due cordate hanno lasciato il rifugio. In quella per la Brenta Bassa, Elmi con Rosa, Selva e Benchimol. In quella per il Croz del Rifugio, Maggioni con Boroni, Ferrari e Pavesi. Oltre a un nugolo di accompagnatori in veste di supporto tecnico.

Verso le 10.30, il gruppo di spettatori al rifugio si è allargato. Da Molveno è salita una decina di studenti delle scuole medie, invitati da Elmi - insieme a due ragazzi del Liceo scientifico della Montagna di Tione (Trento), ascesi con il gruppo il mattino precedente - quali testimoni dello straordinario evento che si stava per compiere. Poco dopo, accompagnati dal tifo incredulo degli spettatori che attendevano nei pressi del rifugio, via radio è arrivato l'annuncio: Rosa ha conquistato la vetta, e poco dopo hanno tagliato - anzi, calpestato - lo stesso traguardo sull'altra cima anche Maggioni, Ferrari e Boroni.

In cammino, video Brenta Open 2020

Da quel momento, le vette hanno iniziato a risuonare. Con l'Inno alla Gioia di Beethoven, innanzitutto: intonato dal violoncello al rifugio, proseguito dal sax sulla Brenta Bassa e concluso dalla tromba sul Croz del Rifugio. Poi con Johann Sebastian Bach: l'autore più visitato nel concerto, quel compositore immortale che - praticamente solo nel finale - ha ceduto il passo a un altro grande della musica scomparso nel recente passato. Ed ecco che, in quell'ambiente aereo ed etereo, le note del "Gabriel's oboe" hanno omaggiato la memoria del loro "inventore", Ennio Morricone. Il volume era il vento a deciderlo: diminuiva sulle raffiche, aumentava nella bonaccia. E chi lo sa il motivo, ma che eco il sax sulla Brenta Bassa...

Gabriel’s oboe, video Brenta Open 2020

Un'emozione senza pari: in quel momento, e per davvero, ognuno ha potuto percepire come non importasse se si era fermato al Pedrotti, o se era asceso su una cima piuttosto che sull'altra. Tutti si sono trovati accolti in un unico grande abbraccio, nel quale ogni persona - idealmente rappresentata dal musicista che aveva vicino - ha potuto vibrare del medesimo stupore. D'altronde, e lo ha sottolineato Selva al rientro, "la musica si pone come un linguaggio sia fisico che metafisico. Supera ogni barriera, ogni ostacolo”. Ed ecco allora "il connubio tra Dolomiti Open, tra montagna e musica". Davvero "il più forte".

Michele Selva, video Brenta Open 2020

Ma Brenta Open non è solo un omaggio all'uomo. E' pure un inno al Creato, a quel mistero primordiale che ha innalzato i monti e scavato i mari, ricolmandoli di bellezza. Quella che, nelle affannose soste dell’ascesa, ti fa alzare lo sguardo ben oltre i tuoi passi. Quella stessa che, alle prime luci dell’alba, soffia sul grigio cenere della dolomia svelandone la brace ancora viva. Quella stessa meraviglia che Giusy Marmaglio, Francesco Filippini ed Elena Zucchetti – proiettati per la prima volta al cospetto del Brenta - hanno distillato in questa gallery.



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