Il trionfo di Sinner: essere grande, ma pensare di dover ancora migliorare
Come Jannik nessuno mai. Un piccolo grande principe dell’erba che alla terza sfida finale, dopo Roma e Parigi, finalmente è riuscito a battere l’hidalgo Carlos Alcaraz

Fare l’encomio di Jannik Sinner ormai è come assistere alla tesi di laurea dell’universitario che ha chiuso il suo corso di esami con tutti 30 e lode. Ma questa volta il ragazzo di San Candido, nome omen, vincendo nel meraviglioso mondo di Wimbledon si è preso laurea e master in un solo smash. Come Jannik nessuno mai. Un piccolo grande principe dell’erba che alla terza sfida finale, dopo Roma e Parigi, finalmente è riuscito a battere l’hidalgo Carlos Alcaraz. E lo ha fatto dopo che aveva gettato al vento di Londra il primo set, da 4-2 a 6-4 per lo spagnolo. A quel punto, tutti noi italici piangenti ci siamo chiesti tremabondi: ma Jannik crollerà anche questa volta dinanzi al giovane favoloso di El Palmar? La risposta è stato un tuonante “no” come quando il giudice di sedia chiama la palla fuori. Fuori Alcaraz e sugli scudi lui, il nostro rosso italiano Sinner. Ha prevalso ancora il suo moto d’orgoglio e quella concentrazione da astrofisico mentre scruta nuove galassie. Così, gli altri tre set vincenti sono stati quelli della definizione della “legge di Sinner”. Il numero uno del tennis non sbaglia più niente, o quasi e costringe Alcaraz alla resa con un 6-4 periodico e un risparmio di due ore sulla precedente maratona del Roland Garros: dalle oltre 5 ore di battaglia siamo scesi alle più umane 3 ore 4 minuti. I telespettatori, specie quelli incontinenti e più emozionabili, ringraziano la premiata ditta Sinner-Alcaraz per questo spettacolo che annuncia già repliche garantite per tutti i Grandi Slam del futuro. Sì perché dietro di loro ormai comincia a palesarsi il deserto dei tartari della racchetta. Nessuno, per tecnica, preparazione atletica e imprevidibilità, può avvicinarsi a questi “re soli” che si prendono a pallettate ogni volta che si incontrano, ma sempre con estrema lealtà e rispetto dei ruoli: il serioso e il cillante, così diversi eppure così uguali nel loro essere vincenti.
A Wimbledon a recitare il ruolo dell'"io tra di voi" ci ha provato ancora a farlo il vecchio Nole Djokovic ma si è dovuto arrendere a re Sinner e all’ineluttabile dio Kronos che a 38 anni gli ha ricordato che è impossibile rivaleggiare contro i numeri 1. Sinner dopo Wimbledon è sempre più il numero 1 ma se avesse perso ancora contro lo spagnolo pur rimanendo ancora saldo al comando del ranking rischiava di dover combattere una patologia più grave di quella al gomito offeso, la “sindrome di Alcaraz”. Pericolo scampato e alla fine questa serie molto televisiva con tanto di contorno hollywoodiano (mai viste tante star in tribuna nelle tre finali) è stata “fuga da Alcaraz” , con la consapevolezza che il trono è ancora suo. A ricordarglielo sono stati anche i reali d’Inghilterra: la coppa gli è stata consegnata dalla rediviva e acclamata principessa Kate vera eroina del Regno. Con il piglio serio da duellante, alla Clint Eastwood, contro il più ridanciano e social Carlitos, Jannik a Londra ha ripreso in mano il suo cammino da mattatore solitario che era stato parzialmente sbarrato da quel pasticciaccio brutto della squalifica per doping. Alla vigilia del torneo londinese qualcuno aveva insinuato che c’erano altre nubi intorno a lui, dato che a cielo sereno aveva licenziato il preparatore atletico Marco Panichi e il fisioterapista Ulises Badio. Gente molto stimata nell’ambiente la cui collaborazione non è durata neppure un’intera stagione. Sinner stratega spietato, che sa che cambiando l’ordine dei suoi collaboratori il risultato migliora?
No. Chi conosce bene il ragazzo di San Candido sa che per lui l’empatia e le relazioni umane vengono prima di tutto. Non è stato un atto di superbia il privarsi di due tecnici che evidentemente non rispondevano al suo ideale di stakanovismo e trasparenza. Lo stakanovista Sinner dopo questo trionfo di Wimbledon infatti ha annunciato che si concederà “una settimana di meritata vacanza”, ma non di più perché il successo è frutto della fatica quotidiana sul campo (messaggio per tutti i millennials sdraiati e schiavi della quotidianità passata su social e playstation). Una settimana di stop è il massimo che può permettersi un fuoriclasse assoluto che sta riscrivendo la storia del tennis e che con l’umiltà tipica solo dei grandissimi davanti alla corte dei Windsor ha dichiarato: “A 23 anni non credo di aver raggiunto il massimo, sono ancora alla ricerca del miglior me stesso”. Nell’era dei folli superpotenti della terra e dei mitomani della Rete che vivono nell’illusione di essere unici e insostituibili, un n.1 per Dna è ancora convinto che può, e anzi, deve migliorarsi. Che peccato che a questo spettacolo, il Sinner show maestro anche di umiltà, non abbia potuto assistere il nostro scriba massimo dei gesti bianchi e ospite sempre super gradito dell’England Lawn Tennis and Croquet Club, Gianni Clerici. Ma per Clerici era già tutto previsto, poco rima di andarsene dinanzi all’ancora 18enne pel di carota Jannik profetizzò: “I colpi di Sinner sembrano esistere dai tempi dell'asilo. Non si è mai visto un tennista italiano più dotato”. La profezia di Clerici si è avverata, ora Jannik è sempre più numero 1, anche di simpatia. A Londra ha guadagnato nuovi tifosi, perché per gli inglesi maestri insuperati di humour il suo essere così umile e inappuntabile è molto più divertente e universale delle guasconate da arena dell'amico-nemico Carlitos. Allora che dire, alla prossima puntata della serie, forse infinita, Sinner vs Alcazar.
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