sabato 9 settembre 2023
Una riflessione del presidente della Cei e di un grande creativo contemporaneo alla kermesse mantovana: «Non cedere a paura e odio, più spazio a chi produce bellezza»
Zuppi e Pistoletto in dialogo a Mantova

Zuppi e Pistoletto in dialogo a Mantova - -

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Pace e guerra, arte e religione, creatività, bellezza e intelligenza, anche artificiale. « Alla parola rapace, andrebbe tolto il “ra-” e resterebbe solo “pace” », ha detto ieri Michelangelo Pistoletto, pioniere dell’arte povera, a Mantova presentando al Festival il suo libro La formula della creazione (Cittadellarte edizioni) con il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei. Da una parte un inviato di pace da parte di papa Francesco, dall’altra un artista novantenne che ha messo in mostra la “pace preventiva”. E il dibattito, moderato dal giornalista Luca Bottura, non poteva che partire da quanto il mondo sta vivendo con il fiato sospeso in attesa della parola fine a un brutto film di guerra che purtroppo è realtà.

«Di solito la parola pace viene messa alla fine di quei film, noi vogliamo che sia nei titoli di testa», ha detto Pistoletto. Che ha ricordato come la pace vada costruita con creatività e intelligenza. Oggi c’è quella artificiale che ha come « punto di forza non una scienza che produce benefici, ma che porta pericoli di distruzione totale». Anche se Pistoletto alla fine vede anche le potenzialità dell’IA come «anima collettiva dove ognuno può lasciare il suo messaggio». Purtroppo, ha ribadito il porporato sulla questione della pace, « non abbiamo imparato la lezione della storia recente», quella vissuta dai nostri genitori e dai nostri nonni, come è emerso anche dal dibattito in cui i partecipanti hanno sollecitato i relatori sul versante educativo.

Alla visione creativa di Pistoletto, che vede questa dimensione come costitutiva dell’uomo. Ma c’è anche purtroppo, ha sottolineato Zuppi, una «creatività della distruzione, perché facciamo armi incredibilmente creative: droni, pulsanti, display, per cui non verifichiamo neppure più quello che accade». Le armi sono quelle a cui chiamano certi personaggi che Zuppi ha definito Catoni, i quali sono proprio coloro che considerano la pace un sogno illusorio, da ingenui. Invece è possibile, ha ribadito il cardinale. Ma per farlo occorre, ha detto Zuppi ricordando il titolo di un convegno a cui aveva partecipato anni fa proprio al Festival di Mantova “dare la mano al nemico?”. La risposta per l’ecclesiastico è sì, anche quella mano può essere sporca del sangue del fratello».

Lo stesso san Francesco non ha atteso che il lupo diventasse un agnellino. Bisogna insomma nutrire la convinzione che chi esercita la violenza può cessare di farlo. Il problema sta nella rapacità che da bestia a uomo e da uomo a bestia si è trasferita alla dimensione uomo-uomo. E senza alcuna utilità. La guerra è inutile, hanno detto più volte i due interlocutori. Il rapporto tra arte e pensiero critico è stato più volte evocato. Su pungolo di Bottura e riprendendo il titolo dell’incontro “Bisogna credere”, Pistoletto, classe 1933, ha ricordato le immagini scolastiche che invitavano a credere in Dio (e in Mussolini) e a “Credere, obbedire e combattare”. Mai a pensare.

Si è passati poi a discutere (e come poteva non essere qui) sul ruolo del libro, a partire dalla Bibbia e della cultura. «Siamo figli del libro e della parola », ha detto Zuppi. Parola che spesso è travisa e diventa menzogna. Si traveste in modo suadente. «C’è una bellezza del male, un’attrattività del brutto, ad esempio quando si mostra la morte di qualcuno, il che è osceno e sollecita l’oscenità». Per questo è così difficile togliere quel “ra-” alla rapacità. Si è perso il senso della realtà, per cui «confondiamo il vero con la nostra immaginazione e poi crediamo a quest’ultima».

In un dialogo che è stato ricco di battute, controbattute e siparietti Zuppi, parlando di vanagloria, ha persino citato Totò che a una persona usa a questo atteggiamento diceva: «Guardati allo specchio e convinciti che sei uno scemo». Ma alla fine, dopo la responsabilità verso sé e gli altri è venuto il momento di parlare dei destini di questo mondo anche dal punto di vista ambientale, in senso ecologico e antropologico. Pistoletto ha sintetizzato i contenuti del suo volume ricordando un altro movimento a lui caro, quello del Terzo paradiso, cioè del lavoro che ci aspetta dopo che lo stato di natura, il primo paradiso, è stato rovinato dal secondo, che ha nell’emblema della mela (Pistoletto ha citato un noto marchio high tech per dire che siamo alla consunzione di questo atteggiamento dell’uomo verso la natura).

Il Terzo paradiso è un movimento che ha 240 ambasciate fatte di installazioni e mostre e organizza il Rebirth Day il 21 dicembre, data in cui secondo il calendario maya ci sarebbe dovuta essere la fine del mondo. Zuppi ha messo l’accento su fatto che o si ricostruisce questo terzo paradiso o la terra diventerà davvero un inferno. E ciò può avvenire solo con il contributo della creatività umana come indica la Laudato si’. Sollecitato da una domanda proprio di Pistoletto sul rapporto tra religione e arte, il porporato ha infine espresso la sua convinzione che «se si sente la sete vuol dire che c’è l’acqua, se si desidera che ci sono le stelle. E l’opera dell’artista fa vedere che c’è qualcosa che la supera. San Sergio diceva che l’aldilà sarà pura bellezza».

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