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Il cerotto sul naso delle iraniane: imprevedibile incontro di civiltà

Guido Mocellin venerdì 22 aprile 2016
La notizia l'ho vista su Terrasanta.net, la testata online edita dalla Custodia di Terra Santa in Italia. Eleonora Prandi vi racconta ( http://tinyurl.com/hpncof9 ) che «in Iran è sempre più frequente vedere donne con il vistoso cerotto al naso di chi ha appena subito un intervento di chirurgia plastica: si contano 90-100mila interventi l'anno». Mi viene in mente che un collega, serio e affidabile, di ritorno da un recente viaggio a Teheran, mi ha riferito di un comportamento così diffuso da essere osservabile “a occhio nudo”, tra le donne ma anche tra gli uomini. Incuriosito, lancio due parole-chiave su Google e trovo non solo che le fonti concordano nel riferire di un fenomeno di proporzioni tali da “fare notizia”, ma che esso è osservato e studiato già da tempo, anche in Italia: ad esempio, spunta su un numero del 2011 di Genesis, rivista della Società italiana delle storiche, il saggio “Naso e libertà. L'ossessione per la rinoplastica nell'Iran contemporaneo”, dell'iranista e islamologa Anna Vanzan.Tuttavia, letta su Terrasanta.net – cioè su una fonte che ama mostrare, per quanto possibile, il Medio Oriente attraverso gli incontri di civiltà piuttosto che gli scontri – questa storia assume ai miei occhi una coloritura particolarmente significativa. Mi rimanda infatti a una problematica, quella riassunta dal termine tecnoscienze, che, anche dal punto di vista religioso, sono abituato a considerare all'interno della cultura occidentale, e che invece si presenta con connotati simili anche in una cultura che considero “altra”. Ovvero, nel teocratico Iran la spinta a fare al proprio corpo una cosa perché è possibile farla non è meno forte che nella laica Europa. Anzi: trae dagli obblighi socio-religiosi (il velo consente alle donne di mostrare solo il volto e le mani) un incentivo, estetico e forse anche politico, piuttosto che un freno.