Lite in Parlamento, ma la legge sul femminicidio passa all'unanimità
Al Senato la maggioranza frena sul ddl anti-violenze. Le opposizioni allora chiedono il blocco anche alla Camera del ddl femminicidi, poi approvato all'unanimità

Doveva essere la giornata dell’unanimità in Parlamento in favore delle donne, proprio nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Con il voto in Senato del ddl sul “consenso libero e attuale” in materia di violenza sessuale e alla Camera con l’approvazione definitiva del ddl sul femminicidio. Ma qualcosa è andato storto. A Palazzo Madama il centrodestra (in particolare la Lega) frena sul ddl stupro, chiedendo nuove audizioni in commissione prima di andare in Aula per il voto finale, facendo di fatto saltare l’accordo tra la segretaria dem Elly Schlein e la premier Giorgia Meloni (che a metà giornata, in una intervista, aveva confermato l’intesa ed il voto). Da qui la richiesta delle opposizioni di bloccare anche a Montecitorio i lavori per il rush finale sul ddl che introduce il nuovo reato di femminicidio. Una protesta poi rientrata con la votazione della legge approvata all’unanimità.
La giornata inizia con le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ricorda come «in ogni ambito della vita sociale e privata, nelle case, nei luoghi di lavoro e negli spazi urbani, il principio della parità tarda ad affermarsi, limitando l'autonomia femminile, compromettendo la sicurezza delle donne, impoverendo il progresso della società». Parità che per il capo dello Stato «significa, prima di tutto, educazione al linguaggio del rispetto», che parte anche dall’uso del linguaggio. L'assassinio delle sorelle Mirabal, torturate e uccise il 25 novembre 1960, nella Repubblica Dominicana, per essersi opposte alla dittatura, è l’occasione per Mattarella per ricordare che «libertà e protagonismo delle donne sono conquiste collettive da difendere e consolidare ogni giorno».
A seguire è arrivato anche il messaggio della premier Giorgia Meloni via social. «La violenza sulle donne è un atto contro la libertà. Di tutti - scrive su X -. Un fenomeno intollerabile, che continua a colpire e che va combattuto senza sosta». I passi avanti, anche legislativi di questi anni, aggiunge, non bastano, «dobbiamo continuare a fare, ogni giorno, molto di più. Per proteggere, per prevenire, per sostenere. Per costruire un'Italia in cui nessuna donna debba più sentirsi sola, minacciata o non creduta». Quando la Camera dei deputati approva il ddl sul femminicidio, la premier mostra soddisfazione. «È un segnale importante di coesione della politica contro la barbarie della violenza contro le donne - dice -. Aggiungiamo uno strumento in più a quelli che avevamo già previsto».
Un ulteriore passo in avanti doveva essere il ddl sul consenso libero e attuale al Senato, ma a metà pomeriggio arriva la richiesta della presidente della commissione Giustizia, la leghista Giulia Bongiorno, di correzioni e di un nuovo ciclo di audizioni. Una mossa che provoca la reazione delle opposizioni, con i senatori di centrosinistra che abbandonano la riunione in segno di protesta. Una mossa, spiegherà poi, dovuta alla necessità di approfondire alcuni aspetti tecnici «e poi si andrà avanti. L’impegno è fare questa legge tutti insieme, rapidamente ma migliorandola un po’». I dubbi riguardano infatti un comma che disciplina i casi di “minore gravità” per cui i senatori del centrodestra hanno chiesto di specificare cosa si intende per minore gravità. Dalle opposizioni però si grida al tradimento dell’accordo Schlein-Meloni.
Con la premier «ci siamo sentite», dice la segretaria dem a Montecitorio per votare il ddl femminicidi, «le ho chiesto di far rispettare l’accordo» sulla proposta di legge sul consenso. Ora, prosegue, «sarebbe grave se, sulla pelle delle donne, si facessero rese dei conti post elettorali all’interno della maggioranza». Il centrodestra, incalzano i senatori Pd, «con questo voltafaccia ha di fatto sconfessato un accordo siglato» tra Schlein e Meloni. Un messaggio che ribadisce il presidente dei dem a Palazzo Madama, Francesco Boccia: «C’era un patto politico, una stretta di mano, tra maggioranza e opposizione. Avete deciso di smentire la presidente del Consiglio». Dura anche la reazione di Italia viva. Al Senato è Ivan Scalfarotto a sferrare l'attacco più pesante: «Il centrodestra dimostra una grave inaffidabilità istituzionale: nemmeno un'intesa formalizzata in un ramo del Parlamento è sufficiente a garantire il rispetto della parola data». Un discorso che trova il consenso anche del Movimento 5 stelle. «Oggi è stato tradito un patto di lealtà» al Senato, ed «è stato fatto nella giornata contro la violenza sulle donne», attacca Andrea Quartini, deputato del M5s, definendo questo atteggiamento «inaccettabile e riprovevole».
A Montecitorio infatti lo stop di Palazzo Madama rallenta i lavori sul ddl femminicidio. La Camera respinge a maggioranza la richiesta avanzata in primis da Avs e a cui si sono associati Iv, Pd e M5s di sospendere la seduta per capire cosa stava accadendo in Senato e se l’accordo era ancora valido. Ma nonostante le polemiche si è andatati avanti con la discussione in Aula e il voto: alla fine Montecitorio approva all’unanimità il ddl femminicidio che, in questo modo, diventa legge. Il provvedimento – che quest’estate anche al Senato aveva incassato un via libera bipartisan – introduce all’interno del Codice penale il nuovo articolo 577-bis sul reato di femminicidio punendolo con l’ergastolo.
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