Il concerto piccolo e intimo del cantautore sui Navigli

di Maria Gomiero
L’incontro con Ubertone, artista che ha ideato un format con esibizioni personalizzate: chi si ferma sceglie una frase sul post-it e parte un'esperienza unica
October 18, 2025
Il concerto piccolo e intimo del cantautore sui Navigli
La postazione in cui l’artista si esibisce, con la lavagnetta e i post-it che riportano le diverse frasi tra cui scegliere, in primo piano
Un’inaspettata giornata di sole. Uscire, fare una passeggiata, arrivare fino alla Darsena e lì fermarsi di fronte a una lavagnetta con due facce dove non sono indicati né il prezzo dell’happy hour, né i gusti per la farcitura delle piadine. Su entrambi i lati sono attaccati dei post-it con frasi come “oggi mi sento una rockstar”, “ho le lentiggini”, “per fortuna che c’è il mio cane”. E sopra un invito: scegli un post-it e siediti, non voglio soldi ma solo cantarti una canzone. A qualche metro dalla lavagna ci sono due sedie. Una è vuota, sull’altra c’è Marcello Ubertone con la sua inseparabile chitarra. «Ho scelto di mettere la lavagna alle mie spalle per non guardare chi si ferma e non mettere pressione» afferma il cantautore.
Ubertone, così si trova sulle piattaforme musicali, è nato a Rovigo nel 1982 e quando aveva 17 anni ha iniziato a scrivere canzoni, senza immaginare che sarebbe diventata la sua professione. Dopo una laurea in lettere, si è diplomato al Cet, la scuola per cantautori di Mogol, grazie a una borsa di studio assegnata proprio dal fondatore, dopo aver ascoltato le sue canzoni. Da un anno e mezzo, quasi ogni giorno, porta tra le vie dei Navigli «il concerto più piccolo del mondo». A chi sceglie una delle 24 frasi appiccicate alla lavagnetta, Ubertone canta un suo pezzo. «Chi si siede prende una frase in cui si rispecchia e quindi il brano, suonato uno in fronte all’altro, arriva più in profondità», spiega l’artista.
Il cantautore Marcello Ubertone con la sua chitarra, sulla Darsena di Milano
Il cantautore Marcello Ubertone con la sua chitarra, sulla Darsena di Milano
Dalla primavera 2024, i suoi concerti personalizzati sono stati più di 2.200. Le reazioni sono disparate: c’è chi si commuove, chi lo ha baciato, chi gli intesta di aver favorito fidanzamenti, chi gli ha fatto rivelazioni inconfessabili, chi è incredulo per quanto si sente descritto dalle sue parole. Come la ragazza a cui Marcello ha cantato la canzone “Eccomi”, nascosta dietro la frase “L’amore si trova dove meno te l’aspetti”, che racconta l’improbabile storia d’amore tra un palloncino e un cactus. La ragazza di fronte a lui era stupefatta mentre gli mostrava il tatuaggio sul suo braccio sinistro: un palloncino rosso insieme a una pianta grassa spinosa. La musica che salta fuori dalle sei corde e lo sguardo azzurro di Marcello creano in chi si siede la sensazione di star vivendo un momento irripetibile. «Chi si ferma non cambia strada, fa solo una breve deviazione». Uno strappo nella quotidianità, un deragliamento dai binari della fretta e dell’abitudine. Per Ubertone stesso l’idea di questi piccoli concerti è nata come la ricerca di qualcosa di diverso e il tentativo di creare un legame tra la canzone e chi la ascolta.
Tutto è iniziato al festival letterario Rovigoracconta, nella sua città d’origine: «Avevo proposto agli organizzatori di esibirmi in concerti personalizzati: suonare per massimo due persone in una stanza. Alla fine è stata chiusa una piazza intera dove ho cantato per due giorni quasi senza pause». L’esperienza è stata così intensa che il cantautore ha voluto replicarla a Milano, dove abita da un po’ di anni. La trovata della lavagna con i post-it viene da «un periodo complesso della mia vita in cui appendevo in giro per casa appunti per ricordarmi di fare le cose e su una tavoletta di ardesia disegnavo tutte le sere una faccina sorridente per darmi il buongiorno la mattina seguente». Iniziare a suonare per strada per Ubertone è stato anche un modo per entrare in contatto con tante persone diverse, oltre che «un allenamento continuo allo stoicismo».
Chitarra in spalla e sedie in mano: «La prima volta che ho suonato in Darsena, non sapevo se qualcuno si sarebbe fermato». Ora è molto organizzato: ha un carrellino con cui trasporta due «sedie pieghevoli dell’Ikea selezionate per rapporto leggerezza-prezzo». D’estate, quando resta a suonare fino a tardi, è sempre rifornito di spray antizanzare e bottiglie d’acqua. «Con lavagnetta e chitarra ho girato varie città del Nord Italia, ma ho suonato anche a Buenos Aires e negli Stati Uniti, con il format un po’ rivisitato», spiega. «Mi sforzo di non farlo diventare un’abitudine, nel senso che voglio continuare a stupirmi e cercare di entrare in contatto con le persone per cui canto e non limitarmi alla prestazione».
Sulla passerella Biki, dove è facile trovarlo ultimamente, ormai si ferma molta gente e «questo esercizio costante – aggiunge l’artista – ha migliorato le mie performance nei concerti». Oltre a insegnare songwriting all’Università Iulm e aver aperto concerti di Brunori Sas e dei Pinguini Tattici Nucleari, da dicembre si esibirà in varie città (manca ancora una data milanese) con lo spettacolo di teatro canzone “Non spacco la chitarra perché mi serve”. Marcello, gentile e delicato, sorride: è un uomo con cui senza accorgersene ci si ritrova a parlare dei racconti di Dino Buzzati, delle campagne del profondo Veneto o di suo cugino che lavora come produttore musicale in Argentina. Quei ventiquattro spunti sui foglietti gialli sono solo la prima nota di un’esperienza intima e pubblica, rara e quotidiana, mondana e mistica.

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