Giovani

Musica e fede. "Siamo rinati testimoniando Dio a suon di rock"

Marco Birolini giovedì 15 dicembre 2022

Chi l’ha detto che Dio sussurra? A volte, per farsi sentire, è costretto ad alzare il volume. È stato così che Alessandro Gallo, 42 anni, è tornato a sentirne la voce dopo anni di silenzio dell’anima.

Cantante di belle speranze, alla soglia dei vent’anni si perde tra i miraggi della giovinezza. Mentre insegue le luci del palcoscenico, si fa risucchiare dal buio della droga. Lascia la sua Torino ed entra nella comunità Cenacolo di Saluzzo, solo e deluso. Ne esce felice e innamorato dopo aver fatto due incontri che gli cambiano la vita. Il primo con una suora, che lo convince a credere in se stesso e nel potere della musica.

«Madre Elvira voleva rinnovare i canti della comunità, così mi ha chiesto di provarci. Scrivere canzoni su temi legati alla fede mi ha avvicinato a Dio. Ma attenzione, senza ricorrere a sonorità troppo morbide. Io, che al campo scout a 11 anni suonavo i Guns n’roses, ho capito che lo spirito del rock non è affatto maligno: l’importante è usare nel modo giusto il talento che il Signore ti ha dato. L’arrivo di alcuni ragazzi dall’America mi ha poi fatto scoprire la Christian Music e da lì è partito tutto, con i primi pezzi composti e suonati da noi».

Il plurale include la moglie Francesca Cadorin, conosciuta proprio in comunità, durante le prove del coro. «Nel momento più basso delle nostre vite abbiamo trovato il punto di unione da cui poi abbiamo iniziato a risalire - racconta Alessandro - Siamo usciti dalla comunità e ci siamo sposati, abbiamo avuto due splendidi figli. Ma abbiamo capito velocemente che una vita ordinaria non faceva per noi. Abbiamo sentito nel cuore un fuoco che ci spingeva a comunicare ai giovani quello che già noi stessi avevamo sperimentato. Come le canzoni hanno salvato noi due, ci siamo detti, possono salvare anche qualcun altro».

Dopo i primi concerti nelle parrocchie, Alessandro e Francesca hanno iniziato a girare il mondo, con l’aiuto di altri amici che nel frattempo hanno costituito la band che li accompagna. Nel 2015 hanno suonato all’Happening degli oratori davanti a papa Francesco, l’anno prossimo inizieranno un tour fra Sudamerica e Nord Europa. «Alla fine il successo è arrivato, ma non come lo immaginavo io - continua Alessandro -. Il Signore ha scelto per me un altro tipo di fama. Più profonda e meno effimera, una missione da svolgere attraverso la musica». Una metamorfosi che traspare fin dal nome della band: Reale. Che significa? «All’inizio mi facevo chiamare Re Ale, preso dal mio ego. Per trovare la formula giusta è bastato passare alla minuscola. Siamo scesi in basso, in modo umile e concreto, per stare vicini ai giovani e a Dio. I nostri concerti sono sempre una festa che diventa momento di fede. La musica è uno strumento per amplificare la nostra testimonianza dell’incontro con Dio».

E pensare che da giovane Alessandro aveva quasi sviluppato un’allergia per tutto ciò che riguardava la religione. «Vengo da una famiglia ipercattolica, ma a un certo punto ho sentito un rifiuto per quello che mi sembrava un mucchio di noia e bigottismo. Dentro di me tuttavia era rimasto un seme di bene che è germogliato in comunità. Perché Dio sa aspettare, senza metterti fretta né violare le tue libertà. Ti accetta per quello che sei, senza etichettarti».