Canzone d’autore, vincono le donne

Al Premio Tenco 2025 che chiude stasera a Sanremo, trionfano le cantautrici da Ginevra Di Marco a Tosca e La Niña: "Siamo in tante, è ora di ascoltarci"
October 25, 2025
Canzone d’autore, vincono le donne
Lunghi capelli neri, chitarra elettrica e una voce decisa: è stata la cantautrice toscana di 24 anni Emma Nolde ad aprire giovedì scorso il Premio Tenco 2025, intonando emozionata sul palco dell’Ariston di Sanremo Lontano lontano di Luigi Tenco, brano che dal 1974 inaugura la più prestigiosa rassegna della canzone d’autore italiana. Nolde, già due volte finalista per le Targhe Tenco (quest’anno in lizza per il miglior album con Nuovospaziotempo), è diventata la portabandiera di una generazione di cantautrici che stanno conquistando premi e ascolti, portando nuove sonorità e una sensibilità inedita nella scena musicale. «Siamo sulla buona strada, non è sempre stato così, ma ci stiamo arrivando. La mia speranza è che più se ne vedano, più se ne ascoltino, più se ne parli» racconta ad Avvenire, sorridendo tra l’emozione e la consapevolezza di un percorso ormai maturo.
Le voci femminili hanno letteralmente dominato questa edizione del Premio Tenco, che si conclude stasera. A parte Lucio Corsi, vincitore per il miglior album assoluto e la migliore canzone con Volevo essere un duro, le Targhe Tenco 2025 parlano al femminile: La Niña ha vinto per il miglior album in dialetto con Furèsta, Anna Castiglia per l’opera prima con Mi piace, Ginevra Di Marco come miglior interprete con Kaleidoscope, e Caroline Pagani per il miglior progetto con Pagani per Pagani. A coronare il tutto, il Premio Tenco alla carriera a Tosca, già pluripremiata negli anni passati. Il cantautorato femminile italiano sta raccogliendo, non senza fatica, i suoi frutti, dopo decenni in cui le donne erano spesso confinate al ruolo di interpreti o muse ispiratrici. Oggi, invece, sono autrici, produttrici, ricercatrici sonore e protagoniste a pieno titolo. Eppure, resta la domanda su quando non sarà più necessario sottolineare la differenza di genere, ma soltanto la qualità della musica.
La cantante e autrice Tosca. Foto Fondazione Musica Per Roma - Musacchio, Ianniello, Pasqualini & Fucilla/MUSA
La cantante e autrice Tosca. Foto Fondazione Musica Per Roma - Musacchio, Ianniello, Pasqualini & Fucilla/MUSA
«Sono felicissima di vedere tante nuove cantautrici come Emma Nolde, che è passata dal laboratorio culturale Officina Pasolini a Roma, di cui sono ideatrice» racconta Tosca, che stasera riceverà il premio e sta lavorando a un nuovo progetto per BMG, sei anni dopo il successo di Morabeza. «Abbiamo fatto passi avanti: le ragazze di oggi sono molto strutturate, hanno dovuto nuotare nell’acqua alta e ne sono uscite indipendenti e protagoniste. È un mondo che sta cambiando». Tosca, da sempre attenta alle contaminazioni musicali e linguistiche, riflette anche sul ruolo dell’interprete: «Io amo cucirmi addosso i progetti. L’importante è capire ciò che si canta, riconoscere quello che è giusto per sé, altrimenti si diventa solo performer. L’interprete deve essere attrice, dare luce alla canzone. E dobbiamo stare attente a non autoghettizzarci: la musica è solo di due tipi, bella o brutta».
Ginevra Di Marco, tra le apripista del cantautorato femminile contemporaneo, conferma il fermento di questa stagione. Storica voce dei Csi e poi dei Pgr, oggi doppia la Targa Tenco come miglior interprete, dopo quella del 2009. «Il movimento c’è e va riconosciuto, ma per me conta il merito. Nella mia carriera non ho incontrato grandi ostacoli, molto dipende da come ci si pone e dall’intelligenza che si trasmette. La donna ha vissuto per lungo tempo una condizione di fragilità, ma oggi il quadro si sta ribaltando». Poi aggiunge una riflessione sui social: «A volte mi spaventa il modo in cui certe immagini femminili alimentano modelli superficiali. Io ho tre figli adolescenti e insegno loro a sviluppare un pensiero critico: la cultura è una grande compagna di viaggio, aiuta a non perdersi».
L’eclettismo è la cifra comune di questa generazione di artiste, capaci di intrecciare musica, teatro e poesia. È il caso di Lamante (Giorgia Petribiasi), giovane cantautrice vicentina che nel suo album d’esordio ripercorre la storia della zia Loredana, morta di overdose prima della sua nascita. «Schio è stata una delle città più segnate dalla droga negli anni Novanta. Da bambina ho scoperto di avere una zia di cui nessuno parlava. Ho ricostruito la sua vita attraverso lettere, fotografie e vecchie VHS: era una donna che voleva suonare, ma non le fu permesso. È una storia di ricerca di identità, e anche la mia lo è». Lamante parla con forza dei pregiudizi ancora presenti nell’industria musicale: «Essere una cantautrice significa spesso dover rientrare in categorie: o urli o sussurri. Ho sentito anche io questa pressione, ma sono felice che oggi siamo in tante a emergere con le nostre voci diverse».
Chiude il cerchio Caroline Pagani, attrice e autrice teatrale che ha lavorato con Strehler e Ronconi, e che ha riportato alla luce il repertorio del fratello Herbert Pagani, grande cantautore e artista visivo scomparso nel 1988. «Le cantautrici affrontano ancora più difficoltà perché il sistema resta patriarcale e maschilista. Nel mio spettacolo Mobbing Dick parlo delle dinamiche di potere tra uomo e donna nel mondo dello spettacolo, dove l’artista è spesso vista solo come corpo da sfruttare». Pagani, che nel suo lavoro fonde musica, teatro e pittura, sottolinea l’eredità del fratello: «Herbert era un artista libero, onnivoro, capace di unire linguaggi e visioni. Mi ha insegnato a non essere settoriale: l’arte è un dialogo continuo. Le donne oggi stanno portando il loro punto di vista, e il cantautorato femminile è più vivo che mai. Finalmente, se ne parla con rispetto e con la curiosità che merita».

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