Zuppi, un don Matteo al cinema che è autentica realtà

Presentato oggi alla Festa di Roma il documentario di Emilio Marrese: storia e storie di un "vescovo di strada"
October 25, 2025
Zuppi, un don Matteo al cinema che è autentica realtà
Un'immagine del film
Preferisce essere semplicemente don Matteo, gira in bicicletta e vive in una casa di riposo per sacerdoti. È l’Arcivescovo di Bologna, Sua Eminenza Cardinale Matteo Maria Zuppi, le cui “confessioni” sono state raccolte in un documentario presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma, Chiamami don Matteo - Zuppi, il vescovo di strada di Emilio Marrese, prodotto da Luigi Tortato per Si Produzioni. Zuppi però non è soddisfatto della definizione di “vescovo di strada”: «Dove dovrebbe stare altrimenti un prete se non in strada?», ribatte.
Nato nel 1955 a Roma, formatosi nella Comunità di Sant’Egidio, esperto in mediazioni internazionali, è stato membro delle commissioni di pace Onu in Mozambico e in Burundi. Creato Cardinale da Papa Francesco il 5 ottobre 2019 e nominato presidente della Conferenza Episcopale Italiana il 24 maggio 2022, Zuppi continua nella sua missione quotidiana a incarnare lo spirito riformatore e la visione politica di Bergoglio, che lo ha incaricato anche della missione di pace tra Ucraina e Russia a nome del Vaticano.
Il documentario inizia l’8 maggio 2025, con l’attesa fumata bianca che annuncia l’elezione del nuovo Papa, Leone XIV, e prosegue catturando alcuni momenti cruciali dei giorni del Conclave, le emozioni e i retroscena personali di Don Matteo. «Hai rosicato un po?», gli chiedono a proposito della sua mancata elezione. «No, al contrario - risponde - e il contrario del rosicare cosa potrebbe essere? La Nutella, buonissima». Ma aggiunge divertito: «Un uomo mi ha detto che sua figlia faceva il tifo per me! Pensate alla potenza dei social. In quei giorni sembrava “Tutto il Conclave minuto per minuto”, io cercavo sempre di squagliarmela, ma amo i giornalisti, sono figlio di un giornalista». E i giornalisti amano lui.
Zuppi cita il Vangelo, san Francesco e i Papi, ma anche la Costituzione, Francesco Guccini, Alda Merini, Habemus Papam di Nanni Moretti. È stato il primo vescovo di Bologna a parlare in piazza Maggiore sul palco del Primo Maggio («Anche Gesù era un sindacalista»), a entrare in un centro sociale, a ricevere occupanti, a sostenere operai in sciopero, a dialogare con la comunità Lgbti+ e a far ballare i migranti nella basilica di San Petronio, durante la messa per il santo patrono.
Crede nel dialogo con tutti («La Chiesa è madre e parla con ognuno dei suoi figli»), compreso quello interreligioso, crede nell’Europa e nello Ius Soli, crede in una Chiesa «che abbatte i muri e costruisce portici per mettersi in cammino con gli uomini» contro quella «che mette il cambiamento sui binari morti».
Stimolato in un dialogo intimo anche dalle provocazioni dell’attore Alessandro Bergonzoni, che lo chiama “il capo dei gerundi”, Reverendo, Don Matteo racconta una sorta di giornata tipo, fatta di incontri, momenti privati e pubblici, e affronta molti temi cruciali, tra cui l’immigrazione. «Chi accoglie trova sempre suo fratello e non esiste un’emergenza immigrazione. Il mondo è un’unica stanza dove crescere insieme, mentre il benessere ci rende prigionieri di ciò che abbiamo. Quello che abbiamo però è in prestito e noi possiamo restituire ciò che abbiamo tolto. Accoglienza significa liberarsi della paura. E il contrario della paura non è il coraggio, ma l’amore». Sul clericalismo: «È una distorsione che produce abusi, la malattia della Chiesa, che deve cambiare prospettiva». E poi: «La politica senza spirito rimane senza l’uomo. La morale significa mettere al centro la persona».
Don Matteo dice che se non fosse diventato prete sarebbe stato un educatore e valuta i suoi dieci anni alla guida della Diocesi bolognese: «Avrei voluto incidere di più, Bologna è una città impaurita che rischia di diventare più anonima: deve ritrovare il senso di comunità come è accaduto vincendo la Coppa Italia del calcio».
Il documentario parte dal lavoro realizzato dallo stesso Marrese nel 2019, Il Vangelo secondo Matteo Z., per offrire una nuova versione con 35 minuti inediti e 49 rielaborati dalla precedente.
«È impossibile non provare grande simpatia per don Matteo – commenta il regista – e non nutrire stima, curiosità e interesse per Sua Eminenza il cardinale arcivescovo Matteo Maria Zuppi, sacerdote e alto prelato, che interpreta in maniera così aperta, moderna e dinamica la propria missione. Don Matteo, come continua a voler essere chiamato nonostante abbia sfiorato il soglio pontificio, ha rappresentato una rivoluzione nella Curia bolognese quanto Papa Francesco in Vaticano. In dieci anni a capo della Diocesi di Bologna ha scritto un interminabile elenco di “prime volte”, abbattendo porte, muri e tradizione pur di confrontarsi con tutti senza pregiudizio né biasimo. È un sacerdote che dialoga con il non credente senza guardarlo dall’alto né, come ama ripetere, “cercando di vendergli il prodotto”. Rispetto all’idea superata di una Chiesa che si arrocca lanciando anatemi e condanne, sono rimasto conquistato da una risposta di don Matteo in un’occasione pubblica: gli chiesero quale fosse il peccato più grave agli occhi di Dio e lui, dando per scontati i dieci comandamenti e i sette vizi capitali, disse: “sprecare il talento”. Come un allenatore di anime».

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