Cosa chiedono davvero le aziende ai giovani neolaureati
Dimestichezza con l'IA, competenze di cybersicurezza e voglia di continuare la formazione in ditta. Qualche indizio arriva dal Career Day di Luiss a Milano

Essere troppo preparati per un lavoro che, in verità, non si vorrebbe svolgere o non avere le competenze per una posizione che già si copre. In entrambi i casi il problema è lo skill mismatch, ossia il divario tra le capacità cercate dalle aziende e quelle raggiunte dai lavoratori assunti. Una discrepanza che, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico (Ocse), riguarda il 36,5% dei lavoratori che, in Italia, sono impiegati in un settore diverso rispetto a quello per cui hanno studiato.
A farne le spese maggiori, sono i giovani neolaureati alla ricerca del primo impiego. «Entriamo in un mondo del lavoro in cui le competenze viaggiano a una velocità che è impossibile da seguire. Abbiamo bisogno di dimostrare alle aziende che abbiamo sviluppato anche molte soft skill: gestione del tempo, capacità di lavorare in gruppo e altre abilità operative». A parlare è Francesca Addari, 23 anni, che ieri mattina si è presentata a decine di aziende italiane e multinazionali durante il primo Career Day dell’università Luiss a Milano. Per partecipare Addari ha preso un volo da Parigi, dove studia in Erasmus per diventare consulente aziendale: «Mesi fa ero spaventatissima dalla differenza tra quello che ho studiato e quello che dovrò svolgere nel mio futuro lavoro – ammette – ma dialogare con le aziende e capire le loro esigenze mi sta aiutando moltissimo».
Come lei, un altro centinaio di studenti, selezionati da Luiss sulla base del curriculum, ha incontrato ieri i reclutatori di 28 imprese coinvolte dall’università romana, che da trent’anni organizza incontri tra laureandi e aziende nella Capitale. Nel suo debutto a Milano, l’obiettivo dichiarato del prorettore Luiss Enzo Peruffo era «mettere in comunicazione le eccellenze del mondo accademico e industriale».
«Nella nostra azienda crediamo molto nella formazione in itinere – spiega Francesco Thiella, manager audit Ria Grant Thornton, società multinazionale di consulenza –. La strategia è quella di formare costantemente sul campo i giovani lavoratori, per farli crescere a partire dalle basi che hanno già sviluppato all’università». Il presupposto di questo approccio – spiegano gli specialisti– è che l’educazione universitaria non sia sufficiente a venire incontro a tutte le necessità emergenti delle imprese. Soprattutto a partire dall’avvento dell’IA. «Il consiglio che diamo ai ragazzi – commenta Marianna Culosi, Innovation Pmo di Cisco – è che, se non sanno qualcosa, sono sempre in tempo a imparare: penso soprattutto alla cybersecurity o all’intelligenza artificiale».
Ma il costo della formazione continua induce ancora molte aziende a preferire gli studenti che hanno alle spalle una solida formazione universitaria. «Per noi la formazione è un investimento – ammette Stefania Merli, direttrice delle risorse umane di Bernoni Grant Thornton –. È cambiato tutto rispetto al passato: ormai sono i giovani che scelgono le aziende, non il viceversa. E non conta solo il salario, per loro, ma sentirsi parte di un obiettivo comune». In altre parole, convincerli a restare è importante tanto quanto formarli.
Andrea Mascolo, 22 anni, le esigenze delle imprese e della sua generazione pare averle comprese tutte: «Le mie priorità nella scelta del lavoro sono tre: salario, crescita personale e utilità sociale dell’impiego». Confessa di non aver paura dell’intelligenza artificiale, ma solo perché ha potuto esplorarne le potenzialità nel suo percorso di studi: «Nascono 200mila applicazioni al giorno – scherza – ma, grazie ai corsi extracurricolari della mia università, riesco a usare l’IA ogni giorno». Anche lui, per partecipare ieri mattina al Career Day di Luiss a Milano, ha preso un aereo da Varsavia dove studia gestione aziendale. Ma preferisce non parlare di “fuga dei cervelli”: «A volte si guadagna meglio fuori dall’Italia – ammette – ma non conta solo il salario: io sono tornato per restare qua e il dialogo con le aziende mi sta aiutando». Un incontro proficuo da entrambe le parti. «È stata un’occasione preziosa per incontrare giovani preparati e motivati – conclude Giacomo Castri, executive director People attraction di Intesa Sanpaolo –. Per noi il dialogo con le università è fondamentale».
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