mercoledì 16 agosto 2017
«Lo ius culturae è una cosa bellissima perché riconosce la ricchezza dell’Italia»
Ha sempre nella borsetta una copia della Costituzione
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Insaf Dimassi, 20 anni, di origine tunisina, ha messo piede per la prima volta in Italia a nove mesi. «E da quel momento in poi ho trascorso la mia intera vita qui», dice. Attualmente studia Scienze Politiche all’Università di Bologna: «La mia più grande passione è la politica, spero un giorno di poter contribuire a migliorare il mio Paese». L’Italia. Oltre a studiare, lavora come cameriera a Pavullo nel Frignano (Modena), terra dei tortellini, della Ferrari e di Pavarotti. «Mi sento italiana perché ci sono cresciuta e appassionato al sistema di valori trasmesso dalla nostra scuola». Ha sempre in borsetta una copia della Costituzione: «Gli amici mi prendono in giro ma per me è un punto di riferimento simbolico». “Colpa” (anzi, merito) del professore di filosofia della quarta superiore, che l’ha spinta a imparare a memoria i primi dodici articoli e ad appassionarsi alla Carta. Era anche rappresentante degli studenti del suo liceo.
Racconta Insaf: «Eccetto nove mesi, ho vissuto i primi sei anni in provincia di Trapani dove mio padre, che era già emigrato e ormai è in Italia da 30 anni, lavorava nell’agricoltura. Poi ci siamo trasferiti in Emilia, per lavoro». A causa dell’attuale legge la ragazza è straniera a casa propria: «Quando papà ha ottenuto la cittadinanza io ero già maggiorenne (di pochissimo!) per poterla ricevere, a differenza delle mie sorelline». Se la riforma fosse approvata, anche Insaf lo sarebbe per ius culturae: «È un’idea bellissima perché riconosce il principio d’intelletto: finalmente la cultura diventa criterio di appartenenza a un Paese, si afferma la ricchezza che la cultura è per l’Italia».

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