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L'azzurro Jannik Sinner, numero 1 del tennis mondiale - ANSA
Se ce ne fosse ancora bisogno dall’Australia è arrivata l’ennesima conferma: il re incontrastato del tennis mondiale è sempre il nostro Jannik Sinner. L’unica novità se mai è la sensazione che il regno dell’azzurro sia solo all’inizio. Per ora - come assicurano anche tanti protagonisti della racchetta di ieri e di oggi – non si intravedono avversari in grado di insidiarne il trono.
La facilità disarmante con cui ha rivinto a Melbourne è un messaggio chiaro a tutti i pretendenti. E lo stesso Alex Zverev, numero 2 Atp spazzato via in tre set nella finale di Melbourne, lo ha ammesso senza troppi giri di parole: «Sei il n.1 e di molto, sei troppo forte, di un altro pianeta, molto, molto simile a Djokovic quando era al top». Al di là del primo posto nel ranking che occupa da qualche mese, Sinner è il giocatore più forte al mondo, lo dicono i record che continua ad aggiungere alla sua carriera. In Australia ha centrato la 47esima vittoria su 50 match da quando è diventato numero uno del mondo (eguagliati Borg e Connors).
A 23 anni è l’unico italiano ad aver conquistato tre titoli slam (due Aus Open e l’Us Open) (superato Nicola Pietrangeli che ha vinto a Parigi nel 1959 e 1960).
La stampa internazionale lo incorona come marziano e in Italia non possiamo che gongolare per un talento mai così luminoso nella storia della racchetta. Un campione impermeabile anche alle malelingue del circuito e alle pesanti insinuazioni mediatiche sul caso Clostebol (dopo i giornali spagnoli, quello tedesco Bild). La sensazione è quella di un ambiente in cui c’è chi punta a un clima tale, da indurre il Tas (ad aprile) a una sentenza di condanna per negligenza (l’antidoping mondiale ha chiesto da uno a due anni di stop). E Sinner già prosciolto, dovrà ancora una volta dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il contagio del prodotto proibito. Come faccia a rimanere concentrato con questa spada di Damocle sulla testa è stato lui stesso a spiegarlo: «Quel che è successo è successo. Se fossi colpevole, non giocherei così. Le cose brutte le blocco fuori dal campo e non penso ad altro. Conosco la data dell’udienza a Losanna, ci sono giorni in cui non vorrei avere questo problema, però adesso voglio godermi il momento. Al Tas non penso. Le persone che mi vogliono bene sanno che non ho fatto niente di sbagliato».
Il suo team, la famiglia, gli amici, sono la forza segreta della sua tranquillità, ormai non è più un segreto. «Rimarrò per sempre quel bambino con i calzini arrotolati» disse Kobe Bryant nella sua lettera di addio alla pallacanestro. La stella del basket è stata una fonte di ispirazione per il tennista che a Melbourne ha voluto ricordarne l’anniversario della morte con delle scarpe speciali. Un modello di passione e dedizione negli allenamenti coltivata dall’azzurro sin da quando era piccolo. Il ricordo della strada percorsa è il primo passo per rimanere oggi con i piedi per terra. Jannik non ha mai dimenticato i sacrifici fatti non solo da lui ma anche da chi gli è stato intorno. A un bambino che di recente gli chiedeva come diventare bravo come lui, ha risposto: «La cosa più bella che puoi fare è sorridere durante il viaggio. Circondati delle persone più belle che puoi trovare e prendila con un sorriso. Allora hai già vinto, non importa davvero il risultato». Non tutti gli adulti si ricordano di essere stati bambini ammoniva Saint-Exupéry, Jannik invece se ne ricorda eccome e forse non è un caso se oggi è lui il piccolo (grande) principe del tennis.