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Seguire il Papa in viaggio anche senza mediazione

Guido Mocellin domenica 21 gennaio 2018
Si sta per concludere il viaggio di papa Francesco in Cile e Perù, e il termometro dell'informazione ecclesiale, digitale e non, conferma una circostanza che ci è divenuta familiare durante il pontificato di Giovanni Paolo II: «il Papa che viaggia» fa ancora e sempre notizia. Ovvero, dal momento in cui il vescovo di Roma lascia la Sede apostolica per visitare Paesi e Chiese lontani catalizza e moltiplica lo spazio che i vari prodotti giornalistici sono disposti a riservargli. Una circostanza che non viene affatto sminuita dalla frequenza con la quale tali eventi si susseguono: considerando che questo in America Latina è il suo ventiduesimo viaggio fuori d'Italia in poco meno di cinque anni, possiamo dire che Francesco prende l'aereo tanto spesso quanto lo prendeva Giovanni Paolo II, ma ogni volta, allora come oggi, la luce dei riflettori si intensifica.
La differenza sta nel fatto che quando questa ancor breve tradizione è iniziata i flussi informativi erano molto più lenti. Così, se non si apparteneva al Paese visitato, i giornalisti che partivano come inviati insieme al Papa erano pressoché gli unici tramiti attraverso i quali poter seguire, più spesso in differita che in diretta, la «cattedra itinerante». Oggi invece chiunque, dovunque viva – purché “connesso” –, può vedere il Papa viaggiatore nei vari momenti pubblici, ufficiali e non, udirne o leggerne le parole e apprezzarne i gesti senza alcuna mediazione, conoscere le reazioni “a caldo” dell'opinione pubblica locale (se ne intende la lingua), confrontarle con le proprie e con quelle delle persone con le quali condivide questo tipo di interesse. Ancor più di Giovanni Paolo II, per il quale Domenico Del Rio coniò questa descrizione, papa Francesco si ritrova così, a ogni viaggio, «immerso vistosamente ed energicamente nella società dei mass media come il più grande personaggio di consumo per l'opinione pubblica mondiale».