venerdì 29 ottobre 2021
Giudici, procuratori, esperti e garante per l’infanzia sostengono che il provvedimento non funzionerà. Dire addio alle decisioni collegiali non servirà a ottenere sentenze più giuste
L'interno del Palazzo di Giustizia di Milano

L'interno del Palazzo di Giustizia di Milano - Archivio Fotogramma

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Una riforma che ci avvicina all’Europa? Forse. Ma magistrati minorili, avvocati, esperti di scienze sociali e anche la garante per l’infanzia e l’adolescenza sono convinti che sarebbe stato possibile adeguarsi alle richieste europee con una riforma più convincente. Quella votata all’unanimità dal Senato e che ora attende il via libera della Camera è invece un provvedimento – sostengono gli addetti ai lavori – largamente lacunoso che finirà per produrre più problemi che vantaggi. L’istituzione del Tribunale della famiglia e della persona insomma, svolta auspicata e attesa da anni dagli stessi magistrati – che al proposito avevano anche messo a punto un progetto già nel 2015 – rischia di creare un cortocircuito tra le decisioni riguardanti i minori e quelle relative ai processi di separazioni e di divorzio.

Le novità e i tempi di attuazione

Ma cosa prevede questa riforma? Diciamo subito che si tratta di un provvedimento che entrerà a pieno regime alla fine del 2024. Ma già fin d’ora, non appena cioè la Camera avrà dato il via libera, ci sono alcuni articoli "immediatamente prescrittivi". Il più contestato riguarda la nuova formulazione della tempistica per l’articolo 403 del codice civile che riguarda l’allontanamento urgente di un minore dalla famiglia d’origine (vedi intervista qui sotto). C’è poi l’articolo 38 che spiega quali saranno le competenze dei tribunali per i minorenni e quelle dei tribunali ordinari. E infine gli articoli 78 e 80 sul curatore speciale del minore che, come hanno chiesto i magistrati, non sarà sempre obbligatorio ma potrà essere nominato solo quanto ci sono situazioni in cui il minore rischia di non essere tutelato in modo adeguato.

Alla fine del 2024 poi, quando tutto sarà pronto, si passerà agli attuali 29 tribunali distrettuali (uno in ogni regione con alcune eccezioni) a 165, cioè uno presso ciascun tribunale ordinario (sezioni circondariali). Quasi tutte le funzioni oggi ricoperte dai tribunali distrettuali passeranno a quelli circondariali, ma con una novità sostanziale. A carico dei tribunali circondariali, ai provvedimenti riguardanti i minori (tranne le adozioni che resteranno di competenza dei tribunali distrettuali), si aggiungeranno separazioni e divorzi.


Le sedi minorili passano da 29 a 165, ma a decidere
la maggior parte dei casi sarà un magistrato da solo,
senza il supporto di psicologi e psichiatri come avviene ora
Così si rischia di affidarsi totalmente ai servizi sociali

Il nodo del giudice monocratico

Oggi i tribunali minorili sono formati per metà da giudici togati e per l’altra metà da onorari (cioè psicologi, educatori, neuropsichiatri infantili). Una presenza multidisciplinare che per tanti anni è stata un po’ il fiore all’occhiello del nostro sistema di tutela dei minori e il cui fondamento teorico appare fin troppo evidente. Per valutare i comportamenti, eventualmente illeciti, di bambini e di ragazzi la competenza giuridica dev’essere integrata con quella che deriva dalle scienze umane. La riforma invece cancella tutto. Nei tribunali circondariali il giudice chiamato a valutare maltrattamenti, incurie, abusi e altri ipotetici reati sarà solo – appunto "monocratico" – non avrà alcun supporto di carattere psico-pedagogico. Come farà? Dovrà fidarsi delle relazioni dei servizi sociali – il caso Bibbiano dovrebbe insegnare qualcosa – e, se proprio alcune considerazioni non gli sembreranno coerenti, potrà rivolgersi alle cosiddette Ctu (consulenze tecniche di ufficio). Con una dilatazione dei costi per lo Stato facilmente immaginabile. Il 90 per cento delle famiglie che finiscono nella "macchina della giustizia" minorile chiede infatti e quasi sempre ottiene, viste le condizioni economiche precarie, il gratuito patrocinio. Quindi anche le Ctu (da mille euro in su) saranno a carico dei tribunali.

Critiche di magistrati e garante

Le ragioni del "no" espresse dai magistrati minorili, già comunicate direttamente alla ministra Marta Cartabia, sono sintetizzate nell’intervista a Cristina Maggia, presidente dell'Associazione dei magistrati minorili (Aimmf). Ma critiche pesanti sono arrivate da tante altre parti. L’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti è intervenuta in varie occasioni con critiche circostanziate, sia a proposito della scelta del giudice monocratico, sia su altri aspetti. «Si lascia da solo il giudice a decidere, senza la possibilità di confrontarsi con altri magistrati, togati e onorari. Viene meno infatti la collegialità, che invece continua ad essere assicurata, ad esempio, nelle cause civili che riguardano le imprese: forse i diritti dei bambini e dei ragazzi sono meno importanti?». Altro nodo sul quale la Garante ha posto l’accento è quello della videoregistrazione dell’audizione del minorenne. «L’ascolto non deve essere inteso come un interrogatorio finalizzato a trarre elementi da utilizzare in favore o in danno di una o dell’altra parte, ma deve servire a capire come sta il minore e quali sono le sue esigenze. Il minore non va trattato alla stregua di un imputato o di un indagato».

Sul fronte degli esperti in scienze sociali, il parere più dettagliato è stato espresso da Maria Antonella Costantino, presidente della Società italiana di neuropsichiatria (Sinpia) che in un ampio documento si rammarica per la rinuncia alla multidisciplinarietà che «rischia di inficiare grandemente i già delicati percorsi terapeutici dei minorenni con disturbi neuropsichici».


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