giovedì 6 settembre 2012
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Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme, è uomo cordiale e dal sorriso largo, pur in mezzo alle preoccupazioni che inquietano i cristiani del Medio oriente. Parlare con lui di Gerusalemme fa presentire la sacralità di una città che, come dal titolo del convegno cui partecipa in questi giorni a Villa Cagnola di Gazzada (Varese), sta «tra la terra e il cielo».Il titolo del suo intervento suona così: «Gerusalemme, patria comune per tutti i cristiani e cuore del mondo». È ancora tale oggi la sua città?«Certo, dal momento che qui hanno avuto luogo tutti gli eventi centrali della nostra salvezza. E anche perché in questa località tutte le grandi religioni monoteistiche hanno la loro capitale spirituale. Tutti vengono qui a pregare, cristiani, ebrei e musulmani. E si può dire che per amore di questa città la gente è anche disposta a uccidere. In diverse situazioni di recente ho parlato e sentito parlare della centralità di Gerusalemme: all’Incontro mondiale delle famiglie a Milano in molti hanno fatto riferimento alla "famiglia-modello", quella di Nazareth. Al Congresso eucaristico di Dublino ho sottolineato che non ci sarebbe un 50° Congresso internazionale se non ci fosse stata l’ultima cena di Gesù a Gerusalemme. A breve al Sinodo a Roma parleremo della nuova evangelizzazione: ma per affrontare quella "nuova" dobbiamo rifarci a quella "vecchia": un piccolo gruppo di discepoli che costituivano una piccola comunità che viva nell’amore, nella solidarietà, unita in una causa da difendere, il Cristo risorto». Oggi però dal punto di vista socio-politico il Medio oriente, o meglio Gerusalemme e dintorni, non sembrano più «il cuore del mondo». Qual è il suo giudizio sulla congiuntura politica?«La situazione è ferma, il focus del Medio oriente oggi non sono più Israele o i Territori palestinesi ma la Siria. L’attenzione poi, nel mondo cristiano, ora si concentra tutta sull’imminente viaggio del Santo Padre che soggiornerà in Libano tre giorni. Comunque, non sono ottimista sul processo di pace: la situazione è in stallo e nulla si muove. Speriamo che l’appello del Santo Padre possa smuovere verso la pacificazione e la riconciliazione. Siamo molto preoccupati per quel che sta succedendo in Siria e temiamo che la violenza possa estendersi anche in altre parti del Medio oriente».È notizia di oggi quella riguardante un episodio triste di profanazione di un monastero da parte di integralisti ebrei … «Sì, martedì mattina alcuni vandali estremisti israeliani hanno tentato di bruciare la porta del monastero dei trappisti di Latrun e imbrattato i muri con frasi ingiuriose contro Gesù. Sono contento che le autorità israeliane e quelle musulmane hanno condannato questo atto vandalico gravissimo. Ma penso che la condanna a voce non sia sufficiente, non basta: bisogna far seguire delle conseguenze. Queste persone devono capire la gravità di quello che hanno fatto. Anche questo triste episodio ci fa capire come l’educazione abbia un risvolto centrale: lo capiamo bene in questi giorni mentre le nostre scuole, che accolgono studenti di diverse religioni, stanno riaprendo. Questo integralismo ebraico mi preoccupa, come ogni estremismo del resto: negli ultimi tempi sono avvenuti atti vandalici contro la chiesa anglicana di Akkro e la distruzione di un cimitero cristiano nel Sud di Israele. Non siamo solo noi preoccupati: questi fatti inquietano anche la società israeliana, ogni estremismo è qualcosa di grave. Di fronte a questi fatti mi domando: ma è normale che ciò accada?».Nei giorni scorsi ha suscitato grande eco la morte del cardinale Martini, grande amante della Terra Santa e di Gerusalemme in particolare …«Come patriarcato abbiamo mandato un telegramma al cardinale Scola in cui abbiamo ricordato la grande figura del cardinale Martini e la sua presenza a Gerusalemme. Per noi il suo stare qui è stata una grazia: era una figura di vero patriarca, saldo nella fede, fermo, felice e sicuro nel suo carisma. Predicava spesso ritiri spirituali ai sacerdoti nella chiesa delle suore di San Giuseppe. Ha vissuto la complessità della Terra santa dal punto di vista politico ma senza parlare il linguaggio della politica, restando invece sulla dimensione della spiritualità. Il nostro è un ricordo molto grato. Spero che dal cielo continui a ricordarsi di questa Terra, che è stata anche la sua».
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