In Italia sono raddoppiati i decessi legati al caldo

Oltre 7mila i morti ogni anno nel nostro Paese dal 2012 in poi. E secondo uno studio di Lancet il tasso di decessi nel mondo è aumentato del 23%. L’allarme dell’Onu: il taglio delle emissioni di gas serra? Fermo al 10%
October 29, 2025
In Italia sono raddoppiati i decessi legati al caldo
Caldo estremo, cambiamento climatico e fumo degli incendi uccidono ogni anno milioni di persone. Decessi che potrebbero essere evitati con un maggior impegno per ridurre i combustibili fossili, rallentare il riscaldamento globale e adottare diete più sane e rispettose dell’ambiente. Tutte misure che ridurrebbero in modo massiccio l’inquinamento, i gas serra e la deforestazione, salvando potenzialmente oltre dieci milioni di vite all’anno. Lo sostiene il 9° rapporto annuale del Lancet Countdown on Health and Climate Change, uno dei più autorevoli studi scientifici che indagano il rapporto tra cambiamento climatico e salute. Pubblicato in vista della 30a Conferenza delle Parti (COP) delle Nazioni Unite, in programma a Belem, in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025, il rapporto fornisce la valutazione più completa fino ad oggi delle connessioni tra cambiamenti climatici e salute, includendo nuove metriche che registrano i decessi dovuti al caldo estremo e al fumo degli incendi. Gli effetti del riscaldamento del cambiamento climatico, ad esempio, hanno visto aumentare il tasso di decessi del 23% dagli anni ‘90, fino a 546.000 morti all’anno. Solo nel 2024, l’inquinamento atmosferico causato dal fumo degli incendi viene correlato al record di 154.000 decessi. L’inquinamento atmosferico derivante dalla continua combustione di combustibili fossili ha provocato ogni anno la morte di ben 2,5 milioni di persone.

In Italia raddoppiati i decessi 
legati al caldo

Per quanto riguarda l’Italia – su cui lo studio fa un focus in particolare – nel periodo 2012-2021, si stima che il Belpaese abbia registrato 7.400 decessi all’anno legati al caldo, più del doppio rispetto alla media rilevata nel periodo 1990-1999. Nel 2024, gli italiani sono stati esposti in media a 46 giorni di ondate di calore ciascuna. Di questi, 33 (72%) non si sarebbero verificati in assenza di cambiamenti climatici. Ma le ondate di calore e il caldo estremo non hanno solo un impatto importante sulla salute dell’uomo. Lo hanno anche sulla redditività e sul lavoro, in particolare per quanto riguarda il settore dell’edilizia. Nel 2024, infatti, l’esposizione al calore ha comportato una perdita di 364 milioni di ore di lavoro potenziali, un record di 15 ore per persona e un aumento del 181% rispetto al periodo 1990-1999. Il settore delle costruzioni ha rappresentato il 40% delle perdite nel 2024. Infine, tra il 2020-2024, l’inquinamento da fumo degli incendi ha causato una media annuale stimata di 1.100 morti in Italia.

«Un quadro desolante e dai danni devastanti»

«Il bilancio sanitario di quest’anno dipinge un quadro desolante e innegabile dei danni devastanti per la salute che raggiungono tutti gli angoli del mondo, con minacce record per la salute dovute al caldo, agli eventi meteorologici estremi e al fumo degli incendi che uccidono milioni di persone. La distruzione di vite e mezzi di sussistenza continuerà ad aumentare finché non porremo fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili e non alzeremo drasticamente il tiro per adattarci», avverte Marina Romanello, direttore esecutivo del Lancet Countdown presso l’University College di Londra. «Abbiamo già a disposizione le soluzioni per evitare una catastrofe climatica e le comunità e i governi locali di tutto il mondo stanno dimostrando che il progresso è possibile – aggiunge - Dalla crescita dell’energia pulita all’adattamento delle città, l’azione è in corso e produce benefici reali per la salute, ma dobbiamo mantenere lo slancio. La rapida eliminazione dei combustibili fossili rimane la leva più potente per rallentare il cambiamento climatico e proteggere le vite umane. Allo stesso tempo, il passaggio a diete più sane e rispettose del clima e a sistemi agricoli più sostenibili ridurrebbe in modo massiccio l’inquinamento, i gas serra e la deforestazione, salvando potenzialmente oltre dieci milioni di vite all’anno».

L’Onu: taglio emissioni lontano dall’obiettivo di Parigi

Campanello d’allarme dell’Onu sulla lotta al riscaldamento globale: sulla base dei piani presentati finora dai singoli paesi, le emissioni di gas serra diminuirebbero soltanto del 10% entro il 2035, un dato ben lontano dalla soglia del 60% invece necessaria. Una prospettiva che porta il mondo lontano dalla traiettoria giusta per rispettare l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi del 2015 di limitare il riscaldamento globale a 1,5 grado rispetto ai livelli preindustriali. Secondo l’Ipcc, l’organismo di ricerca sul clima nominato dall’Onu, entro il 2035 le emissioni dovrebbero diminuire del 60% rispetto al 2019.
In realtà il dato del 10% annunciato dall’Ipcc rimane molto parziale a causa del ritardo di circa 100 paesi nella pubblicazione delle loro tabelle di marcia. L’Onu ha valutato i piani nazionali presentati in tempo, entro la fine di settembre, che stabilivano un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra e specificavano i mezzi per raggiungerlo. Ma ne mancano più di cento, tra cui quello dell’Unione Europea (Ue), che ha fornito solo un intervallo indicativo, e quello della Cina, che non lo ha formalizzato in tempo. Il rapporto riassuntivo degli impegni climatici dei paesi per il 2035, pubblicato nove giorni prima del vertice dei leader mondiali del 6-7 novembre a Belem, in Brasile, in vista della Cop30, mostra che il mondo non é affatto sulla traiettoria giusta.

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