giovedì 11 novembre 2021
La Facoltà punta alla collaborazione tra saperi diversi come strumento privilegiato
Fa i conti con la complessità l’Economia del bene comune

Università Cattolica

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È dedicata a Economia la nuova puntata del reportage sulle Facoltà dell’Università Cattolica in occasione del centenario della fondazione dell’ateneo. Presenti fin dai primi anni, i corsi di argomento economico si sono strutturati nel dopoguerra. Di particolare rilevanza i corsi per lavoratori, originariamente serali e oggi organizzati in altra forma.

A un certo punto Antonella Occhino prende dalla scrivania un piccolo libro fitto di annotazioni. È la sua copia dell’enciclica Fratelli tutti, all’interno della quale la preside della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica individua con sicurezza il punto 204. «Per me è la miglior descrizione possibile del nostro progetto formativo– ammette –. La comunicazione tra discipline, il rischio di ridurre la conoscenza a un unico modello scientifico, la necessità di accogliere altre dimensioni e di applicare altre categorie rispetto alle proprie. Questo stiamo cercando di fare. Recuperando, per quanto è nelle nostre capacità, la riflessione di Emmanuel Mounier sul valore del personalismo comunitario».

No, nessun errore. La Facoltà è quella giusta, da qui escono manager e commercialisti, qui si impara a far quadrare un bilancio e a governare un’impresa. «Ma nella consapevolezza che, per comprendere una realtà complessa come quella contemporanea, occorrono strumenti multidisciplinari adeguati – insiste la preside –. Rigore nel metodo ed elasticità nell’applicazione sono virtù che non si improvvisano. Nel caso della Cattolica, risalgono alla stagione dei fondatori e al pensiero di Giuseppe Toniolo, economista e beato».

Insegnamenti di economia già negli anni Venti, dopo di che la nascita della Facoltà nell’immediato dopoguerra, con il corso serale per lavoratori che nel 1946 precede di un anno l’avvio ufficiale delle attività. «E poi la grande stagione di maestri come Gian Carlo Mazzocchi, Dino Giarda, Giacomo Vaciago, Francesca Duchini – ricorda Vito Moramarco, direttore di Altis, l’Alta scuola Impresa e Società –. Da queste aule sono usciti e continuano a u- scire professionisti capaci di dare un contributo fondamentale allo sviluppo del Paese. In Cattolica, a differenza di quello che accade ancora oggi in altri atenei, neppure la finanza è mai stata considerata alla stregua di una prassi indifferente sul piano morale. L’attenzione alla ricaduta etica delle singole scelte economiche è sempre stata fortissima, nel solco segnato dalla dottrina sociale della Chiesa fin dai tempi della Rerum Novarum.


Passato, presente e futuro in tre numeri

1947
Viene fondata la Facoltà di Economia e Commercio. L’attuale denominazione di Economia risale al 1994

9.164
Gli studenti iscritti presso le sedi di Milano e Roma (dati giugno 2021)

11
I centri di ricerca attivi: diritti civili, ambientali e sociali (con Giurisprudenza e Scienze politiche e sociali); lavoro; tecnologie, innovazione e servizi finanziari; marketing; economia applicata (con Economia e Giurisprudenza); complessità economica; management internazionale; analisi monetaria (con Scienze bancarie, finanziarie e assicurative); comunicazione aziendale; statistica applicata; azione trasformativa.

Sono istanze che molti sembrano aver scoperto solo oggi, ma che da noi rappresentano una costante, in una prospettiva esigente di responsabilità».

Sull’importanza di una visione articolata insiste il demografo Alessandro Rosina, noto anche al di fuori dell’ambiente accademico per le sue ricerche sulle nuove generazioni. «Studiare i giovani insieme con i giovani è un autentico privilegio, specie per quanto riguarda le tematiche economiche – dichiara –. Agli adulti è data l’occasione di misurarsi con una mentalità diversa dalla loro e meno propensa a fare uso di schemi che, fino a non molto tempo fa, erano ritenuti indiscutibili.

Agli studenti è offerta l’opportunità di trovare ascolto. La loro è una sensibilità molto aperta ai segnali del “cambiamento d’epoca” caro a papa Francesco. Si genera così un processo che definirei di economia circolare della conoscenza, uno scambio che già adesso arricchisce chi vi partecipa e che in futuro potrebbe rivelarsi decisivo per l’intera comunità».

Si parla di Italia, senza dubbio, ma nel contempo si fa appello a uno sguardo globale che a Economia risulta sollecitato con particolare intensità. «In termini generali – osserva Alessandro Baroncelli, direttore dell’Icrim, il centro di ricerca sul management internazionale – il nostro è un Paese relativamente piccolo, inserito in un’area destinata a ripensare radicalmente il proprio ruolo. Il dato di partenza è questo. Si tratta di sviluppare competenze che, quale che sia la professione a cui ci si dedicherà, non possono più fare a meno del confronto con il resto del mondo.

Questo vale per i giovani italiani, ma anche per gli stranieri, che sono quasi la metà degli iscritti ai nostri corsi in lingua inglese». «Per qualche motivo – scherza Elisabetta Matelli – ricorriamo all’inglese anche per esprimere il concetto di critical thinking ». Filologa classica, nella Facoltà di Economia la professoressa ricopre l’insegnamento di Retorica e forme della persuasione. «Imparare ad argomentare significa molto più che acquisire una tecnica – sottolinea Matelli –. Semmai, è un’estensione di quell’attitudine al pensiero critico di cui un’università come la Cattolica permette di fare esperienza con un’intensità impensabile altrove. Anche dal punto di vista degli spazi, il campus di largo Gemelli è veramente un crocevia di saperi, dal quale ciascuno può trarre vantaggio sul piano umano e intellettuale. Non per niente, tra i nostri laureati eccellenti ci sono professionisti attualmente attivi nei settori più diversi, a conferma della validità di questa attitudine interdisciplinare».


Dal punto di vista organizzativo, tre sono i percorsi di interfacoltà che vedono coinvolta Economia: «Insieme con Medicina, con Scienze matematiche e con Lettere e Filosofia – elenca la preside Occhino –. In quest’ultimo ambito, continua a riscuotere successo la laurea in Economia e gestione dei beni culturali, che risponde a un’esigenza profondamente radicata nel tessuto del Paese». Indipendentemente dalla disciplina, però, è l’interazione fra didattica e ricerca a costituire un’attrattiva decisamente apprezzata. «Nel momento in cui entrano in aula i nostri studenti sono sicuri di avere davanti a loro un docente impegnato in progetti scientifici – afferma lo statistico Giuseppe Arbia, responsabile della ricerca per la Facoltà –. Il fatto economico non è mai presentato in maniera astratta.

Anzi, è normale che nella lezione si riversino conoscenze maturate sul campo, in programmi spesso molto innovativi. Un esempio particolarmente efficace è quello che riguarda i cosiddetti big data. Un conto è proclamare in via di principio che dall’elaborazione di una mole imponente di informazioni si possano estrarre indicatori utili, altro è dimostrare come, attraverso l’analisi di open data facilmente accessibili, si riesca a prevedere e contrastare il fenomeno della corruzione, che rappresenta uno degli ostacoli più insidiosi allo sviluppo economico e sociale. Maneggiati con accortezza, i big data diventano uno strumento formidabile al servizio del bene comune».

La preside Occhino torna a sfogliare la sua copia della Fratelli tutti. «Sostenibilità, inclusione, valorizzazione del fattore umano a dispetto di ogni fragilità – sintetizza –. Se non si occupa di questo, di che cosa dovrebbe occuparsi l’economia?».

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