Agorà

RIVELAZIONI. Il Piano Solo? Non fu golpe

Giovanni Grasso martedì 23 novembre 2010
Non fu un tentato golpe, ma un piano di sicurezza da attuare unicamente  in caso di insurrezione di piazza. Non di meno, la vicenda legata al cosiddetto «Piano Solo» (1964) apre uno squarcio tutt’altro che rassicurante su una fase nodale della nostra storia repubblicana, contraddistinta da lotte intestine e poco commendevoli tra politici, generali, uomini dei servizi italiani e stranieri e poteri forti. È la conclusione a cui è giunto Mimmo Franzinelli, uno dei maggiori storici italiani che, dopo aver consultato una mole imponente di documenti e ascoltato i testimoni superstiti, ha appena dato alle stampe per Mondadori: Il Piano Solo. I servizi segreti, il centro-sinistra e il «golpe» del 1964 (pagine 390, euro 20). Un «golpe» che – appunto – Franzinelli mette fra virgolette. Perché nel suo libro sfata una delle tante leggende nere che vengono messe in carico, a torto o a ragione, alla Prima Repubblica. Ma cosa stava accadendo in quei caldi giorni del luglio 1964, in cui Pietro Nenni confidò di aver sentito, dalle parti del Quirinale, «un rumor di sciabole»? Da parte dell’allora presidente della Repubblica Antonio Segni c’era una forte inquietudine per il governo di centrosinistra guidato da Aldo Moro con Pietro Nenni vice e, soprattutto, per l’annunciato programma  di riforme sociali, che creava preoccupazione e sconcerto in ambienti politici ed economici. Il tentativo di Segni, dunque, una volta entrato in crisi il primo governo Moro, fu quello di cercare di metter su un esecutivo di responsabilità nazionale (oggi si direbbe tecnico o istituzionale), affidato alla guida sicura del presidente del Senato Cesare Merzagora e contraddistinto da netto argine a sinistra, nonostante fosse stata prevista nella compagine governativa la presenza di ministri di tutti i partiti, Pci compreso. Preoccupato, però, dalla reazione delle sinistre (a Segni era ben presente quello che era successo poco tempo prima con il governo Tambroni), il presidente della Repubblica chiamò al Quirinale il comandante generale dei carabinieri, Giovanni De Lorenzo, chiedendogli di preparare un piano segreto per il mantenimento dell’ordine, qualora le prevedibili manifestazioni contro il governo Merzagora fossero sfociate in un tentativo rivoluzionario. De Lorenzo, che vantava  un passato di appartenente alla Resistenza e ottimi rapporti anche a sinistra, non si fece pregare due volte. E di lì a poco, approntò il famoso «Piano Solo», di cui "solo" i carabinieri – appunto – dovevano essere a conoscenza. Tra le disposizioni previste, quella dell’occupazione delle sedi dei partiti di sinistra, dei loro giornali, della Rai e una lunga lista di persone (militanti social-comunisti e intellettuali, tra cui Gillo Pontecorvo e Pier Paolo Pasolini) da «enucleare». Cioè da arrestare e trasferire in una base militare in Sardegna, in attesa che la situazione si calmasse (e nel suo immenso lavoro di scavo archivistico, Franzinelli è riuscito a scovare e pubblicare l’elenco degli «enucleandi», nonostante fosse dato per distrutto). Ma il «piano Solo», che sarebbe dovuto scattare solo in certe condizioni, rimase nel cassetto. Così come il sogno di un «governo del presidente» accarezzato da Segni. Dc, Psdi, Pri e Psi infatti, durante le consultazioni al Quirinale, insistettero sul nome di Moro e Segni fu costretto a prenderne atto. Moro, di lì a poco, diede vita al suo secondo governo di centrosinistra, limitandosi ad accantonare, con il consenso di Nenni, alcune delle riforme più contrastate. A causa di una forte rivalità tra alti generali e uomini dei servizi, i dettagli sul «piano Solo» finirono di lì a poco sulla scrivania di due grandi giornalisti, come Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi, che li resero noti, alimentando via via quell’ipotesi di Italia costantemente sull’orlo di golpe giunta fino ai nostri giorni. Un’ipotesi che, documenti alla mano,  Franzinelli ridimensiona notevolmente. Anche attraverso la pubblicazione di rapporti americani, dai quali si evince chiaramente che la Casa Bianca e anche il Vaticano condividevano in quegli anni la linea di Fanfani e Moro: l’opposizione al comunismo in Italia andava combattuta non con la reazione, ma con il sostegno a governi riformisti che con il tempo avrebbero attenuato la carica rivoluzionaria del Pci. Al di là della specifica vicenda legata al «Piano Solo», l’interessantissimo libro di Franzinelli ricostruisce a tutto tondo la storia dietro le quinte di un’epoca cruciale – ambigua e tormentata quanto si vuole, ma non priva di idealità e di passione – della vita democratica del nostro Paese.