giovedì 9 novembre 2023
Gli ucraini che hanno battuto il Barcellona in Champions sono costretti a giocare altrove per via della guerra. Anche in campionato dove le partite spesso vengono interrotte per gli allarmi bomba
I giocatori della squadra ucraina dello Shakhtar Donetsk festeggiano la vittoria sul Barcellona in Champions

I giocatori della squadra ucraina dello Shakhtar Donetsk festeggiano la vittoria sul Barcellona in Champions - Reuters

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Ci sono vittorie che valgono molto più di tre punti. Anche se un successo in Champions contro un club blasonato come il Barcellona è già di per sé memorabile per una squadra come lo Shakhtar Donetsk. Eppure battere i blaugrana (1-0 rete di Sikan) per gli ucraini vuol dire anche più della possibilità di sognare ancora gli ottavi (ora sono terzi nel girone H). Per i neroarancio, come per tutti i club dell’Ucraina poter scendere in campo è già una vittoria da quando i russi hanno invaso il loro Paese. Ma il pallone ha ripreso a rotolare anche sotto le bombe. Il campionato ucraino va avanti. Il calcio offre ai tifosi e ai giocatori una via di fuga, anche se poi la realtà della guerra torna a irrompere drammaticamente. E così può succedere che le partite vengano interrotte più volte dagli allarmi antiaereo. Come nella gara tra Dnipro e Oleksandriya, il 6 novembre scorso, interrotta 4 volte dalle sirene che hanno costretto giocatori e tifosi a rifugiarsi nei bunker. Il fischio finale è arrivato dopo cinque ore di gioco. In campo europeo le partite si giocano tutte fuori casa. E anche la vittoria contro il Barcellona è stata colta sul campo neutro di Amburgo, in Germania. Ma ciò che conta è “esserci”. Sergei Palkin, amministratore delegato dello Shakhtar, non si stanca di ribadirlo: « Per noi è molto importante mostrare al mondo intero che l’Ucraina è viva e che nessuno è riuscito a distruggerci».

Dopo la fine dell’Urss e l’istituzione del campionato ucraino, la squadra ha cominciato a rivaleggiare con la Dinamo Kiev per la supremazia nazionale. Il primo “scudetto” è arrivato nel 20012002 con Nevio Scala, primo allenatore straniero in panchina. L’ultimo titolo è dell’anno scorso. E per i campioni in carica gli scudetti ora sono 14 (contro i 16 della Dinamo Kiev). I “minatori” ( šachtar in ucraino significa questo, per i legami del club col bacino carbonifero del Donec) sono stati anche la prima squadra in Ucraina a vincere una competizione europea: la Coppa Uefa 20082009. E tuttavia le sorti del pallone si sono sempre intrecciate con le vicissitudini politiche. Lo Shakhtar è stato costretto a lasciare lo stadio di casa, la Donbas Arena di Donetsk, nell’Ucraina orientale, dopo che i separatisti sostenuti dalla Russia hanno preso il controllo della regione nel 2014. Le partite “casalinghe” si sono allora disputate a Lviv, Kharkiv. e Kiev.

Poi nel febbraio dell’anno scorso l’invasione russa: Roberto De Zerbi, ai tempi allenatore del club (vincitore anche della Supercoppa ucraina 2021) e una serie di giocatori forti hanno dovuto lasciare lo Shakhtar. «Quando è iniziata la guerra, nessuno pensava al calcio. L’idea principale era come sopravvivere », ha detto Palkin. Dopo aver aiutato i calciatori e lo staff stranieri a lasciare l’Ucraina, il club ha trasformato le proprie strutture in un rifugio per gli sfollati. Oggi nessuno sa quanto tempo durerà ancora la guerra, ma dirigenti e giocatori sognano di tornare in una Donbas Arena tutta esaurita con il Paese di nuovo in pace. « Donetsk è la nostra casa ed è molto difficile lasciare la propria casa - ha detto Palkin -. Questo è il nostro sogno e viviamo per questo sogno».

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