Agorà

Anniversario. Rugby: duecento anni fa William Webb Ellis segnava la prima meta

Massimiliano Castellani mercoledì 1 novembre 2023

Il monumento a William Webb Ellis, a Rugby

Il 1° novembre per gli appassionati di rugby di tutto il mondo non è solo la festa di Ognissanti, ma è il vero Natale del loro amato sport. Storia e leggenda si rincorrono veloci, ma alla fine, dalla mischia, quella data, 1 novembre 1823, rimbalza come una palla ovale sul prato sempre verde di Rugby. La cittadina de0l Warwichshire, resa celebre dal gesto più o meno inconsapevole del 17enne William Webb Ellis, nato anche lui a novembre, nel 1806, anche se qualcuno parla di 1807. Misteri intorno al rugby-boy, del quale resta solo un dagherrotipo scattato negli anni della maturità. William in quella foto se ne sta pacifico, ignaro probabilmente di essere stato “l’inventore”, duecento anni fa, di uno sport «nobile e per soli gentiluomini». Un gentiluomo illuminato Webb Ellis, prima di tutto dalla fede nell’Altissimo. Il nostro William fu uno studente modello del prestigioso college, il Rugby School, che ebbe come preside anche quello che viene considerato “il padre dello Sport moderno” ben prima di De Coubertin, il teologo Thomas Arnold.

Ma torniamo a quella prima meta, frutto di una variazione sul tema football. Una piccola quanto preziosa follia di un ragazzo cresciuto senza il padre, eroe della Guerra Peninsulare, il soldato James Ellis, caduto nella battaglia di Albuera. La madre Ann Webb, riuscì a crescere i suoi due figli, William e il fratello Thomas, grazie a un indennizzo per vedove di guerra elargito dal Regno: 10 sterline per ciascun orfano. Con quei soldi William ottenne l’iscrizione alla Rugby School, dove si diplomò a pieni voti nel 1825 per poi accedere al Brasenose College di Oxford. Tre anni dopo che William aveva salutato il college di Rugby viene nominato preside Thomas Arnold, il maggiore riformatore delle public schools inglesi. Una riforma la sua che aveva al centro la pratica sportiva come strumento di formazione etica e cristiana. Arnold prese al volo la palla ovale lasciata in eredità da Webb e teorizza l’Athleticism e vara i “giochi organizzati” in quello che oggi verrebbe comunemente definito il piano educativo.

Sul fronte sportivo gli dà una mano la moglie Mary, la quale introduce nel college le divise da football per una ragione molto pratica: riservare gli abiti buoni per le lezioni in classe e preservarli dal fango della battaglia agonistica sul green. Thomas Arnold muore a Rugby nel 1842 e nel 1857 nasce il “Muscular Christianity”, il movimento teologico ispirato alla sua dottrina, estesa in via strumentale alla formazione di cristiani forti e dal carattere “virile”. Una corrente di pensiero che trionfò in Gran Bretagna e nelle colonie del Regno, e che venne ritenuta fondamentale nella formazione della futura classe dirigente.

Webb Ellis intanto era diventato il cappellano della chiesa di St. George di Albermarle Street, a Londra, e successivamente nominato rettore di St. Clement Danes in The Strand. Ma l’ex allievo di Rugby si interessava più alla cura delle anime e alle opere di beneficenza che allo sport, salvo qualche sporadica partita a cricket. Lontano da Rugby non aveva mai sostenuto la paternità di quel gioco. Così dopo la sua morte, avvenuta nel 1872, le squadre di detrattori, sempre più numerose, riconoscevano Rugby come la “terra santa” e culla della palla ovale, ma non la primigenia di Webb Ellis. Ci volle la testimonianza accorata del suo ex compagno di banco Matthew Holbeche Bloxam, un antiquario che in risposta a un articolo apparso su un giornale, in cui si dava per scontato che lo sport del rugby era «un’antichissima tradizione», inviò una lettera in cui si presentava come uno dei privilegiati che avevano assistito alla storica performance del suo compagno di banco, il capoclasse William Webb Ellis.

Sulle colonne del The Meteor (la pubblicazione della Rugby School) il 22 dicembre del 1880 Bloxam firmò a suo nome l’articolo che ricostruì la verità di quel “debutto” epocale. «Un gesto che nacque da una trasgressione delle regole del football – scrisse Bloxam – . Ellis avrebbe dovuto correre all’indietro fin dove avesse voluto, senza lasciare la palla, perché gli avversari sul lato opposto potevano soltanto avanzare fino al punto in cui aveva afferrato il pallone, e non potevano attaccare al di là di quella linea fino a quando lui non avesse calciato la palla o l’avesse piazzata a terra in modo tale che un suo compagno potesse calciarla. Infatti era grazie a questi calci piazzati che venivano segnati i punti, ma nel momento in cui la palla toccava terra la squadra avversaria poteva caricare... Ellis poi corse in avanti con la palla in mano, verso la meta avversaria».

Senza questa “meta editoriale”, forse William non sarebbe mai stato riconosciuto come il pioniere del rugby. E senza la scoperta di Ross Mc Whirter del Guinness Book of Records, oggi i fedelissimi dell’ovale non saprebbero dove portare un fiore al loro “santo patrono”. McWhirter nel 1959 arrivò a scoprire la tomba di Ellis, che ora riposa nella piazzola 957 nel cimitero del Vecchio Castello di Mentone. Molti appassionati da allora non mancano di visitare e pregare alla tomba del «padre» di tutte le mete del mondo. In Francia, nel piccolo villaggio di Larriviére (Aquitania) esiste anche il santuario Notre-Dame du Rugby. E’ la chiesa dei rugbysti di tutto il mondo (arrivano anche dal Sud Africa in questi giorni per ringraziare della vittoria degli Springboks al Mondiale) che ogni anno vanno lì, in devoto pellegrinaggio, proseguendo poi a nord verso la vera capitale spirituale, Rugby. Nei pressi del College campeggia la statua di Webb Ellis e anche quella di Bloxam che si trova davanti al Rugby Museum.

Ma il luogo di culto per antonomasia, il viaggio che ogni rugbista sente di dover compiere almeno una volta nella vita, è arrivare davanti allo spazio dove sorgeva il “Big Side”, l’eden erboso di quella prima meta. Quello è il simulacro di un’autentica religione sportiva, per la quale con gli occhi lucidi e a voce bassa, al cospetto della lapide alla memoria del giovane William, ogni fedelissimo della palla ovale legge commosso: «Per primo prese una palla tra le sue braccia e corse con essa creando in questo modo il tratto distintivo del gioco del rugby».