Con quali “gesti” il Progetto Policoro crea lavoro da trent'anni

Stamani, nel Parlamento Ue di Bruxelles, si festeggia l'iniziativa Cei pensata nel 1995 da don Mario Operti per il contrasto alla disoccupazione giovanile nel Sud
November 12, 2025
Con quali “gesti” il Progetto Policoro crea lavoro da trent'anni
Mareme Cisse, chef senegalese del ristorante sociale Al Kharub, nato grazie al Progetto Policoro
Se nel 2014 avessero pronosticato all’agronomo Vito Mazzara che undici anni dopo, assieme ai suoi cinque soci, avrebbe gestito oltre 200 ettari di terreni su proprietà confiscate alla criminalità organizzata, dando lavoro a circa 20 dipendenti in situazioni di fragilità, non avrebbe creduto a una sola parola. Oggi, invece, questa è la quotidianità della cooperativa “Rita Atria libera terra” – nata sui comuni di Castelvetrano, Paceco e Partanna (Trapani) grazie anche alla collaborazione dell’associazione “Libera” – che offre un impiego a lavoratori in difficoltà economica o alla ricerca di una autonomia dopo un passato di tossicodipendenza. Quello della cooperativa sociale nel Trapanese è solo uno dei circa 500 “gesti concreti” che vivono in tutta Italia grazie alla formazione – e al sostegno economico – del Progetto Policoro. Si tratta, in altre parole, di centinaia di imprese, dal valore di produzione annuo complessivo di circa 43 milioni di euro, nate con il supporto della Conferenza episcopale italiana sulle orme di quella idea che trent’anni fa mosse don Mario Operti a fondare un’iniziativa per il contrasto alla disoccupazione presso il Centro don Minozzi di Policoro, in Basilicata. «“Non esistono formule magiche: occorre investire nell’intelligenza e nel cuore delle persone”. Queste parole, ripetute da don Operti, sono l’anima del Progetto Policoro», commenta don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro che stamani, nella sala Spinelli del Parlamento europeo a Bruxelles, celebra l’anniversario dell’iniziativa nata il 14 dicembre 1995.
«L’idea di don Mario Operti era, ed è tuttora, molto semplice – continua don Bignami –: formare nelle diocesi giovani Animatori di comunità che possano accompagnare altri giovani che vogliono dare gambe al sogno di un’attività lavorativa». È sulla base di questo meccanismo che Progetto Policoro ha formato in trent’anni 1.140 under-35, in 110 diocesi italiane, raggiungendo un capitale complessivo delle iniziative di 64 milioni di euro e generando un valore di 1,85 euro per ogni euro investito. Ma il successo del Progetto Policoro non si misura solo con i numeri: «Nel tempo è nata un’idea di economia diversa, che mette al centro la dignità dei giovani coinvolti – spiega don Ivan Licinio, coordinatore nazionale del Progetto Policoro –. I ragazzi che aderiscono vengono, prima di tutto, formati sulla dottrina sociale della Chiesa e, poi, sugli strumenti utili per l’inserimento nel mondo del lavoro e l’avvio di un’impresa. In questo modo, i giovani diventano capaci a formare altri giovani».
Perciò, nella proposta Cei, anche il contrasto alla disoccupazione comincia dal mettere al centro le persone, prima dei capitali. Soprattutto al Sud, dove è attiva la maggior parte delle aziende nate grazie al Progetto Policoro. «Trent’anni fa il Progetto Policoro nasceva per ascoltare il grido del Meridione – continua don Licinio – e della disoccupazione giovanile». In quelle regioni, dunque l’iniziativa Cei ha le sue radici più profonde. «La cooperativa “Rita Atria”, per esempio, nasce in un territorio tristemente noto per la latitanza del boss mafioso Matteo Messina Denaro – spiega Giorgia Basile, referente dei “Gesti concreti” del Progetto Policoro –, dove il lavoro legale era fortemente contrastato dalle organizzazioni criminali. Ma ora, su quei terreni, i giovani formati dal Progetto Policoro promuovono una agricoltura sostenibile e biologica, salvaguardando anche la fertilità della terra».
Oggi, però, l’idea di don Mario Operti ha contagiato tutta Italia, avendo contribuito alla nascita di aziende in almeno 14 Regioni del Paese. «In questi decenni le esigenze dei giovani sono, in parte, cambiate – ragiona don Licinio –. Per esempio, molti faticano a restare nelle aree interne e a resistere allo spopolamento. Ma è un problema che riguarda tanto il Sud quanto il Nord, dove la disoccupazione è minore ma la qualità del lavoro non sempre è alta». E dove gli animatori del Progetto Policoro operano non solo per abbattere la disoccupazione, ma anche per «curare le ferite del lavoro». «Il lavoro ferisce – conclude don Bruno Bignami – quando il primo contratto a tempo indeterminato arriva oltre i 40 anni, quando i giovani lasciano le aree interne per trovare fortune altrove, quando la precarietà obbliga a rimandare la decisione di costruire la famiglia o di generare figli, quando la busta paga contempla del “nero”». Ma a lenire quelle ferite dei giovani – sembra suggerire ancora don Mario Operti – possono essere solo altri giovani.

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