domenica 8 marzo 2015
Un emendamento al testo sull'affido chiede che salti il requisito delle coppia sposata. Martedì il disegno in Senato.
L'ALTOLA'
L'Anfaa: no a scorciatoie
FORUM FAMIGLIE «In soffitta il superiore interesse del minore?»
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Salvo sorprese dell’ultima ora, martedì dovrebbe approdare in Senato il disegno di legge 1209, quattro snelli articoli sul tema: modifiche alla legge 184 del 1983 in materia di adozioni dei minori da parte delle famiglie affidatarie. La questione è di quelle che contano: col ddl si vuole superare l’attuale divieto di adottabilità da parte delle coppie che hanno avuto in affido temporaneo un minore, permettendo invece a queste ultime una sorta di diritto di “prelazione”, qualora ovviamente il bambino non possa più far ritorno nella propria famiglia di origine. La situazione anomala dell’istituto dell’affido è ormai conclamata: concepito come un affiancamento tra famiglie (non certo una sostituzione) e destinato a non protrarsi per più di 24 mesi, in quasi il 60% dei casi ha una durata molto più lunga. Precisamente, stando agli ultimi dati, il 25% degli affidi dura anche fino 4 anni, mentre il 31,7% addirittura oltre. Il che pone il problema della continuità educativa e affettiva da garantire al minore: è possibile (e capita non di rado) che un bambino e una bambina, già provati da una prima separazione, siano sottoposti ad una seconda dolorosa frattura e «trasferiti » a una terza famiglia, diversa da quella in cui si erano abituati alla loro nuova vita. Di qui l’opportuno l’intervento del disegno di legge, di cui prima firmataria è la senatrice e responsabile Scuola del Pd, Francesca Puglisi. Alla vigilia della discussione in Aula, però, arriva la notizia del deposito di un emendamento all’attuale testo di legge che vorrebbe abolire una parte significativa del suo primo articolo: quella in cui, al privilegio riservato alla famiglia affidataria nel caso il cui minore sia dichiarato adottabile, è legato indissolubilmente il requisito che la coppia sia sposata. Sì all’adozione per i genitori affidatari, dunque, anche se sono single. E addio all’articolo 6 della legge 184, in cui si stabilisce che l’adozione, invece, «è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni». Oltre all’affido, tuttavia, anche l’adozione è già consentita a persone singole in alcuni casi specifici, ben regolamentati dall’articolo 44 della legge 184: quelli per esempio in cui il minore sia portatore di handicap, o che ad adottarlo sia il coniuge del genitore. In queste circostanze la legge prevede che l’adozione sia possibile a persone sposate anche da meno di tre anni, a persone non coniugate, per estensione interpretativa persino ai conviventi more uxorio. L’emendamento al disegno di legge ora vuole fare un consistente passo ulteriore, generalizzando il principio dell’adozione per i genitori affidatari soli. Un obiettivo annunciato dalla stessa senatrice Puglisi già lo scorso novembre quando, parlando del testo di legge, aveva anticipato l’intenzione «che non si trattasse più di casi speciali», riferendosi proprio a quelli regolamentati dall’articolo 44. Palpabile il rischio che il diritto riconosciuto a una persona affidataria sola di adottare il minore di cui si è preso cura possa finire con il legittimare quello alle adozioni tout court, nazionali e internazionali: una preoccupazione che in queste ore agita le file sia della maggioranza sia dell’opposizione, incrinando il fronte compatto che aveva permesso al ddl d’essere approvato in tempi rapidi in Commissione Giustizia. E che sulla carta sembrava dovesse garantirgli vita facile anche in Aula. La discussione si riapre, l’attenzione ai minori coinvolti nel dramma dell’allontanamento dalle proprie famiglie di origine resta (e dovrebbe restare) prioritaria rispetto a tutte le altre.
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