Wisława Szymborska, comunista pentita

Esce una nuova biografia della poetessa polacca premio Nobel. Centrale l’adesione postbellica allo stalinismo: presto ripudiato, ma senza riuscire a perdonarsi
December 17, 2025
Wisława Szymborska, comunista pentita
La poetessa Wisława Szymborska / Alamy
Se Olga Tokarczuk – con I Vagabondi, I libri di Jakub, Empusium (Bompiani), è il fenomeno della narrativa europea in decenni di “magra” per la letteratura, Wisława Szymborska continua a essere la signora della poesia polacca e una delle voci poetiche più vive d’Europa. E non sarà un caso che proprio dalla Polonia provengono opere di autentico spessore poetico e culturale, come possiamo verificare dalla monografia appena pubblicata Wisława Szymborska. Segni particolari. Una biografia intima di Joanna Gromek-Illg per Elliot (pagine 594, euro 28,00), che aveva già proposto con il volume Meglio di tutti al mondo sta il tuo gatto l’epistolario tra la poetessa e il suo compagno Kornel Filipowicz, a cui si possono aggiungere due biografie Nulla di Ordinario (2019) del segretario della poetessa, Michał Rusinek, nonché Cianfrusaglie del passato (2015) di Anna Bikont e Joanna Szczesna, entrambe pubblicate da Adelphi, cui dobbiamo le importanti antologie delle poesie della scrittrice.
L’ultima biografia vuol essere “intima” e in realtà è un lungo racconto, fin troppo dettagliato – eppure sempre avvincente nella bella traduzione di Giulia Olga Fasoli – della vita della poetessa, a partire dalla ricostruzione del suo ambiente familiare, fin dall’incontro dei genitori e i primi anni abbastanza tranquilli della famiglia. Una quiete che non poteva durare con le irrequietezze del primo dopoguerra quando nacque la scrittrice a Kórnik, non lontano da Poznań, ma che crebbe e visse a Cracovia, la sua città d’elezione, città intellettualmente assai vivace, che si contrapponeva alla capitale in quanto più libera dall’influenza del potere e della burocrazia statale. Nascere nel 1923 significava crescere per almeno quindici anni nella nuova repubblica polacca, respirare dopo secoli una nuova aria di libertà e d’indipendenza. L’esperienza intima più dolorosa fu la precoce morte nel 1936 del padre, cui la scrittrice era molto legata. L’altra tragedia, universale, fu lo scoppio della Seconda guerra mondiale, con la drammatica invasione tedesca della Polonia. In quegli anni si forma la coscienza civica di Szymborska e il suo graduale impegno politico contro l’invasore e con l’avvicinamento alla Resistenza che a Cracovia è organizzata dai partigiani cattolici e da quelli egemonizzati dai comunisti che con la “liberazione” da parte dei sovietici, assunsero il potere nei primi mesi del 1945, con la conferma internazionale garantita dall’accordo di Yalta, che consegnava a Stalin l’Europa Orientale. L’ostilità contro i nazisti della Polonia Occidentale spinsero gran parte della giovane generazione ad aderire alle organizzazioni dirette dal partito comunista. Decisivo per l’adesione della scrittrice, appena ventenne, al partito fu Adam Włodek, un giovanotto di un anno più grande, che aveva partecipato attivamente alla Resistenza diventando militante comunista, nonché un scrittore impegnato e soprattutto operatore culturale, un autentico talent scout di giovani promesse della nuova letteratura, con una febbrile attività editoriale. Fu lui che comprese il valore letterario di Wisława, nonché il suo fascino, sicché il giovane pigmalione divenne nel 1948 suo marito, conducendo una vita intensa in cui l’impegno politico s’intrecciava con la scrittura. Solo che assai presto l’allieva superò il maestro, che nell’esuberanza giovanile continuò a essere uno spregiudicato dongiovanni, approfittando anche dell’ampia libertà sessuale promossa dal regime che, come si sa, era tollerante solo in quest’ambito.
Col tempo nel matrimonio aperto la scrittrice non ci si trovò e pur mantenendo per tutta la vita l’amicizia con Włodek, divorziò già nel 1954, mentre gradualmente cominciò a comprendere che errore fatale aveva compiuto con l’adesione all’ideologia stalinista e con l’appoggio acritico al regime. Il 28 giugno 1956 gli operai insorsero a Poznanń dapprima con rivendicazioni economiche (vivevano nella miseria e nello sfruttamento) e poi con proteste politiche. Il dissenso si allargò agli intellettuali, agli studenti e non solo in Polonia. In ottobre scoppiò la Rivoluzione Ungherese repressa nel sangue dai carrarmati sovietici. Per la scrittrice iniziò un’intensa e dolorosa presa di coscienza che si acuì fino all’abbandono del partito, o più esattamente al non rinnovo della tessera, che significò anche gravi problemi economici.
Szymborska non amava atteggiamenti pubblici, tuttavia non si perdonò mai di aver scritto poesie inneggianti a Stalin e a Lenin. Pur comprendendo storicamente quelle scelte, ne soffrì profondamente. Come ha scritto il suo amico, il poeta Adam Zagajewski: «Tracce di questa memoria si trovano in quasi tutte le sue poesie. La sua poetica è costruita sull’esperienza traumatica dello stalinismo». Con gli anni la sua lirica trovò una sua verità, intima, legata all’ironia e a una costante meditazione sulla morte, corroborata da un’intensa frequentazione dello stoicismo classico. Il discorso sulla morte fu la sua strada, secondo la sua formula: «incanto e disperazione». Da questa maturità nacquero quelle liriche sublimi eppure sempre lievemente scherzose, che le valsero gli ampi riconoscimenti, fra cui il Nobel per la letteratura nel 1996. Poesie suggestive, struggenti e sempre ironiche: «Non c’è vita / che almeno per un attimo / non sia stata immortale. / La morte / è sempre in ritardo di quell’attimo».

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