Diagnostica a domicilio per il polittico di Margarito

Un racconto in presa diretta dei restauri condotti dall’E-RiHS al santuario di Santa Maria delle Vertighe presso Monte San Savino (Arezzo) con tecniche innovative
September 21, 2025
Diagnostica a domicilio per il polittico di Margarito
E-RiHS | Restauratrice al lavoro
Gli arredi della sacrestia, sul lato lungo del chiostro cinquecentesco, hanno lasciato spazio a microscopi, laser e fotocamere a infrarossi per qualche giorno, il tempo della campagna diagnostica che l’European research infrastructure for heritage science (E-RiHS), un’infrastruttura coordinata dal Consiglio nazionale delle ricerche, ha previsto a Monte San Savino, borgo arroccato a venticinque chilometri da Arezzo. I macchinari sono puntati sul polittico d’altare del santuario di Santa Maria delle Vertighe, chiesa nella diocesi di Arezzo- Cortona-Sansepolcro che si trova accanto all’uscita A1 di Monte San Savino. L’opera è stata dipinta tra il 1269 e il 1282 da Margarito d’Arezzo con l’aiuto del collega Restoro. Ora, per esempio, una ricercatrice sta usando una strumentazione per la spettrografia Raman che, a un millimetro dalla pala ma senza toccarla, sfrutta una sorgente laser per identificare le tipologie dei pigmenti; una collega invece – con un secondo macchinario – si sta occupando di creare una mappa dei leganti. Anziché spostare capolavori antichi e fragili, portare a domicilio le più sofisticate tecnologie per analizzarli, studiarli, eventualmente curarli grazie a un laboratorio mobile dotato di oltre duecento strumentazioni dislocate in diversi gruppi di ricerca comprendenti scienziati e storici dell’arte, ma anche paleontologi, fisici, medievisti… In effetti il sistema E-RiHS – che dopo un’esperienza ventennale sul campo come Istituto di scienze del patrimonio culturale del Cnr, da qualche mese è diventato giuridicamente un consorzio europeo di ricerca – prevede che si possano analizzare i manufatti più diversi: quadri e sculture, ma anche fossili, manoscritti, reperti sottomarini. Il polittico delle Vertighe è poco noto ma è un pezzo da novanta tardomedievale. Un’altra opera del pittore aretino è la più antica conservata nella National Gallery di Londra e proprio tale istituzione – insieme alla National Gallery of Art di Washington, alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi) e al Museo nazionale d’Arte Medievale e Moderna di Arezzo – ha sollecitato l’intervento del consorzio a Monte San Savino. «I musei anglosassoni – spiega Rossella Cavigli, restauratrice del Museo di Arezzo – hanno la possibilità di studiare le opere nei propri laboratori interni, quelli italiani invece no; l’unico modo per avere informazioni diagnostiche è l’accesso all’infrastruttura del MoLab. Proprio grazie a questo laboratorio, nel 2024 è partita la prima campagna di indagini anche sulle opere italiane di Margarito. La pala delle Vertighe presenta un pannello centrale dallo sfondo dorato che raffigura la Vergine in trono con il Bambino e quattro scene della vita di Maria ed è l’ultima delle poche opere dell’artista, il cui interesse dipende anche dalle tecniche pittoriche sperimentali usate: segno di un preciso stile artistico aretino che andrà scomparendo con l’arrivo di Giotto». Oltre al laboratorio mobile, ai progetti selezionati l’infrastruttura E-RiHS dà accesso a strutture analitiche fisse, come sincrotroni e acceleratori di particelle, ed è collegata a banche dati e collezioni digitali di una rete di musei con cui confrontare i risultati delle ricerche. «Alla Supsi – aggiunge Francesca Piqué, ordinaria in Scienza della conservazione dei beni culturali – avevamo condotto alcune analisi preliminari sulle opere di Margarito come la fotografia tecnica e la spettroscopia di fluorescenza a raggi X puntuale. La vera rivoluzione, però, sono le tecniche di imaging» , ovvero indagini non invasive che permettono di acquisire informazioni sull’intero oggetto e non su un singolo punto. Francesca Rosi dell’Istituto di scienze e tecnologie chimiche di Perugia, che insieme ai gruppi Cnr di Firenze, Roma e Catania ha condotto le analisi, spiega: «Abbiamo usato dieci diverse strumentazioni che sollecitano la materia dell’opera in diverse fasce dello spettro luminoso. Alcune tecniche danno informazioni su porzioni ridotte dell’opera, mentre l’imaging iperspettrale permette di acquisire centinaia di bande oltre il visibile, in infrarosso e ultravioletto, e consente di creare mappe chimiche di materiali, sostanze o anomalie sull’intera tela. Per esempio, la Macro Xrf mostra la distribuzione del ferro adoperato nei pigmenti rossi (ematite) o gialli (gothite) o la distribuzione del mercurio, usato per la realizzazione del vermiglione, o quella del potassio, alla base del lapislazzulo, un ricchissimo pigmento blu proveniente dall’Afghanistan. Invece con il microscopio digitale Hirox si raggiunge una risoluzione di 0,19 micron e si vede lo sporco depositato dal tempo o l’alterazione degli strati. E presto riusciremo a isolare persino il Dna di chi ha messo le mani sull’opera». I risultati della campagna alle Vertighe saranno presentati al Museo nazionale di Arezzo dal 9 all’11 ottobre nel convegno “Duecento painting: the art and technique of Margarito d’Arezzo and his contemporaries” in cui interverranno scienziati, restauratori e storici dell’arte. «Grazie a questa collaborazione – esemplifica Cavigli – abbiamo trovato un “pentimento” sulla mano della Madonna: inizialmente aveva il mignolo aperto come in una benedizione alla greca, ora invece tiene un rametto». «Dalle analisi abbiamo capito che il polittico è stato fatto senza badare a spese – aggiunge Piqué –, c’è abbondanza di pigmento da lapislazzuli, il fondo in foglia d’oro è stato applicato senza risparmi, le gemme delle corone di alcuni personaggi sono imitate con rare lacche traslucide secondo un procedimento raffinato... pur in un’opera che non doveva essere osservata da vicino. Il complesso testimonia una committenza ricchissima, che non poteva essere quella del santuario camaldolese, dunque la pala deve avere un’altra provenienza ». Ma la diagnostica ha permesso di rilevare anche un delicato dettaglio emotivo: la preghiera che una devota, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, ha inciso sulla tavola. Un accorato appello di intercessione di una madre perché tornino sani e salvi dal fronte i figli soldati.

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