Ai corsi laici per fidanzati (che fanno il tutto esaurito) manca ancora una proposta di senso
di Luciano Moia
Successo assoluto della terza edizione del percorso proposto dal Comune di Milano. Ancora però gli incontri sono dedicati solo a temi legalistici. Qualcosa però potrebbe cambiare

Nei primi sei mesi dell’anno sono stati celebrati a Milano oltre mille matrimoni civili. Un terzo delle coppie è arrivato al «sì» dopo aver partecipato al corso prematrimoniale proposto dal Comune. Tanti altri probabilmente, tra i restanti due terzi, avrebbe voluto aderire all’idea ma non c’erano più disponibilità. Il corso, lanciato lo scorso febbraio, dopo la prima sessione primaverile, è stato riproposto in questi giorni. E anche la seconda tranche, come la precedente, ha fatto registrare il tutto esaurito.
I primi ad essere sorpresi sono stati gli stessi organizzatori. Un’idea non nuova – altri Comuni come Brescia, Napoli e Genova avevano in precedenza tentato la stessa strada – che però a Milano sta incontrando un favore inatteso. In tempi di matrimoni in caduta libera scoprire che una buona percentuale di coloro che si avvicinano al matrimonio civile intende approfondire il senso della propria scelta e capire cosa dice la normativa sull’argomento, anche per quanto riguarda filiazione, regime patrimoniale, separazione e affidamento dei figli, è comunque un dato confortante. Fa capire che se i matrimoni sono sempre meno, coloro che decidono compiere un passo così importante non intendono farlo in modo improvvisato. E, allo stesso tempo, il messaggio lanciato da un’istituzione così importante come il Comune di Milano parla di responsabilità nell’accompagnamento delle giovani coppie, a sottolineare che il valore sociale di una scelta privata come il matrimonio investe anche la sfera pubblica. Non solo, permette di ribadire che il concetto di laicità non è estraneo all’attenzione per la qualità di vita dei cittadini che decidono di camminare insieme nel matrimonio e alle responsabilità che ne derivano.
L'idea di allargare i temi per le prossime edizioni
Come già nella sessione primaverile, anche il corso riproposto in questi giorni curato dall’ordine degli avvocati di Milano, mette a fuoco soltanto gli aspetti giuridici del matrimonio, importanti certamente ma che rappresentano soltanto un ambito limitato della vita coniugale. Nessuna coppia può funzionare al meglio solo sulla base del diritto di famiglia. «Per questa prima esperienza va bene così. L’importante – fa notare Roberta Osculati, vicepresidente del Consiglio Comunale – era avviare la macchina e convincere i miei colleghi. Ora che le prime due sessioni hanno fatto registrare il tutto esaurito, tanti dei miei colleghi che all’inizio avevano espresso qualche perplessità, riconoscono che la proposta era sensata e opportuna. E ora andiamo oltre».
Il progetto del corso per il prossimo anno prevede infatti un allargamento dei temi da proporre ai futuri sposi. Oltre all’approfondimento del diritto di famiglia, che ricalcherà più o meno lo schema di quest’anno, si affronteranno temi come la relazione, la comunicazione, il rapporto con le famiglie di origine, importante perché, entrando nelle dinamiche tra generazioni, può aiutare a prevenire la fragilità e a migliorare il rapporto di coppia. Ma anche le questioni della mediazione familiare, dell’affido e dell’adozione. A chi sarà affidato l’approfondimento di questi aspetti? «Ho già sottoposto all’assessore Gaia Romani, che in quanto titolare del settore anagrafe e stato civile, ha la responsabilità di questa iniziativa, una serie di esperti. Al momento opportuno – prosegue Osculati - renderemo note le nostre scelte. Ma è facile immaginare che saranno tutti qualificati specialisti di famiglia nell’ambito della psicologia, della sociologia e delle altre scienze umane. Pensiamo anche al racconto di esperienze da parte di associazioni impegnate in questi argomenti. E sarà un bel salto in avanti».
Solo 63 matrimoni religiosi in sei mesi
Insomma un programma molto simile, sul versante laico, a quello che viene proposto ormai da decenni da parrocchie e realtà ecclesiali per il matrimonio in chiesa. Peccato che nei primi sei mesi dell’anno, a fronte di circa mille matrimoni civili (929 per la precisione), i matrimoni religiosi celebrati a Milano siano stati solo 63, cioè il 7% del totale. Un dato che fa riflettere ma che non deve sgomentare. Abbiamo già affrontato la questione nei mesi scorsi ma è giusto, proprio per la complessità e per la delicatezza della situazione, tornare a mettere in fila i punti essenziali della questione. Innanzi tutto i corsi prematrimoniali laici proposti dal Comune di Milano nascono in ambito cattolico, dal Centro Giovani Coppie San Fedele, una delle realtà più vivaci nell’ambito della formazione alla vita di coppia e alla genitorialità. A dimostrazione che la pretesa di vedere una contrapposizione tra l’iniziativa di Palazzo Marino e quelle che vengono proposte in ambito ecclesiale è destituita di ogni fondamento. La Chiesa non solo guarda con favore a ogni percorso educativo che abbia come obiettivo quello di responsabilizzare e far crescere la maturità affettiva delle persone, ma di fronte a fenomeni nuovi non esita a mettersi in gioco, a cercare strade alternative, a coinvolgere altre realtà sul territorio.
La questione convivenze
In questo caso l’aspetto – relativamente – nuovo è quello delle convivenze. Secondo dati più volte rilanciati, 9 coppie su 10 tra quelle che chiedono di essere accompagnate al matrimonio religioso hanno alle spalle esperienze di convivenza più o meno lunghe. La convivenza, talvolta scelta libera, talvolta strada obbligata per motivi logistici o per condizionamenti culturali, si svolge fuori da ogni programma preordinato. Nasce da un progetto di vita a due che non rappresenta al meglio l’ideale cristiano ma che sarebbe inutile demonizzare solo sulla base di riserve etiche ormai lontanissime dalla sensibilità comune, anche perché in queste scelte va sottolineata la presenza di una certa dose di responsabilità e di volontà di impegno. In ogni caso, come sottolinea la pastorale familiare, la convivenza può essere vista come un punto di partenza che è possibile valorizzare in vista di un percorso di discernimento finalizzato a favorire una più adeguata maturazione affettiva. Ma serve un accompagnamento mirato e competente. Ora, le coppie che passano dalla convivenza al matrimonio in chiesa hanno la possibilità di approfondire la scelta che stanno per fare e, quando il percorso prematrimoniale è condotto in modo adeguato – come avviene nella maggior parte dei casi – riescono a mettere a fuoco conoscenze e concetti non così scontati sulla realtà del rapporto di coppia e sulla vita coniugale. Passaggio di consapevolezza che, com’è noto, il matrimonio civile non prevede. Da qui la preoccupazione degli esperti che animano il Centro Giovani Coppie San Fedele: «Perché non offrire anche a chi non vuole o può accedere al matrimonio in chiesa l’opportunità di far luce sulla scelta che ha deciso di compiere?». La proposta è arrivata a Roberta Osculati che l’ha rilanciata in Consiglio Comunale. Non si tratta quindi di un’alternativa ai percorsi per fidanzati organizzati dalle comunità ecclesiali, ma di una strada diversa, parallela e non confliggente. Comunque un invito serio a una scelta di responsabilità.
Ciò non toglie che la pastorale familiare, di fronte al crollo delle richieste riguardanti i percorsi di accompagnamento al matrimonio-sacramento – meno 30 per cento a livello nazionale negli ultimi cinque anni – non potrà rimandare a lungo l’avvio di una serie e approfondita riflessione per rinnovare proposte, contenuti e modalità con l’obiettivo di comprendere e approfondire il senso delle richieste di senso che, come dimostra il successo dell’iniziativa laica del Comune di Milano, comunque è presente nel momento in cui l’amore diventa progetto e impegno di vita a due.
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