Opinioni

Mediterraneo. Per i profughi di altre fedi il Papa un ponte che unisce

Filippo e Fabiola Bianchini della Comunità Papa Giovanni XXIII sabato 4 dicembre 2021

Gentile direttore, il Santo Padre è nel pieno del suo viaggio apostolico a Cipro e in Grecia e chiede a queste terre di accoglierlo come un pellegrino, mostrandoci così come la mitezza e l’umiltà siano ingredienti fondamentali per tenere aperta la via del dialogo. Questo pellegrinaggio porta con sé un prezioso messaggio di unità, pace, speranza e fraternità, un messaggio che richiama a scuoterci dal torpore dell’indifferenza nei confronti delle ingiustizie, un appello a non strumentalizzare l’altro, a scegliere di lasciarci guidare dalla misericordia, a riscoprire la gioia nel riconoscerci l’un l’altro 'porti aperti' all’accoglienza reciproca.

La prima tappa di Francesco è stata l’isola di Cipro, una terra divisa e contesa tra ciprioti greci e turchi. Ora è in Grecia, patria dei fratelli e sorelle cristiani ortodossi con i quali siamo chiamati a vivere un ecumenismo reale. La Grecia, scenario della crisi economica e sociale più dura degli ultimi anni, è anche un Paese dove sono approdate migliaia di persone in fuga da guerre e povertà, vite sospese in un limbo di attesa logorante, tra paure e privazioni. Per la piccola comunità cattolica in questo Paese, che non raggiunge l’1% della popolazione, la visita papale rappresenta un incoraggiamento per un nuovo slancio a rinnovarsi e diventare più attraente e accogliente per tutti, soprattutto per i giovani. E infatti Francesco, già nel video di presentazione diffuso in preparazione al suo viaggio apostolico, rivolge il suo messaggio a tutti. Egli appella come 'fratello' e 'sorella' ogni uomo e ogni donna, senza nessuna eccezione, indipendentemente dal Paese di provenienza, dal credo religioso o dalla cultura. Questo è il cuore del messaggio del Papa: molti fratelli e sorelle di fede musulmana lo hanno compreso, e molti altri lo comprenderanno ancora di più dopo questo viaggio. La nostra Casa Famiglia, una di quelle di don Oreste Benzi, è radicata in un Paese ortodosso e condivide la quotidianità con persone di fede ortodossa e musulmana, pertanto siamo chiamati a vivere il dialogo ecumenico e interreligioso ogni giorno. Con noi vive anche Mohammad, un giovane sposo e padre afghano insieme alla sua famiglia.

Dal primo momento in cui ha appreso della visita di papa Francesco in Grecia, ci ha chiesto emozionato se fosse possibile incontrarlo. Mohammad si trovava sull’isola di Lesbo durante la visita del Papa nel 2016, e in quell’occasione era rimasto incantato dalle sue parole piene di rispetto e comprensione, dalle sue maniere dolci e paterne, al punto di mettersi a cercare una Bibbia tradotta in farsi e leggerla. Grazie a quell’incontro, oggi ci chiede di pregare insieme per la pace nel suo Paese, l’Afghanistan. Grazie a quell’incontro, Mohammad oggi crede nel valore universale della preghiera.

Anche F., un ragazzo afghano partito da solo all’età di 13 anni, che ha trascorso due lunghi e terribili anni nel campo profughi di Lesbo e ora vive con noi in Casa Famiglia, è affascinato dalla figura di papa Francesco e verrà con noi a incontrarlo. Sua madre gli ha insegnato nel segreto, sin da bambino, l’apertura verso tutte le religioni e lui, con la semplicità dovuta alla sua giovane età, ci ha detto che anche la mamma, come il Papa, lo ha cresciuto nella certezza che siamo tutti figli dell’Unico Dio, anche se ci sono strade diverse per arrivare a Lui. Sono tante le persone, anche appartenenti ad altre religioni, che percepiscono la figura del Santo Padre come un ponte che unisce. I musulmani con cui ci troviamo a parlare mostrano per lui una grande stima, perché li chiama fratelli, figli dell’Unico Dio della pace. Per i tanti profughi le sue parole sono un balsamo che restituisce dignità e lenisce le ferite di chi ogni giorno subisce la violenza di non essere riconosciuto come un essere umano. Questa visita rappresenta per loro la possibilità di dare voce a un pianto inascoltato, soffocato da istituzioni che troppo spesso puniscono chi è costretto a fuggire dalla propria terra.


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