La Corte dei Conti ha "smontato" il Ponte e per Meloni è intollerabile

I magistrati contabili bocciano l'opera, le motivazioni saranno rese note tra 30 giorni. Salvini: grave danno per il Paese, ma noi andiamo avanti
October 29, 2025
La Corte dei Conti ha "smontato" il Ponte e per Meloni è intollerabile
Un frame tratto da un video del rendering del Ponte sullo Stretto di Messina, 6 agosto 2025. ANSA/US WEBUILD
Il Ponte sullo Stretto è seriamente a rischio. Ieri sera la Corte dei Conti ha detto «no» al visto di legittimità e alla registrazione della delibera Cipess numero 41 del 2025, inerente il «collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria» e l’assegnazione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione. Il motivo lo si apprenderà tra trenta giorni. Tecnicamente il Governo potrebbe anche andare avanti nell’iter inerente l’opera, ma servirebbe una delibera del Consiglio dei ministri che attesti un «superiore interesse pubblico».
Per il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è una doccia gelata: «La decisione della Corte dei Conti - reagisce il capo della Lega - è un grave danno per il Paese e appare una scelta politica più che un sereno giudizio tecnico. In attesa delle motivazioni, chiarisco subito che non mi sono fermato quando dovevo difendere i confini e non mi fermerò ora, visto che parliamo di un progetto auspicato perfino dall’Europa che regalerà sviluppo e migliaia di posti di lavoro da Sud a Nord. Siamo determinati a percorrere tutte le strade possibili per far partire i lavori». Pochi minuti e arriva anche la replica, altrettanto dura, della premier Giorgia Meloni, a mostrare che la decisione della Corte dei Conti era attesa: «La mancata registrazione da parte della Corte dei conti della delibera Cipess riguardante il Ponte sullo Stretto è l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento. Sul piano tecnico, i ministeri interessati e la Presidenza del Consiglio hanno fornito puntuale risposta a tutti i rilievi formulati». Secondo Meloni c’è «capziosità» da parte della Corte dei Conti. «Una delle censure - dice - ha riguardato l’avvenuta trasmissione di atti voluminosi con link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer. La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti, entrambe in discussione al Senato, prossime all’approvazione, rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l’azione di Governo, sostenuta dal Parlamento».
Insomma, l’esecutivo legge l’intervento della Corte dei Conti come una tappa dello scontro tra maggioranza e magistratura sulle riforme inerenti la giustizia. E poco ci manca che la decisione non venga considerata come un avvertimento a poche ore dal voto finale a Palazzo Madama della separazione delle carriere. Non a caso la segretaria del Pd Elly Schlein stigmatizza le parole della premier: «Meloni - dice la leader dem - con le sue gravi affermazioni contro chiarisce che il vero obiettivo della riforma costituzionale» della giustizia «serve per avere le mani libere e mettersi al di sopra delle leggi e della Costituzione».
Mentre da Palazzo Chigi e dal Mit si fa la faccia dura di fronte alla decisione dei controllori dei conti, le opposizioni escono con una batteria di «noi l’avevamo detto». Per M5s e Avs in sostanza la Corte dei Conti ha dichiarato il «game over» dell’opera. Mentre il Pd parla di «sonoro schiaffo» all’esecutivo.
Ma il tema del Ponte si intreccia con la manovra. È dei giorni scorsi la polemica sul taglio dei finanziamenti a diverse infrastrutture dei trasporti a Roma e nelle città metropolitane. E la questione dell’iper-finanziamento del Ponte era già lì dietro l’angolo. Ora diventa ufficialmente un problema istituzionale: governo contro Corte dei Conti.
Un’altra grana per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che vede giorno dopo giorno smontata la “creatura” che aveva portato in Consiglio dei ministri poche giorni fa. Il titolare del Mef ieri ha ammesso sia che potrebbe essere maggiorato il contributo delle banche sia che potrebbero esserci altri ritocchi al delicato tema degli affitti brevi. «Voi pensate che il ministro dell’Economia decida tutto? Non sono né il Papa, né Trump», ha detto. Alla platea di Federmanager, invece, Giorgia Meloni ha ripetuto che la manovra contiene «interventi concreti» con l’obiettivo di «consolidare» la crescita.
Tuttavia, già dal pomeriggio sui Palazzi della politica si aggirava la scure della Corte dei Conti. Non a casa il tema del Ponte è stato anche al centro del Consiglio federale della Lega. È già in quella sede che si è presa la decisione: ai giudici contabili bisogna rispondere con l’accusa di fare politica. I prossimi trenta giorni saranno incandescenti e rappresenteranno anche un elemento di incertezza nell’iter della manovra.

© RIPRODUZIONE RISERVATA