Agorà

Letteratura. Pier Vittorio Tondelli, la lontananza come destino

Alessnadro Zaccuri giovedì 27 luglio 2023

Pier Vittorio Tondelli negli anni ’80

Anticipiamo la prefazione scritta e letta da Alessandro Zaccuri alla nuova edizione in audiolibro di Camere separate di Pier Vittorio Tondelli, oggi in uscita per Emons (euro 7,90), letto da Matteo Martari.

Dieci anni nel passato, forse qualcosa di meno. E un paio nel futuro, non di più. Ma questi sono conti che si fanno sempre dopo, sfruttando quella parvenza di saggezza che scaturisce da una cronologia ben compilata. Si rimettono in ordine date e avvenimenti, si stabiliscono concordanze tra un fatto e l’altro. A forza di scovare punti di contatto e linee di continuità, ci si convince di aver saputo da sempre tutto, o almeno tutto quello che c’era da sapere. La rinuncia all’inquietudine, l’abdicazione davanti alla meraviglia, avviene nel momento stesso in cui si pronuncia quella frase terribile, “te l’avevo detto”, che rinnega il passato e impedisce il futuro. A Thomas non è successo, perché la morte gli ha risparmiato la fatica del rimpianto e lo ha sottratto al rischio dell’ingratitudine.

Neppure a Pier Vittorio Tondelli è successo: lui, che era il più preveggente della sua generazione, lo scrittore più sensibile alla vita e più attento al cambiamento, se n’è andato prima di veder realizzata anche una soltanto delle sue intuizioni. Quanto a Leo, non si sa, non possiamo saperlo. La sua storia è tutta qui, in un romanzo che ancora non ha smesso di custodire il suo segreto. Ha quel poco di passato che riusciamo a intravedere, ma in compenso può fare conto su un futuro enorme e misterioso. Che però non ci appartiene, com’è giusto. Perché il futuro non appartiene a nessuno. È un dono che ci scambiamo in modo inconsapevole. Il futuro è il vero tempo dell’amore.

Camere separate è l’ultimo romanzo di Tondelli. Esce nel 1989, sul crinale del decennio che, nella narrativa italiana, è stato inaugurato dall’esordio dello stesso Tondelli. Altri libertini porta la data del 1980, è l’opera prima di un autore appena venticinquenne. Un successo, sì, e oltretutto un successo di scandalo, che richiama alla memoria le vicissitudini del Pasolini di Ragazzi di vita e del Testori dell’Arialda. Le accuse sono sempre le stesse: squallore morale, volgarità del linguaggio, promiscuità indiscriminata. Una polemica dalla quale, come di consueto, Tondelli esce confermato e anzi rafforzato nella sua condizione di scrittore 2 giovane. L’anno dopo, nell’81, con Il diario del soldato Acci Tondelli racconta in scanzonata presa diretta la quotidianità del servizio militare, che nell’Italia dell’epoca è ancora un momento di importante, un rito di passaggio collettivo ammantato di retorica e paternalismo.

Atteggiamenti clamorosamente smentiti da Pao Pao, il libro del 1982 con il quale Tondelli ritorna sulla scia di Altri libertini, che però sta già diventando il passato. Lo dimostra nel 1985 la pubblicazione di Rimini, il più ambizioso tra i romanzi di Tondelli, quello che intenzionalmente segna un distacco, un punto di svolta: un investimento di futuro. Poi, nel 1989, arriva Camere separate. Dieci anni nel passato, dunque. Meno di dieci anni. Altri libertini e Camere separate sono libri molto diversi tra loro, eppure non c’è dubbio che siano libri dello stesso scrittore. Il primo si compiace di apparire sboccato e irriverente, il secondo è contraddistinto da una misura che sconfina nel pudore e che, in pagine memorabili, assume l’andamento solenne di un quaresimale barocco. Camere separate è il libro dell’amore tra Leo e Thomas e della morte di Thomas, è il libro della solitudine di Leo e della sua rinascita.

È l’ultimo romanzo di Tondelli, quello con cui si chiude l’utopia cosmopolita e chiassosa degli anni Ottanta. Per trarre un bilancio definitivo di quel periodo Tondelli sente il bisogno di esplorare una forma nuova, che corrisponde al montaggio di testi di Un weekend postmoderno e del postumo L’abbandono. In entrambi i casi, è fondamentale l’apporto di Fulvio Panzeri, il critico con il quale Tondelli stringe un irripetibile sodalizio intellettuale. Sono libri che schivano la struttura del romanzo, senza per questo contestarla.

L’ultimo romanzo, ripetiamolo, è Camere separate, che è un racconto abitato dall’assenza e inspiegabilmente, irresistibilmente aperto alla speranza, a dispetto del futuro brevissimo del quale Tondelli ancora dispone. Un paio di anni, non di più. Ma questo, appunto, lo sappiamo noi adesso, e sarebbe bene che ce ne dimenticassimo. Perché in Camere separate c’è il lutto, ma non c’è la resa al lutto. La vicenda è ripercorsa nella prospettiva di Leo, un personaggio che con Tondelli ha molto in comune: il lavoro di scrittore, le origini contadine, le scorribande in un’Europa, ancora divisa da muri e cortine di ferro, ma percorsa da una febbre di unità intellettuale, di riconoscimento reciproco, di conseguimento di un’identità comune.

Le lingue si mescolano nelle feste e nelle lezioni universitarie, la ricerca di un appartamento a Londra viene riferita con la quieta precisione di un’incombenza consueta. E anche l’America, al di là dell’oceano, è molto più di una metafora. È la modernità a portata di aereo: multiforme, iniziatica, sconvolgente. Leo si affida alla promessa di un futuro che, con il solito senno di poi, sembrerebbe non essersi avverato. Ma costringere Camere separate nelle angustie di un’interpretazione sociologica sarebbe fare un torto alla ricerca spirituale che, in maniera più o meno dichiarata, sta all’origine del romanzo.

Deriva da questa caratteristica impalpabile l’insofferenza con la quale, in molte delle interviste rilasciate in occasione del lancio, Tondelli respinge la categoria di “romanzo omossessuale” e rivendica un elemento di universalità, che non riguarda solamente la dimensione degli affetti, ma scende ancor più in profondità, nella “camera separata” nella quale Leo compie l’esperienza del dolore. In senso proprio, nella parte centrale del romanzo l’espressione “camere separate” si riferisce allo stratagemma che gli amanti adottano nel tentativo di consolidare il loro amore: la distanza dovrebbe istituire una vicinanza ancora più fatale, una complicità che gode dell’affran-camento delle minuzie di cui è ingombra ogni convivenza.

Un progetto discutibile e francamente un po’ ingenuo, che si sgretola sotto l’urto della malattia da cui è improvvisamente devastato il corpo di Thomas. Ed è proprio allora, quando Leo corre a Monaco per ritrovare un Thomas ormai riconsegnato alle cure della famiglia, che per la prima volta Tondelli utilizza la formula della “camera separata”. La vediamo affiorare all’interno di una frase singolarmente elaborata, quasi un inciampo nella linearità di una prosa essenziale e controllatissima, che rimanda al magistero morale di Ingeborg Bachmann molto più che agli espedienti del minimalismo statunitense.

Ma che cosa intende veramente Tondelli nel momento in cui evoca «lo sguardo del bambino-Thomas nel letto estremo della sua camera separata»? Che la lontananza non è più una scelta ed è diventata un destino, anzitutto. E che il Thomas di prima non c’è più, Thomas è ormai un altro ed è finalmente sé stesso. Una creatura che non ha passato né futuro, solo un presente incantato e perfetto, il tempo smisurato e benedetto dell’infanzia. In questa «camera separata», così come nel «letto separato » che più tardi Leo vorrà per sé, risuona l’eco del “castello interiore” descritto da santa Teresa d’Avila come luogo dell’individualità più esclusiva. È la dimora in cui ciascuno è sé stesso e, avendo conseguito questa unità, può stabilire una relazione autentica con gli altri, con l’altro, con Dio.

Certo, leggere Camere separate come il resoconto di una conversione, magari imperfetta, sarebbe un’altra forzatura, un’altra prevaricazione nei confronti del libro e dell’autore. Ma l’immersione nella liturgia del Venerdì Santo rimane una tappa ineliminabile del viaggio di Leo all’interno della propria solitudine. Tondelli muore nel 1991, due anni dopo la pubblicazione di Camere separate. Se ne va a 36 anni, riunendo in sé la sorte di Thomas e quella di Leo. Se ne va congedandosi definitivamente dalla furia melanconica degli anni Ottanta. Se ne va portandosi via ogni nostalgia per il passato, ogni rimpianto e incompiutezza. Se ne va lasciando in eredità un futuro che non si misura più in anni e neppure in decenni. Un tempo fuori dal tempo, del quale molti di noi hanno cognizione grazie a quest’arte incerta, magnifica e spuria che chiamiamo letteratura.