sabato 28 maggio 2022
Parla l’ex ala destra: «Ho giocato con Braida, la sua Cremonese è in A, ora al 99% ci va anche Galliani. Berlusconi? Mai visto né votato, ma se il Monza sale fa la rivoluzione»
Ugo Tosetto, l’ala destra del Monza che sfiorò la Serie A, nel ’77

Ugo Tosetto, l’ala destra del Monza che sfiorò la Serie A, nel ’77

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Era l’unica ala destra che la solitudine l’aveva cercata, voluta e mai subìta. Parliamo di, e con, Ugo Tosetto da Cittadella, classe 1953, 169 centimetri di fosforo e fantasia, dribblomane per vocazione, e per questo beatificato nel calcio danzante degli anni ’70 come il «Keegan de’ la Brianza». Marchio di fabbrica affibbiatogli dal “Paròn”, Nereo Rocco, che si era spostato apposta per lui, da Milanello a Monza, per dare un’occhiata al “fenomeno” biancorosso da regalare al “Barone” Nils Liedholm. E quel nomignolo del “Keegan della Brianza” piaceva anche al mister svedese che, l’estate del ’77, lo accolse a braccia aperte al Milan, assieme agli altri due gioielli del Monza: Roberto “Dustin” Antonelli e il “biondo” Ruben Buriani.

«A me però Keegan non piaceva mica tanto, il mio mito era un altro n.7 che giocava nel Manchester United, George Best. Io, che sono nato biondo alto, occhi cerulei – sorride divertito – per somigliare a Best mi tinsi perfino i capelli di nero corvino». Precisazione dell’ex cadetto di Monza, che nel calcio che conta c’era arrivato passando dalla Spal del presidente Paolo Mazza che, quelli come lui, estrosi, barbuti e capelloni, li etichettava alla voce “Ezio Vendrame”. «Ezio era fortissimo. Ha giocato al Padova con mio fratello minore, Emilio Tosetto, lui era un portiere e in ritiro spesso dormiva in camera con Vendrame, che però diciamolo, anche in campo, era molto più matto di me».

L’irregolare Tosetto, tifoso dichiarato dell’Inter finito in quel Milan in cui rimpiange solo di «non aver mai recitato nel suo ruolo di ala. Liedholm mi schierava punta. Ogni volta che giocavamo a San Siro, a Egidio Calloni veniva la febbre e così mi toccava prendere il suo posto, là davanti... una disgrazia! ». Tosetto sfigurava quanto Calloni, che per Gianni Brera divenne “Lo sciagurato Egidio”: divoratore compulsivo di gol fatti. «Ma Brera esagerava, perché Egidio di gol ne ha fatti parecchi anche al Milan e poi c’aveva una “legnata”... oh da 40 metri te la metteva da “gabbiotto a gabbiotto” (tradotto dal tosettismo: da un incrocio dei pali all’altro).

Tornando all’Ugo, ai tifosi milanisti piaceva, credevano ciecamente in lui al punto che coniarono lo storico slogan speranzoso: «Con Buriani e Tosetto vinceremo lo scudetto!». Profezia avveratasi a metà. Buriani che era arrivato in “pacco omaggio” funzionò e vinse sul serio lo scudetto, assieme ad Antonelli si cucirono al petto anche la stella (stagione 1978-’79. Tosetto invece si ubriacò di serpentine e dopo essersi sposato con Graziella («l’unico spettacolo che diedi quell’anno ») non partecipò alla successiva cavalcata tricolore.

Il Milan lo aveva prontamente spedito all’Avellino. Quello stesso Avellino del presidente Sibilia che due anni prima cancellò i sogni di gloria del Monza lanciato verso la prima storica promozione in A. «A cinque partite dalla fine avevamo cinque punti di vantaggio sulla quarta: bastavano 5 pareggi per salire, mettemmo assieme la miseria di tre punti. E ad Avellino, dove ci chiesero il pari, segnai, ma perdemmo 2-1. Poi pareggiammo con il Cagliari che finì a 49 punti, come Atalanta e Pescara (vinse lo spareggio con i sardi) che andarono in A con il Lanerossi Vicenza».

Era il Vicenza di “Pablito” Rossi, re dei bomber di B con 21 gol. «Io arrivai terzo nella classifica dei cannonieri, dietro a Rossi e Virdis (18 gol): segnai 15 reti, 10 ne fece Sanseverino e 9 Ariedo Braida. Ariedo? Bell’attaccante, specializzato in sponde. Come dirigente è bravissimo, ma quando uno sa giocare, vede prima chi è capace o no». Il ds Braida è appena salito in A con la Cremonese, mentre il suo mentore, dal Monza fino all’era del Milan berlusconiano, Adriano Galliani, dovrà attendere domenica sera: gara di ritorno della finale promozione, a Pisa.

«Se il Monza non va in A quest’anno non ci va più... Ma sono convinto che ce la farà, e non l’ho capito l’altra sera che ha battuto il Pisa (2-1), ma mercoledì... quando la Roma ha vinto la finale di Conference League». Interpretazioni dell’Ugo, che, dopo gli anni di gloria monzesi («tornai ancora, nel ’79 chiamato da mister Magni che aveva appena perso lo spareggio per la A contro il Pescara») si divertiva nei campetti di Prima categoria vicino casa, a Solbiate Olona, dove ha chiuso con il calcio.

«Abito a 500 metri da Milanello, ma non ci ho mai messo piede. Cosa ho fatto dopo il calcio? Con Graziella ho cresciuto tre figli e cinque nipoti e aperto un negozio di bigiotteria e profumeria a Tradate. Poi ho allenato un po’ i ragazzini, ma siccome mi dissero che non bisognava insegnargli a divertirsi col pallone, allora ho lasciato perdere. Allo stadio? Vado a vedere il Monza: Galliani, che conosco dal 1975, ero il suo idolo, mi fa arrivare con la macchina fin dentro lo stadio. Adriano è un grande, conosce il calcio come pochi al mondo. Il presidente Berlusconi? Mai visto, nè votato – sorride Tosetto – . Certo se va in A fa la rivoluzione... Come minimo cambia 20 giocatori, e credo anche l’allenatore». Nel Monza però l’Ugo non ha ancora visto un nuovo Tosetto.

«La scorsa stagione mi piaceva il biondino che adesso è al Sassuolo... Frattesi. Ma io c’ho un ragazzino del 2002 da consigliare a Galliani: si chiama Cardani e gioca nella Solbiatese, in Promozione. Oh, ho visto quel Lucca del Pisa: un disastro... Questo Cardani non ha paura di niente e nessuno. Dai dilettanti alla C, di ragazzi forti ce ne sono, ma il problema è che se oggi non hai il procuratore ti stoppano già prima di cominciare...».

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