Il primo dottore di ricerca in carcere è un ex-detenuto al 41 bis
Claudio Conte, dopo il premio per la migliore tesi d'Italia, stabilisce un nuovo record con uno studio sulle interazioni sociali nei penitenziari. Con lode

Claudio Conte è un laureato premiato per la tesi migliore dell’anno in Italia e adesso anche un dottore di ricerca con lode. Ma da oltre tre decenni Claudio è anzitutto un detenuto che perdippiù ha trascorso buona parte dei suoi anni dietro le sbarre al 41 bis. Ma né le rigide limitazioni imposte dallo speciale disciplinare detentivo, né il peso di quanto fatto o il pesante stigma del recluso hanno piegato la volontà di quest’uomo simbolo vivente dell’importanza d’avere una seconda occasione. Adesso l’Università della Calabria, confermata come il miglior grande ateneo italiano dalla classifica 2025/2026 del Censis, lo loda come il primo dottore di ricerca detenuto in Italia da quando, nel 2018, è stata istituita la Cnupp (Conferenza nazionale dei delegati dei rettori per i poli universitari penitenziari), organismo che coordina e promuove le attività degli Atenei all’interno degli istituti penitenziari.
Claudio Conte, laureato in Giurisprudenza all’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in “Politica, Cultura e Sviluppo” grazie a una borsa riservata ai candidati privati della libertà personale. L’esame finale si è svolto nei giorni scorsi all’Università di Parma, dove Conte è stato formalmente ospitato per lo svolgimento della prova. La tesi, intitolata “Le interazioni sociali in ambito penitenziario dal punto di vista degli studenti-tenuti: resistenze, reazioni, trasformazioni” (tutor Franca Garreffa, co-tutor Vincenza Pellegrino), esplora la funzione dello studio universitario in carcere come esperienza di rinascita personale e cambiamento sociale. La commissione, composta da Paolo Jedlowski, Andrea Borghini e Chiara Scivoletto, ha giudicato il lavoro «eccellente con lode». Collegati dai cubi dell’Università della Calabria, il neo rettore eletto Gianluigi Greco e il coordinatore del dottorato Francesco Raniolo. Entrambi hanno espresso grande soddisfazione per un risultato che «trasforma il carcere in un luogo di conoscenza e riflessione critica».
Per il presidente del Cnupp, Giancarlo Monina, l’impresa di Conte è un passaggio storico: «Uno studente detenuto non è più soltanto un recluso, ma anche e soprattutto uno studente universitario». Lo studio in carcere apre ponti tra dentro e fuori, contribuendo a costruire una società più aperta, solidale e coerente con l’articolo 27 della Costituzione», ha sottolineato l’accademico.
Nella sua ricerca, condotta anche in collaborazione con la redazione di “Ristretti Orizzonti” (coordinata da Ornella Favero e Carla Chiappini), Conte ha mostrato come la formazione possa diventare strumento di riconciliazione e responsabilità, in linea con le esperienze di giustizia riparativa ricordate da Franco Bonisoli, ex militante della lotta armata.
Claudio Conte fu condannato all’ergastolo quando aveva meno di vent’anni e in tasca solo la licenza media poiché aveva da tempo abbandonato la scuola per lavorare nell’attività della famiglia che però non era d’accordo con la scelta. Anzi. Quando compì 21 anni venne disposto il carcere duro con tutto ciò che si porta dietro non solo per i rapporti con l’esterno, ma pure per le limitazioni interne. A esempio non potere avere più di tre libri in contemporanea. Nonostante tutto, spinto da una motivazione straordinaria, da brillante autodidatta, riuscì prima a diplomarsi e poi a laurearsi in Giurisprudenza a Catanzaro con 110/110, lode e menzione accademica. Trasferito dal penitenziario del capoluogo calabrese a quello di Parma, assieme ad altri studenti detenuti spinge per l’attivazione d’un Polo universitario penitenziario. Ci riesce, come nel resto, e avvia il percorso di dottorato completato nei giorni scorsi davanti agli sguardi ammirati e pure un po’ commossi dei suoi docenti che lo hanno ascoltato disquisire sul diritto ed in particolare sull’ergastolo. E non è finita. Ora, in semilibertà, è un uomo che sta faticosamente ricostruendosi. Ricorda con dolore e anche rabbia quegli errori che tanta sofferenza hanno provocato. A tutti.
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