Le storie e i volti di chi serve il Paese in divisa
Arriva il calendario per il 2026 che ritrae, in team e da soli, poliziotti e poliziotte e racconta uno spaccato delle loro vite spese per la sicurezza dei cittadini

«Mi chiamo Mehdihasan Noor, ma tutti mi chiamano Medy. Ho 23 anni, sono nato a Mantova da genitori bengalesi e oggi sono agente del Reparto Mobile di Padova». Il giovane Medy è un poliziotto e il suo volto serio è incastonato nella pagina di dicembre del calendario che la Polizia di Stato ha realizzato per l'anno entrante, il 2026. Accanto alla foto del suo viso e della squadra di colleghi con cui lavora, c'è un breve testo in cui Medy stesso si racconta: «Fin da ragazzo ho desiderato indossare questa divisa, per aiutare gli altri e per poter dimostrare cosa potevo fare come figlio di immigrati. I miei genitori forse immaginavano per me una carriera diversa, magari da avvocato o commercialista, ma oggi sono fieri della mia scelta - spiega -. In Polizia ho trovato una missione: servire il prossimo, proteggere, ascoltare, esserci. Il lavoro operativo non è semplice: caldo, freddo, fatica… ma il gruppo fa la forza. Nessuno resta indietro. L’Italia è il mio Paese, la mia casa. La amo e la difenderò sempre con orgoglio». Quello di Mehdihasan è uno dei dodici volti scelti per raccontare la scelta di vestire l'uniforme a servizio del prossimo. A gennaio, ad esempio, spicca il sorriso di Concetta Chiatto, napoletana in servizio all’aeroporto milanese di Malpensa: «A 25 anni ho deciso di seguire la mia passione e realizzare un sogno: entrare in Polizia - racconta -. Ho iniziato a Trieste, poi sei mesi a Napoli, e da lì è cominciato un percorso lungo più di vent’anni al commissariato, che mi ha formato sia professionalmente che come persona. Oggi sono vice ispettore a Malpensa e mi sento realizzata, perché ogni giorno so di poter dare il mio contributo alla comunità». Ma il dono più grande che l'esistenza le ha riservato ha gli occhi vispi di un bambino: «Il lavoro mi ha insegnato disciplina, responsabilità e rispetto, ma la parte più importante della mia vita è mio figlio Gabriele, che ha 8 anni ed è la mia più grande felicità. Essere una poliziotta e una mamma è un equilibrio delicato ma bellissimo, che richiede energia, dedizione e tanta passione. Sono orgogliosa del percorso fatto e continuo a impegnarmi per dare sempre il meglio, sia in divisa che a casa».
Ancora, c'è lo sguardo coraggioso di Julia Markowska, 25enne atleta paralimpica della scherma, specialità spada e sciabola: «Faccio parte delle Fiamme Oro e indosso con orgoglio la maglia della Polizia. La mia vita è cambiata a 16 anni, dopo un incidente in motorino: un uomo ubriaco mi ha investito, causandomi una lesione alla colonna vertebrale. Lo sport mi ha dato una nuova strada». Oggi Julia si allena con la Nazionale e porta avanti gli studi universitari in Lettere classiche, con l’obiettivo di specializzarsi in Archeologia: «Credo molto nella forza del doppio percorso: mente e corpo vanno allenati insieme. La mia speranza è trasformare la passione in professione, senza mai smettere di credere nei sogni».

Ma scorrendo i mesi si trova pure chi viso e generalità non può mostrarli integralmente, perché il suo lavoro lo svolge indossando il "mephisto", quel passamontagna speciale che cela le fattezze delle cosiddette "teste di cuoio". È il caso del 51enne G. S., da oltre trent'anni in Polizia e da 22 nel Nocs (acronimo che sta per "Nucleo operativo centrale di sicurezza"). «Era il mio sogno da bambino e posso dire di averlo realizzato. Entrare in questo reparto non è facile: dopo una selezione durissima e un corso di sei mesi, solo pochi ce la fanno. Poi, altri due anni di formazione per diventare operatori completi». Un lavoro che non ha nulla a che fare con lo stare dietro una scrivania, adrenalina a mille e rischi da affrontare: «Ho preso parte a numerose operazioni, ognuna diversa, ognuna con imprevisti. Ma è proprio lì che devi tirar fuori tutto ciò che hai dentro». La soddisfazione più grande? «Salvare vite. Arrivare dove nessun altro può, in casi di sequestro o emergenze estreme. Questo è il vero senso del nostro lavoro».
L'umanità dietro la divisa
Quelle di Medy, Concetta, Julia e G. sono solo quattro delle dodici storie immortalate nel calendario, presentato nelle Terme di Diocleziano a Roma, dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e dal capo della Polizia Vittorio Pisani. Si tratta di uno strumento che «lancia un messaggio potente, mettendo insieme l'autorità e l'autorevolezza dell'istituzione con l'umanità che traspare dalle storie personali, perché dietro ogni divisa c'è una persona e la sua storia - considera il ministro -. La Polizia di Stato è un ponte tra la sicurezza e la libertà dei cittadini». Per il prefetto Pisani, ogni anno la fattura del calendario diventa un'occasione «importante per noi, perché ci consente di entrare nelle case degli italiani e mettere in mostra i nostri valori, attraverso le fotografie». Gli scatti fotografici sono stati realizzati da Settimio Benedusi e Guido Stazzoni, fondatori del collettivo Ricordi Stampati, esperienza nata nel 2018 con l’obiettivo di riportare l’antico privilegio del ritratto nell’uso facile, comune, inclusivo e democratico. Una narrazione che, spiegano al Dipartimento di Pubblica sicurezza, «quest’anno si articola su diversi piani: da un lato le fotografie di gruppo, dall’altro il ritratto in bianco e nero di una singola persona che di quel gruppo fa parte e che in poche righe racconta aspetti della propria vita, mettendo a fattor comune esperienze e aspirazioni». L’edizione del 2026 intende proprio «far emergere l’umanità dietro la divisa, il punto d’incontro tra identità professionale e vita personale, tra squadra da una parte e singolo dall’altra, elementi, questi, che si completano e si sostengono a vicenda. Da questa armonia trae forza il lavoro della Polizia di Stato: un impegno condiviso frutto del contributo di ogni singolo operatore».
Gli aiuti a progetti Unicef e alle famiglie di agenti
Come da tradizione, anche quest'anno parte del ricavato della vendita dei calendari sarà devoluta a iniziative benefiche: il progetto di solidarietà UNICEF “Zambia”, a difesa del diritto all’acqua di tutti, in particolare dei bambini; e il Piano “Marco Valerio”, che sostiene i figli dei dipendenti della Polizia di Stato affetti da patologie gravi e croniche.
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