lunedì 27 novembre 2023
L'attore debutta col nuovo spettacolo "Fra’. San Francesco, la superstar del medioevo". «Era un grande artista che arrivava a tutti. Lo racconto col sorriso come piacerebbe a lui»
Giovanni Scifoni nei panni del Poverello nello spettacolo "Fra'. San Francesco la superstar del medioevno"

Giovanni Scifoni nei panni del Poverello nello spettacolo "Fra'. San Francesco la superstar del medioevno"

COMMENTA E CONDIVIDI

«Come si fa a parlare di San Francesco D’Assisi senza essere mostruosamente banali?». E’ questa la domanda che si pone l’attore Giovanni Scifoni (in questi giorni sul set della nuova serie di Doc – Nelle tue mani per Rai 1) nel suo nuovo spettacolo Fra’. San Francesco, la superstar del medioevo che debutta stasera al Comunale Luca Ronconi di Gubbio (Pg) mentre domani sarà a Todi. Il lavoro, scritto e interpretato da Scifoni con la regia di Francesco Brandi, nasce per gli 800 anni del Presepe di Greccio e sarà poi in tour con tappe, tra le altre, dal 5 dicembre alla Sala Umberto di Roma e dal 16 gennaio al Teatro Carcano di Milano. Scifoni, che già nel programma di Tv2000 Beati voi e su Youtube ci aveva abituati a una interpretazione vivace e personale della santità, ora affronta la figura di Francesco in un monologo, orchestrato con laudi medievali e strumenti antichi.

Giovanni, lei aveva già incontrato Francesco nello spettacolo “Mani bucate”….

Questo è uno spettacolo completamente nuovo. Comincia chiedendosi quanti spettacoli e film su Francesco si fanno. Quest’anno siamo in quattro, io, Ascanio Celestini, Simone Cristicchi e Alessandro Barbero. Il problema è che Francesco ti interroga, ti sequestra, quando leggi le fonti francescane lui non ti molla.

Come mai?

Perché lui parla di noi, non siamo noi che parliamo di Francesco. Noi non possiamo fare nient’altro che parlare di noi con la faccia di Francesco. Il me che ha messo in luce Francesco, e che racconterò, è il grande problema che lui aveva con il suo ego. Era un grande attore e artista, le sue prediche erano pazzesche. Altroché i Maneskin, Francesco parlava davanti a 5000 persone, che erano tantissime nella Assisi nel 1200, senza mezzi di comunicazione riusciva a radunare le folle, in più non c’erano microfoni. E’ incredibile. Le persone lo stavano a sentire, perché si sapeva muovere, sapeva usare i gesti. Francesco aveva imparato le mosse dai giullari e trovatori che la mamma francese gli aveva fatto conoscere da piccolo. La gente capiva tutto. Il problema è che io sono un attore molto meno bravo di Francesco.

Intorno a quali punti ruota lo spettacolo?

Francesco era una persona che aveva vissuto sulla sua pelle le tre grandi tentazioni di Gesù nel deserto: trasformare le pietre in pane che sono il denaro e i piaceri, poi gettarsi dal pinnacolo per essere accolto dagli angeli che è la tentazione del potere, e poi possedere tutto il mondo che è il successo. I piaceri, il potere e il successo: Francesco era molto ricco, questo spiega perché stia così in fissa sulla povertà, combattendo con forza l’avarizia e la cupidigia. Poi Francesco aveva un enorme potere, i frati facevano tutto quello che lui diceva, mangiavano coi lebbrosi, dormivano per terra… E poi aveva un successo incredibile, era uno degli uomini più famosi del mondo. Avrà avuto problemi di ego. Qualunque artista ha queste tre tentazioni: gli artisti finiscono male per questo motivo, ho visto moltissimi artisti rovinarsi perché nessuno li metteva in guardia.

E san Francesco come riesce a superare queste tentazioni?

Lui sposa Madonna povertà, rinuncia a tutto, anche al successo e al potere, nel finale della vita rinuncia anche all’ordine che ha fondato. A un certo punto i frati gli dicono che è contraddittorio e gli chiedono di scrivere una regola. E lui riporta paro paro il Vangelo delle Beatitudini. «Quella regola se la faccia lui, noi ce ne facciamo un’altra» rispondono. Lui poteva fare due cose: o mandarli via o rinunciare e dire “continuate voi, io mi tolgo di mezzo”. E lui lo ha fatto. Quale artista rinuncia al proprio capolavoro? Questo è un atto di grande umiltà.

Lei nei suoi spettacoli sui santi spesso fa riflettere attraverso la risata...

Alternare pensiero e risate è un obbligo. San Francesco diceva che voleva gente che ridesse intorno a lui. Era ossessionato dalla risata. I frati che predicavano ridevano anche quando presi a bastonate dalle guardie. Si ride anche di un riso disperato, si ride disperatamente di noi, della nostra pochezza della nostra miseria, di come siamo imperfetti, lontani dalla santità.

Raccontare la fede è difficile in un’era desacralizzata come la nostra?

Noi cattolici non siamo molto bravi a parlare di cattolicesimo, sono più bravi gli altri, su questo argomento ha fatto più Dario Fo che nessun altro. Il fatto è che è cambiata la committenza. La Chiesa cattolica è stata committente per 1400 anni, poi sono arrivati nuovi committenti, il fascismo, il partito comunista, mentre oggi il grande committente sono le grandi major, le industrie americane come Apple, Google, Amazon. E queste hanno un nuovo paradigma ideologico che vogliono venga celebrato dall’artista. Oggi raccontare il cattolicesimo è molto difficile, perché un artista lo deve fare da solo ed è complesso.

Francesco quanto è attuale oggi?

Non ha mai smesso di esserlo, tutti se ne appropriano, destra, sinistra. Oggi è diventato un archetipo, quasi non c’è più Francesco, ma resta quel che lui diceva. Quello che colpisce tanto oggi è il discorso della rinuncia, la rinuncia all’ego, all’apparenza, lo scomparire perché siamo una società dell’avere più che dell’essere. Rinunciare all’avere è molto più profondo, vuol dire anche rinunciare alla propria fanbase. Ad esempio Papa Francesco ha capito di Francesco una cosa molto importante: che il cristianesimo è una cosa molto semplice, fatta di cose molto concrete: si ama Dio nei poveri, nelle persone che ci stanno accanto, nell’amore per la Creazione.

E del Presepe che si dice?

Il Presepe è una delle grandi performance di Francesco, un grande artista che inventa questa sacra rappresentazione a Natale. Presepe significa mangiatoia. Lui ha detto: mettiamo la mangiatoia vuota, senza bambino e mettiamo l’asino e il bue. Nessuno l’aveva mai fatto nella storia. Questo genera un cortocircuito nel popolo di Greccio, sono talmente emozionati che, durante la messa di Natale quando lui canta il Vangelo e lo mette sulla mangiatoia, succede qualcosa di straordinario: qualcuno vede il bambino, qualcuno vede san Gregorio armeno con Maradona… Il grande potere di Francesco è fare immaginare cose che non c’erano.

A casa Scifoni che presepe si fa?

A casa Scifoni si fa ma è un’operazione difficile (ride): innanzitutto bisogna liberare spazio, non c’è un comodino libero dai panni. Poi il presepe è una cosa elaboratissima: coi miei figli bisogna andare a prendere le scatole, la cartapesta, i sassi di fiume, la ghiaia, il muschio, un macello… Poi ci sono da appendere gli angeli, una fatica… Alla fine si riesce a fare il 26 dicembre e si toglie a Ferragosto.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: