domenica 4 novembre 2018
Torna il cantautore amato da Morricone, Dalla e De Gregori ma lontano dal grande pubblico. «Tv e radio mi hanno ignorato»
Il settantenne Renzo Zenobi ha pubblicato in questi giorni l’album di inediti “Volando” (foto Mauro Vigorosi)

Il settantenne Renzo Zenobi ha pubblicato in questi giorni l’album di inediti “Volando” (foto Mauro Vigorosi)

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Sventolano sempre le Bandierine di Renzo Zenobi. E qualcuno rimembra ancora la sua incantevole Silvia, incipit capolavoro di una carriera lunga mezzo secolo ma perlopiù sfuggita al grande pubblico. Quello che, purtroppo, finisce col conoscere soltanto ciò che passano i mass media, i mezzi di comunicazione di massa, appunto. I suoi dischi, una decina (il primo datato 1975), scritti sotto ispirazione e non sotto istigazione di qualche casa discografica, sono da tempo mestamente fuori catalogo tranne gli ultimi due: la raccolta Amori e battiti del 2002 e Canzoni da leggere (con dieci inediti) del 2013, uscito con il libro Canzoni sulle pagine. Ora, a settant’anni, arriva Volando. Missione spaziale di chi non ha potuto campare solo con i proventi della propria musica (Zenobi aveva anche gestito un negozio di strumenti), ma che con la musica ha pienamente vissuto, volando. «Oggi ho incontrato un amico di sempre, si chiama Coraggio» scrive il cantautore romano in Provo a dormire e ti penso, uno dei dodici bellissimi nuovi inediti (oltre alla ripresa della vecchia Aviatore) del suo coraggioso ritorno. Un album, prodotto da Zenobi con Vannuccio Zanella, che ha debuttato online (pubblicato da www.mprecords. it) ed è distribuito da G.T. Music. Con Zenobi voce e chitarra, il gruppo toscano prog-rock degli Aliante e gli arrangiamenti di Claudio Corradini, già collaboratore di Battiato. Il risultato è poesia pura: testuale e sonora. Quanto di più contrastante (e distante) con l’attuale mainstream musicale.

Zenobi, ma lei in radio fa proprio di tutto per non andarci...

«Beh, certamente non con questo disco che va oltre la classica forma canzone. Si potrebbe parlare persino di poesia sonorizzata. Ma il fatto è che in radio e in tv io non ci sono quasi mai andato neanche negli anni Settanta e Ottanta, quando lo stile dei cantautori andava per la maggiore».

E perché, visto che di belle canzoni ne ha scritte tante godendo della stima dei colleghi?

«Intende dire perché non sono riuscito ad avere il successo che, mi dicono, avrei meritato? È l’eterna domanda che ormai, alla mia età, non mi faccio neanche più. L’unica risposta potrebbe essere che probabilmente la gente non ama questo tipo di canzoni: io racconto cose semplici, pensieri, suggestioni, immagini. Piccole cose quotidiane. Invece il pubblico preferisce farsi catturare dal ritmo e i testi li ascolta con un orecchio soltanto. I miei nemmeno con quello».

Oggi senz’altro. Ma ai tempi dei suoi esordi, dal Folkstudio in poi, forse no.

«Anche trenta o quarant’anni fa le radio, soprattutto quelle libere, non erano contente di mettere pezzi che non avessero un certo ritmo. Avevano bisogno di tenere la gente collegata al canale e se arrivava un brano intimista come i miei il rischio era grosso. Adesso le radio mettono solo pezzi di personaggi importanti, i dj non hanno più nessun potere e, peggio ancora, impazzano rap e trap che sono lontane anni luce da me. Insomma, io e le radio non siamo mai andati d’accordo. Quindi nessuno riusciva nemmeno a sentire le mie canzoni».

Eppure era stimato nell’ambiente e ha avuto l’appoggio di grandi personaggi, da Morricone a Dalla, da De Gregori a Baglioni, oltre alla intensa collaborazione con Ron.

«Se sono riuscito ad andare in tv sulla Rai la prima volta lo devo per esempio proprio a Dalla. Era il 1981 e Lucio aveva prodotto il mio disco Telefono elettronico che gli era molto piaciuto. Il nostro duetto era stato trasmesso per un po’ in radio, ma non è bastato. Niente da fare invece, qualche anno prima, con l’album Bandierine nonostante gli arrangiamenti di Ennio Morricone tranne che per un brano arrangiato dal mio amico Baglioni».

E in radio proprio Baglioni impazzava...

«Probabilmente gli incaricati della Rca (la nostra casa discografica) che curavano la promozione si sentivano dire: non dateci Zenobi, ma Baglioni che funziona molto di più».

Boicottaggio?

«Ma no, capisco che per una grossa holding non è facile dare spazio a tutti. Chissà quanti dischi aveva ogni giorno in uscita la Rca, con solo un tot di spazi a disposizione. È poi c’erano anche tutte le altre case discografiche milanesi a lanciare i loro cantanti...».

Nel 2012 le venne assegnato il premio “Amilcare Rambaldi” alla carriera.Tra le motivazioni le si riconosceva «di non avere mai mentito con le sue canzoni». Si è mai pentito di questa sua “sincerità” artistica, visto che il grande pubblico le ha sempre girato le spalle?

«Per tanti colleghi si parla di canzoni scritte a tavolino... Ma non è poi mica così facile scriverle, ci vuole un’arte anche lì. Certo, io non ci riuscirei mai. Ho sempre composto seguendo un’ispirazione, ho fatto in buona fede quello che sapevo creare con la mia chitarra e le mie parole. Quindi non avevo scelta, avrei potuto fare solo un certo tipo di canzoni: cioè parlare in musica delle mie piccole cose. E questo è stato apprezzato soltanto da un pubblico di nicchia».

Pochi ma buoni. Le basta?

«La musica è la mia vita, la mia passione. Come può non bastare? Io ho un mio piccolo seguito di persone ed è per questo motivo che ho desiderato fare anche questo nuovo disco. Non certo pensando che possa andare in televisione né in radio nazionali. Punto però a portarlo nei concerti, se riuscirò a farne, e lì vedrò di venderne qualche copia. Ma anche esibirsi dal vivo non è facile».

Perché, non la vogliono?

«Avevo provato ad andare per esempio al FolkClub di Torino, un posto che ricorda il mio caro Folkstudio di Roma, ma mi hanno risposto che la programmazione del locale è fatta da un anno con l’altro.Volevo anche andare all’Osteria delle Dame a Bologna dove sono stato a suonare tante volte ai tempi della Rca: lì ci sono alle pareti tre mie foto di allora. Attendo una risposta dal direttore artistico. Ma sa che qualche volta dopo i miei concerti mi sono sentito chiedere perché non incidevo dischi, visto che ero così bravo? Hai voglia a dire che ne pubblico da quasi cinquant’anni».

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