Economia

Obiettivi Onu. Acqua, poveri e diseguaglianze: urgenze per un'Italia sostenibile

Alessia Guerrieri venerdì 29 settembre 2017

Siamo sulla strada giusta, ma non basta. Non basta a posizionare l’Italia sul sentiero della sostenibilità, preludio per il rispetto degli impegni presi dal nostro Paese nel 2015 quando ha sottoscritto all’Onu l’Agenda 2030 e suoi 17 obiettivi. Se infatti non si arriverà rapidamente ad un modello di sviluppo sostenibile, che non guardi solo al Pil ma anche al benessere sociale e ambientale, l’Italia fra tredici anni non riuscirà a raggiungere gli Sdgs (l’acronimo inglese di obiettivi di sviluppo sostenibile) e neppure quelli fissati per il 2020. Certo la situazione è più rosea sulla salute, l’alimentazione e l’educazione (in quest’ultimo goal, pur con tutti i miglioramenti siamo tuttavia ai livelli europei di dieci anni fa), ma restano forti ritardi su povertà, disoccupazione, degrado ambientale e diseguaglianze. Il risultato? Miglioriamo in 9 target, mentre sono «sensibili i peggioramenti» in 4.

Il secondo rapporto dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), la rete di 170 organizzazioni che si occupano di questo tema nel nostro Paese, non solo indica i punti di forza e debolezza dell’Italia, ma fornisce anche i possibili scenari futuri attraverso un modello analitico sviluppato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei. Ed è evidente che politiche business as usual non riusciranno a migliorare in modo significativo il benessere, l’equità e la sostenibilità della condizione italiana. Anzi, potrebbe perfino peggiorare il nostro posizionamento rispetto ai partner europei. Al contrario, l’adozione di un insieme di politiche integrate migliorerebbe la performance dell’Italia, in cui comunque urge investire anche su interventi specifici in settori come la qualità dell’acqua e l’approvvigionamento idrico o il consumo di suolo. È vero sulla povertà siamo in ritardo, ma qualche passo alcune settimane fa è stato fatto: l’introduzione per la prima volta in Italia di una misura di contrasto nazionale. Un intervento che però, secondo il portavoce dell’Alleanza Enrico Giovannini, «non risolve il problema». Il Rei (reddito d’inclusione) ha risorse ancora insufficienti, ammette il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan durante la presentazione del rapporto ieri a Mon-tecitorio, che si è impegnato pur «negli ambiti molto ristretti della legge di bilancio» di capire «come questi vincoli possano essere in parte allentati». Il momento economico è migliore del passato, porta con sé «una sfida strutturale» e «un’opportunità» che va colta per sostenere la ripresa. Per Padoan «ci sono quindi «le premesse per usare questo spazio economico e finanziario, ma anche d’iniziativa politica per reindirizzarlo» verso la sostenibilità «in senso più profondo».

Appunto per questo, l’Asvis oltre a chiedere a chi sederà in Parlamento per i prossimi cinque anni di essere «legislatura per lo sviluppo sostenibile», mette sul tavolo anche i compiti dell’attuale governo per i prossimi sei mesi. Innanzitutto portare a termine l’approvazione di leggi che hanno già avviato il loro iter parlamentare, come quella sulla gestione delle acque e il consumo di suolo. Per poi proseguire con la definizione di una strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e quella energetica nazionale, pure con la trasformazione del Cipe in comitato interministeriale per lo sviluppo sostenibile. E con la definizione di provvedimenti urgenti per raggiungere i 22 target (ancora lontani) in scadenza al 2020. Molti interventi attuati nell’ultimo anno «vanno nella giusta direzione», dice il presidente Asvis Pierluigi Stefanini, anche se non assicurano «la necessaria trasformazione del Paese in grado di rispettare gli impegni internazionali, come l’accordo di Parigi». Ecco perché è giunto il tempo di una «visione di lungo periodo e un approccio complessivo, perché le azioni emergenziali rischiano di lasciare irrisolti i nodi ». Va detto, che il governo ha approvato un mese fa anche il primo catalogo dei sussidi dannosi e a favore dell’ambiente, che però dimostra «lo Stato spende 16 miliardi l’anno per agevolazioni che danneggiano l’ambiente – aggiunge il portavoce Asvis Giovannini – a fronte di 15 miliardi che invece vanno a vantaggio ». Quindi «bisogna cambiare approccio» ed iniziare a pensare le politiche «in modo integrato. Questo fa la differenza».