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Dal Pakistan alla Gran Bretagna. Sharia: Le «conquiste» della legge islamica

Camille Eid martedì 5 maggio 2009
Ormai è fatta. Un Dar-ul-Qaza, un Supremo tribunale islamico, è ufficialmente nato nella Valle di Swat controllata dai taleban del Tehreek-e-Nafaz-e Shariat-e Mohammadi (Movimento per l’applicazione della legge di Maometto) del Pakistan. Il governo della Provincia frontaliera di Nord Ovest (Nwfp), che comprende la valle di Swat, ha condannato l’iniziativa, ma pattuglie di taleban armati controllano le strade delle maggiori città del distretto, violando il coprifuoco. Il 13 aprile scorso aveva suscitato dure prese di posizione la firma, da parte del presidente pachistano Asif Ali Zardari, di un regolamento che impone la sharia nella Valle di Swat. L’Assemblea nazionale di Islamabad aveva raccomandato all’unanimità a Zardari di ratificare il regolamentonella speranza di porre fine a oltre un anno di scontri con i taleban locali. Prima vittima del provvedimento è l’istruzione delle donne: 400 scuole per ragazze di Swat (frequentate da 40mila ragazze) sono state costrette a chiudere. «Non siamo contro l’istruzione – ha detto Muslim Khan, un leader dei taliban –, ma vorremmo che la nostra nuova generazione sia istruita prima dal punto di vista religioso, poi da quello scientifico e tecnologico».  Come se scienza e fede fossero nemiche.La sharia, che è già il riferimento unico o prevalente in molti Stati islamici (vedere articolo a fianco), sta conquistando ulteriori spazi. In Afghanistan un paragrafo del nuovo diritto di famiglia per la minoranza sciita ha di fatto legalizzato lo stupro delle mogli. All’articolo 132 si stabilisce che le mogli siano tenute ad assecondare i desideri sessuali dei mariti e si prevede che un uomo debba avere un rapporto con la moglie «almeno una volta ogni quattro notti», a meno che la consorte non sia indisposta. C’è inoltre un tacito consenso ai matrimoni con le bambine e si proibisce alle donne di uscire di casa senza il permesso del coniuge. L’approvazione della riforma ha scatenato un’ondata di proteste internazionali e lo stesso presidente Hamid Karzai si è impegnato a modificarla «se risulterà in contrasto con la Costituzione».Via libera alla sharia anche in Somalia dove il parlamento provvisorio, con un voto all’unanimità, ha approvato il 18 aprile l’adozione della sharia. Il voto ratificava la decisione del governo di unità nazionale, che aveva stabilito l’adozione della legge coranica il 10 marzo scorso. La decisione sarebbe dettata dalla volontà di soddisfare alcuni Stati arabi che sostengono finanziariamente il nuovo esecutivo. Sia il presidente Sharif Ahmed sia il premier Omar Abdirashid Ali Sharmarke avevano espresso la loro piena disponibilità ad applicare la sharia nel Paese dopo aver incontrato sei leader religiosi provenienti da Arabia Saudita, Qatar, Kuwait e Sudan che stavano mediando tra governo e opposizione.Un progressivo abbandono di ogni prospettiva laica si registra anche in Algeria, con continue concessioni alle letture più retrive, come il nuovo regolamento dei culti non islamici. Una vignetta pubblicata sul quotidiano locale Liberté è molto eloquente. «Ormai i processi saranno tutti in arabo», recita il titoletto. «Anche le pene», aggiunge il boia. Secondo una recente indagine, circa il 60% dei maschi algerini è contrario alla soppressione della poligamia che, anche se poco praticata, continua ad essere prevista dal Codice della famiglia, ispirato alla sharia.La quale ha da tempo varcato i confini degli Stati a maggioranza islamica. Da più di vent’anni anni in Gran Bretagna, nel nome del multiculturalismo di cui quel Paese è stato l’antesignano, operano tribunali islamici che possono deliberare su matrimoni e divorzi, eredità e contese patrimoniali. Recentemente il governo laburista di Gordon Brown ha di fatto avallato la poligamia riconoscendo gli assegni familiari ai musulmani poligami che si sono sposati in Paesi dove essa è permessa. E forti polemiche avevano suscitato le dichiarazioni del primate della Chiesa anglicana, Rowan Williams, favorevole all’adozione di alcune disposizoni della sharia. In Germania numerosi verdetti emessi dai tribunali tedeschi fanno riferimento a principi o consuetudini legate al diritto musulmano. Il 21 gennaio scorso, un giudice di Hannover ha respinto la richiesta di divorzio di una donna tedesca sposato con un egiziano che minacciava di uccidere la figlia diciassettenne stuprata: «I musulmani hanno una diversa concezione dello stupro. Semmai vanno rieducati sul fatto che lo stupro non è adulterio». Un altro giudice di Essen ha stabilito, il 2 marzo 2009, che le allieve musulmane in Germania non possono essere costrette a partecipare alle lezioni di nuoto o a studiare la teoria dell’evoluzione «perché sono incompatibili con la loro religione». In un altro caso un giudice di Dortmund, citando un brano del Corano, ha stabilito che un padre musulmano può picchiare la figlia quindicenne che si rifiuta di indossare il velo, senza essere punito, Un giudice di Francoforte ha fatto riferimento ad un passaggio nel Corano che dà diritto a un marito di picchiare la moglie in quanto «sia la moglie che il marito sono musulmani». L’avanzata della sharia non si limita ai tribunali. In una scuola tedesca il direttore ha fato istruzioni ai professori maschi di non stringere la mano alle ragazze musulmane alla consegna dei diplomi. Spiegazione: «Nell’islam è illecito». Il teatro Zuidplein di Rotterdam, Olanda, ha accolto un mese fa la richiesta di un comico marocchino di riservare le prime cinque file alle donne, in nome della sharia. Il comico è è noto per la sua opposizione all’integrazione dei musulmani nelle società occidentali. Il consiglio municipale ha difeso la sua scelta. «Secondo i nostri valori occidentali – si legge in un comunicato – la libertà di vivere la propria vita in funzione delle proprie convinzioni è un bene prezioso». E anche in Italia il relativismo culturale e giuridico ha aperto varchi preoccupanti. Già nel 2003 una sentenza del tribunale di Bologna aveva riconosciuto indirettamente la poligamia per i musulmani che si sono sposati nei loro Paesi di origine, «essendo irrilevante il comportamento tenuto all’estero dallo straniero la cui legge nazionale riconosce la possibilità di contrarre più matrimoni». E nell’ottobre dell’anno scorsola Corte d’appello di Cagliari ha riconosciuto a un cittadino egiziano la legittimità del "talaq", il ripudio che l’uomo compie verso la donna pronunciando tre volte una frase rituale davanti a un ufficiale del tribunale civile egiziano.