Denatalità, il richiamo di Mattarella: «Le istituzioni aiutino i giovani»

Agli Stati generali per la natalità il capo dello Stato sottolinea il ritardo, non per loro responsabilità, dei ragazzi nel diventare autonomi e nel mettere al mondo figli. De Palo: subito una agenzia ad hoc che faccia dialogare pubblico e privato
November 27, 2025
Una mamma tiene tra le mani i piedi del suo bambino. Foto d'archivio
Una mamma tiene tra le mani i piedi del suo bambino. Foto d'archivio
L’auditorium Conciliazione è pieno di studenti delle superiori che arrivano da ogni parte d’Italia. A fargli mini-interviste sulla denatalità e la loro voglia di avere dei figli in futuro sono i loro stessi coetanei, per un giorno reporter. Il clima è quello di una festa, anche se l’argomento è serissimo: la bassa natalità in Italia (anche nel 2025 continuerà il record del calo dei bimbi nati, secondo l’Istat) e le condizioni che spesso mancano per pensare di mettere al mondo un figlio. Un «tema vitale per il nostro Paese e per l'intero continente europeo», ricorda infatti il presidente Sergio Mattarella nel suo discorso alla platea di giovani nella prima giornata degli Stati generali della Natalità a Roma, giovani che in più di una occasione gli riservano lunghi applausi. Soprattutto quando cita Papa Francesco e le parole che usò due anni fa proprio agli Stati generali della natalità: «La natalità è l’indicatore principale per misurare la speranza, la speranza di un popolo. Parole che devono far riflettere». Il capo dello Stato mette in luce le contraddizioni della società moderna, prima tra tutte il fatto che proprio «laddove i consumi privati appaiono più alti, si riscontra minore generatività». Ma c’è una ulteriore contraddizione nella modernità. «In una società centrata sulla velocità, sul tempo reale, i giovani e non per loro responsabilità - la sottolineatura successiva di Mattarella - vengono messi in condizione di rischiare di essere in costante ritardo. Ma non è loro responsabilità. In ritardo nel trovare una occupazione stabile. In ritardo nel rendersi autonomi dalla famiglia di origine. In ritardo nell’avere accesso a una propria abitazione. In ritardo nel mettere su famiglia. In ritardo anche nell’avere figli».
E la conseguenza più evidente sono le ripercussioni su molti fronti della società, visto che la bassa natalità «inciderà sulla sostenibilità dei conti pubblici oltre che sulla coesione intergenerazionale». In questo contesto, aggiunge il capo dello Stato, «il ruolo delle pubbliche istituzioni non è affatto indifferente, così come non lo è la vitalità del tessuto economico: condizioni adeguate di retribuzione e sviluppo dei servizi sociali consentono orizzonti di vita nei quali è possibile orientare le proprie scelte verso la gioia di avere figli e non verso la rinuncia». Anche il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali della transizione demografica, è perciò «positivo» . Mattarella ci tiene a rileggere ai ragazzi l’articolo 31 della Costituzione in cui si dice che la Repubblica agevola con misure economiche la formazione della famiglia, sottolineando come è dovere dello Stato mettere in condizione i cittadini di esprimere «la loro vocazione alla genitorialità». Come comunità, infatti, «non siamo condannati al declino», secondo Mattarella, perché «il domani è nelle nostre mani». Infine riprendendo un concetto utilizzato poco prima nel suo discorso inaugurale dal presidente della Fondazione per la Natalità Gigi De Palo, il presidente della Repubblica ricorda che «il tema della natalità nel nostro Paese non è in contrapposizione con l’integrazione dei migranti» e che «l’integrazione dei migranti e delle loro famiglie, che con il loro lavoro contribuiscono, spesso, è un lavoro di cura, contribuiscono al benessere della nostra comunità. Si tratta da parte loro di un contributo prezioso».
Il discorso del capo dello Stato, è il commento della segretaria generale della Cisl Daniela Fumarola, «è un monito per tutti i decisori pubblici: la natalità non è un fatto privato, ma un indicatore del benessere collettivo. Occorre una grande alleanza per affrontare questo declino»
Dopo anni di analisi sulla denatalità, ora è il tempo di fare sintesi. Per questo il presidente della Fondazione per la Natalità Gigi De Palo rilancia l’idea di far nascere una Agenzia per la natalità, un’iniziativa pensata per «costruire un luogo di confronto, studio e collaborazione tra istituzioni e società civile, capace di affrontare una delle emergenze più profonde del Paese: il crollo demografico». L’Agenzia prevede «la creazione di una struttura progettata per mettere in rete esperienze, confrontarsi sul tema e proporre soluzioni concrete - spiega De Palo, auspicando che in questa partita si possa giocare tutti insieme -. Non si tratta di un organismo sostitutivo delle istituzioni, ma di un supporto operativo volto a rafforzare il dialogo tra pubblico e privato e a garantire una maggiore coerenza nelle politiche familiari».
Le tante difficoltà delle famiglie sono ben chiare nel racconto di Annachiara Fantino, educatrice del trevigiano e mamma, con il secondo figlio in arrivo. «Fino a quando la nascita di un figlio sarà considerato un gesto eroico, non andremo da nessuna parte - dice - la natalità non è una questione ideologica, riguarda il porre al centro la persona umana. Un figlio non è un interesse personale, ma un bene comune». Perché in realtà, riflette Matteo Ferzioli, studente di Psicologia di 25 anni, «per molti della mia generazione, la nascita non è più un sogno da realizzare, ma un rischio da calcolare. Eppure noi non abbiamo smesso di credere nella vita». E soprattutto la maggior parte non vogliono abbandonare l’Italia per realizzarsi a livello professionale e familiare. «Noi siamo pronti a fare la nostra parte, ma abbiamo bisogno che il Paese ci accompagni - prosegue - che ci mostri con i fatti che vale la pena restare, mettere radici, crescere qui i nostri figli».

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