sabato 14 dicembre 2024
L'editore: cultura non è semplice sinonimo di elaborazione teorica, anzi: tocca ai cattolici farsi promotori di una nuova “edificazione di umanità”
Giuliano Ladolfi

Giuliano Ladolfi - archivio

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Dal momento che da quasi trent’anni quotidianamente mi interrogo sul valore dell’arte e della poesia in particolare, ho seguito con profondo interesse il dibattito sulla cultura cristiana, proposta nei mesi scorsi da «Avvenire». Mi permetto di esprimere una breve riflessione che certamente non esaurisce il problema.

La questione è complessa, così come è complessa l’epoca in cui viviamo; il presente, e questo presente in particolare, è veramente indecifrabile. Il nostro è tempo di semina, è il tempo del «granello di senape che, quando viene posto nella terra, è il più piccolo di tutti i semi», come dice il Vangelo. È, però, paradossale pensare di essere granelli dopo quasi duemila anni di teologia cristiana. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che non «viviamo in un’epoca di cambiamenti, ma in un cambiamento d’epoca» (Papa Francesco). Ne consegue che i principi di “novità” del messaggio cristiano, che stanno germogliando, non sono percepiti e compresi all’esterno e all’interno della Chiesa stessa.

Qualche anno fa fui intervistato da un giornalista dell’«Unità» su un testo giunto a scuola, nel quale si contraddiceva la teoria evoluzionista. Mi permisi di osservare che, a mio parere, la posizione di Darwin era maggiormente rispettosa dell’idea di un Dio creatore mediante un progetto che non il racconto biblico. Apriti cielo! Sul blog comparvero interventi del tipo: «Mente sapendo di mentire!». Evidentemente la conoscenza della teologia biblica di queste persone non risaliva neppure alla frequenza infantile del catechismo. L’episodio testimonia come oggi la cultura cattolica troppo spesso sia limitata a residui di interpretazioni anticlericali sostanziate da pregiudizi, anche perché l’informazione per tantissimi anni è stata appannaggio di una prospettiva anticristiana.

Nuoce anche il fatto che all’interno stesso della comunità dei fedeli, il concetto di cultura sia rimasto sinonimo di devozione, per cui manca una disposizione teorica e pratica capace di innestare il messaggio evangelico sul modo di concepire l’esistenza e sul modo di agire nella pratica quotidiana del lavoro, dei rapporti personali e sociali. E anche in questo settore il lavoro che si prospetta è gigantesco.

Perché “granello di senape”? Perché nell’epoca della “fine delle grandi narrazioni” (J.F. Lyotard), la filosofia personalista oggi costituisce forse l’unica concreta alternativa al nichilismo e al nonsenso che serpeggia nella società dell’informazione.

Ma cultura non è un semplice sinonimo di elaborazione teorica. Le molteplici iniziative in favore dei poveri, degli emigranti, dei sofferenti, dei diseredati e quelle finalizzate a realizzare la pace e la collaborazione tra i popoli sono cultura, forse l’unica vera cultura in stretto legame con il Vangelo sulla quale saremo giudicati. Questa apertura al prossimo da parte dei cattolici, sollecitata dal Santo Padre, rappresenta, a mio avviso, senza mettere in secondo piano il pensiero, il più importante contributo alla cultura contemporanea. Non è possibile stabilire quanto nei secoli abbia inciso sulla vita delle persone la lettura della filosofia di S. Tommaso (lo dico con il sommo rispetto per un’opera da annoverare tra le più significative del genio umano), ma certamente assai meno delle opere di carità (ospedali, accoglienza, pacificazioni, attenzione ai bisogni del prossimo ecc.). Quindi, a mio parere, anche l’elaborazione culturale dovrebbe partire dall’aiuto ai bisognosi prima ancora che dalla teologia e dalla filosofia.

Tocca ai cattolici insieme a chi cattolico non è, per il fatto che si tratta di una “edificazione di umanità”, attuare questa prospettiva nella realtà mediante un continuo dialogo con tutti e mediante uno slancio intellettuale verso il futuro, nell’umile convinzione che l’essere umano può proporre soltanto “verità” con la “v” minuscola. La “Verità” appartiene solo a Dio. Questa posizione non va interpretata come relativismo, ma come stimolo a lavorare a progetto mai concluso di ricerca e di dialogo sull’inesauribile messaggio divino, nella convinzione che “lo Spirito soffia dove vuole”.

Pertanto, l’azione di “solcare” il terreno culturale, proposto da «Avvenire», rappresenta un invito alla collaborazione di diversi pensatori, i quali, ciascuno all’interno del proprio settore di competenza, sulla base di un orizzonte e un impegno condiviso, recano il proprio contributo per l’edificazione di un mondo in cui i valori del Vangelo, in primo luogo, siano conosciuti e poi germoglino come il granello di senape.

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