Agorà

Il caso. Nella rete anche i "santi" sono fluidi e assecondano il bisogno di guide

Matteo Al Kalak giovedì 30 marzo 2023

Lo scontro tra Luke Skywalker e Darth Vader ricostruito nelle cere del Museo Tussaud

Oggi i santi sono sul web. Non passa giorno che sulle cronache – rosa, nere o di altri colori – si parli di come gli eventi maturino, si rispecchino e in molti casi si servano degli strumenti digitali per avverarsi. Dagli influencer che cercano di determinare comportamenti e costumi alla geopolotica mondiale, non c’è accadimento o quasi che non abbia il suo corrispettivo social, web e digital. Aggettivi che, ormai, ci hanno abituato a un doppio registro: ciò che accade e la sua trasposizione nei nuovi ambienti dove le informazioni si generano o si riversano e, di lì in poi, circolano e si amplificano. Nulla di strano allora se la santità e il culto passano a loro volta per questi mezzi. Lo ha illustrato molto bene il gruppo del progetto “I santi internauti”, che dal 2018 si occupa di censire, analizzare e decifrare le nuove forme di santità, devozione e culto che foraggiano la rete, nelle sue varie declinazioni. I risultati del lavoro svolto dai ricercatori coinvolti sono periodicamente dati alle stampe per i tipi di Viella: dopo un primo volume apparso nel 2020 ( Esplorazioni agiografiche nel web), è ora uscita una seconda raccolta, dal titolo Agiografia, devozioni e icone digitali (a cura di Marco Papasidero e Mario Resta; pagine 244, euro 25,00).

Sulla scia dell’accelerazione digitale impressa dalla pandemia, gli autori hanno setacciato la rete e, più in generale, la cultura popolare mediata dagli strumenti digitali e social, per capire quali siano i culti, le tendenze e gli sviluppi di fenomeni antichi e senza tempo. Non potendo qui dare conto di tutti i contributi, che spaziano da san Francesco ai martiri dell’ecologia, da Maradona ad Achille Lauro, passando per le parodie protestanti dei santi cattolici, qualche affondo può essere utile per dare conto della straordinaria ricchezza che si cela nella religiosità plastica, imprevedibile e a tratti dissacrante della rete. Un caso interessante è, per esempio, quello delle nuove religioni (se così le si può definire) o delle religioni parallele e ufficiose che si formano in rete.

Come lo “Jediism”, il culto dei tanti appassionati di Star Wars che vedono nella figura di Luke Skywalker (nomen omen) un vero e proprio leader spirituale. Fabrizio Vecoli, che approfondisce questo tema, mostra come in un ambiente eminentemente virtuale (indicato come contesto di iperrealtà) i seguaci di Skywalker, “colui che cammina nel cielo”, ne interpretino la figura come quella di un visionario, profetico mediatore e guida nel cammino spirituale. Non è da meno, seppure su altre note, la “Iglesia Maradoniana” esplorata da Angelo Brelich. In questo caso, siamo in un ambiente più complesso e, per certi aspetti, meno virtuale: non cambiano però le dinamiche di fondo. Il pibe de oro, Diego Armando Maradona, assurge al rango di deus in un pantheon particolare: con le sue reliquie venerate nel piccolo santuario che Napoli gli ha dedicato, con i suoi comandamenti e un’iconografia degna del Cuore di Gesù. Il sacro e la santità non vengono tuttavia gestiti solo in termini emulativi, ma anche in rivisitazioni che ne sfidano i connotati tradizionali e, di fatto, ne usano i linguaggi in modo rovesciato. È l’esempio, analizzato da Mario Resta, di Achille Lauro, che mediante performance allusive e gender fluid reinterpreta le iconografie, scolpite nell’immaginario popolare e devoto, di santi come Francesco e Girolamo o, ancora, di Cristo e della Vergine.

Nell’ampia casistica messa in luce dal volume non mancano poi riflessioni sugli aggiornamenti e gli adeguamenti semantici dei nuovi modelli di santità proposti dalla stessa Chiesa cattolica. Lo dimostra Eleonora Chiais che dedica un contributo al vestiario con cui è stato proposto alla venerazione dei fedeli il primo beato millennial: Carlo Acutis. Del giovane, le cui spoglie riposano ad Assisi, sono scandagliati dettagli che, a dispetto delle apparenze, ne contraddistinguono la santità. Carlo è il santo in sneakers e blue jeans, il santo casual, che trasmette il valore di un’adesione più “moderna” e ordinaria alla perfezione evangelica.

Il volume offre molto altro e riflette su un aspetto trasversale come la duttilità degli strumenti digitali. Se di primo acchito si sarebbe portati a ricondurli a un processo di apertura alla contemporaneità, ciò che si scopre per contro è la fascinazione verso il digitale e, soprattutto, i social media da parte dei gruppi conservatori o di alcune componenti del tradizionalismo cattolico. Il web diventa così il luogo in cui l’eredità francescana (talvolta “inventata” e non suffragata da fonti attendibili) è il mezzo per stigmatizzare la deriva della cristianità, il suo allontanamento dai genuini valori della fede; oppure la cassa di risonanza di messaggi mariani utilizzati come saette per raddrizzare lo smarrimento dei credenti e delle gerarchie.

I santi internauti rivelano pertanto luci e ombre di un ambiente – e, non di rado, di una realtà parallela – generata dalla trasformazione digitale: web e social media sono senz’altro strumenti utili ad amplificare e veicolare la santità; sono parte integrante della sacralità del terzo millennio; ma, in aggiunta, rendono il quadro più complicato, policentrico e talvolta incontrollabile. Ciò che emerge è la capacità di sopravvivenza e di risignificazione che il linguaggio e i simboli del sacro sono in grado di esercitare e la ricerca di guide, siano skywalkers o calciatori dell’Olimpo, da parte di una società in affanno e liquefatta.