giovedì 31 maggio 2018
Un volume ricostruisce l’opera del sacerdote e futuro papa Giovanni XXIII come sergente di sanità e cappellano negli ospedali militari di Bergamo
Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, in abiti militari nella Grande Guerra

Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, in abiti militari nella Grande Guerra

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La geopolitica della pace di Giovanni XXIII passa anche per l’esperienza del cappellano Angelo Giuseppe Roncalli, in servizio accanto ai soldati che toccarono con mano quella “inutile strage” che fu la grande guerra. A cento anni dalla conclusione del primo conflitto mondiale un volume, a cura di Goffredo Zanchi e Alessandro Angelo Persico, ripercorre attraverso documenti d’archivio e materiale inedito e poco conosciuto quell’esperienza che segnò per sempre don Roncalli. Lo stesso confessò, da Papa, in un’udienza ai cappellani militari, che quel servizio «ci fece raccogliere nel gemito dei feriti e dei malati l’universale aspirazione alla pace, sommo bene dell’umanità. Mai come allora sentimmo quale sia il desiderio di pace dell’uomo».

Promosso dalla Fondazione Papa Giovanni XXIII, Io amo l’Italia. Esperienza militare di un Papa. Studi e documenti (Libreria editrice Vaticana, pagine 432, euro 30) ricostruisce nei dettagli l’attività pastorale di don Roncalli da sergente di sanità e da cappellano negli ospedali militari di Bergamo, colmando così quel vuoto importante nella storiografia roncalliana relativo al suo ministero sacerdotale “in divisa”. Dopo l’anno del servizio di leva nel 1901, dal maggio 1915 al marzo 1916 Roncalli prese parte alla Prima guerra mondiale. Come lui stesso ebbe modo di dire più volte, anche da Papa, la vita militare ha influito fortemente sulla sua maturazione umana, cristiana e sacerdotale. Il volume senza pregiudizi né schemi precostituiti accende i riflettori su alcuni aspetti della biografia di Roncalli. Promotore della consacrazione dei soldati al Sacro Cuore, insieme a padre Agostino Gemelli e alla Serva di Dio Armida Barelli, don Giuseppe riconosce nei volti dei suoi uomini in divisa il volto di Cristo sofferente, ma anche di una Italia da amare. Da qui «quella sua visione della Nazione come terra, come popolo, come grembo che genera, dona identità e consegna al mondo – spiega Santo Marcianò, vescovo ordinario militare per l’Italia che firma l’introduzione del volume – che lega l’amore della Patria all’amore della pace come epifania dell’universale fraternità».

Per il “Papa buono”, insomma, la Patria e la Pace hanno il volto dei tanti militari feriti, morenti, impauriti, sconfitti e disperati, coraggiosi e scoraggiati «ai quali cercò sempre di portare il sorriso di Dio – prosegue il vescovo –. Ecco perché il suo volto ci appare, come sarà sempre, sorridente, anche dinanzi alla tragedia del conflitto. Sorridente perché carico della profonda e sofferta speranza che viene dalla lettura provvidenziale della storia e che si traduce in operosa carità». Nella visione di Roncalli la pace mette insieme l’amore per la Patria, per i fratelli e per Dio, ed è “indivisibile”. Inoltre ha un triplice aspetto: interiore, sociale e internazionale. «Oggi altri volti compongono il volto della pace che tutti siamo chiamati a costruire – aggiunge Marcianò –. Ci sono nuovi conflitti e nuove sfide, sul piano politico-internazionale, socio- economico, antropologico. Ci sono nuove armi, non sempre materiali con cui l’uomo si scaglia contro l’altro uomo e ne uccide la vita o ne deturpa il volto. Ci sono rigurgiti di intolleranza, fondamentalismi esasperati, strategie di terrore che inquinano l’umanità; manipolazioni e sfruttamenti dell’ambiente che inquinano il creato, casa comune degli uomini. Ci sono abusi che violano gli esseri umani più deboli e ingiustizie e povertà sempre più diffuse, numeri spaventosi di popoli costretti a migrare dalla guerra, dalla fame e dall’oppressione e popoli che devono ritrovare il coraggio di accoglierli; ci sono popoli ancora in guerra, guerre dimenticate e c’è il rischio che la guerra si diffonda sempre di più».

In tale contesto riemerge con particolare forza il ruolo dei cappellani militari che «anche oggi accompagnano i militari – sottolinea il vescovo nell’introduzione – che per missione sono chiamati a svolgere un peculiare servizio alla Nazione, nel triplice servizio alla pace personale, sociale e internazionale». Come il sacerdote Roncalli nel dramma della Prima guerra mondiale servì i soldati condividendone la vita e le sofferenze, anche oggi i cappellani militari assistono spiritualmente e formano umanamente gli uomini delle truppe con i quali condividono quotidianità e preoccupazioni. E lo fanno, come sottolinea Marcianò «a servizio di una Patria, l’Italia, che ripudia la guerra come recita l’articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana e che, anche nel panorama internazionale, cerca di portare i valori propri del suo umanesimo e della sua cultura a difesa dell’uomo, della sua vita, della sua dignità, delle sue aspirazioni alla pace».

È sorprendente vedere con quanta serietà un cappellano come Angelo Roncalli guardasse al loro compito. Lo fa da assistente spirituale negli ospedali militari della città, da animatore della Messa del soldato nella chiesa di Santo Spirito; organizzatore della consacrazione al Sacro Cuore delle truppe del Presidio cittadino; infine, negli ultimi mesi da responsabile religioso e morale del grande Ospedale militare ospitato nel Ricovero Nuovo dove erano accolti tanti prigionieri italiani rilasciati dall’Austria perché gravemente malati, per lo più di tubercolosi. Spesso persone inviate a combattere senza averlo scelto, o certamente senza aver scelto la guerra. Anche «oggi sono le tante persone afflitte dalla paura, perseguitate dalla guerra, bisognose di accoglienza, soccorse nelle calamità, che i nostri soldati servono, contribuendo alla giustizia, alla sicurezza, alla pace» ricorda il vescovo. Chiamati, anche loro, come gli uomini di 100 anni fa a «guardare alla vita come servizio all’uomo, soprattutto a chi, della mancanza della pace, sperimenta le conseguenze più dure». A documentare tutto questo nel volume sono fonti di varia natura, molte delle quali ormai introvabili: schemi di omelie, tracce di discorsi, articoli su giornali e periodici, brani di diari, lettere a diversi corrispondenti e fotografie.

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