
Scavo presso un punto identificato come “G05” (A). (Foto: M. Ullman) - D. Golan et al., Land (2025)
Molto prima che i mattoni della Grande Muraglia cinese cominciassero a solcare le montagne del nord, un altro imponente sistema di barriere era stato eretto ad attraversare le vaste steppe dell’Eurasia. Non si trattava però di difese contro eserciti invasori come quelli di Gengis Khan: secondo nuove ricerche archeologiche, queste strutture avevano scopi ben diversi: controllare il movimento delle persone, gestire le risorse, e, soprattutto, affermare il potere di chi le costruiva.
Mentre la Grande Muraglia, nella sua versione più estesa risalente alla dinastia Ming (1368–1644), si snoda per circa 8.850 chilometri ed è universalmente nota per il suo ruolo militare contro le incursioni mongole, il sistema murario precedente – molto meno conosciuto – si sviluppava per oltre 4.000 chilometri in un paesaggio che oggi comprende il nord della Cina, la Mongolia e parte della Russia. Costruito tra il X e il XII secolo, il complesso fu realizzato da diverse dinastie, in particolare dai Jin (1115–1234), un popolo di origine Jurchen, nomadi pastori provenienti dalla Siberia e dalla Manciuria. Le loro fortificazioni non avevano l’aspetto solenne della Grande Muraglia: erano costituite da trincee profonde circa un metro e larghe tre, con la terra scavata che formava un argine compattato alto uno o due metri. A intervalli regolari, sorgevano recinti in pietra larghi una trentina di metri, probabilmente usati come posti di guardia o aree di controllo.

Un tratto del muro che circonda uno dei recinti del grande muro. (A) Sezione esposta della parte interna del muro di cinta, che raffigura un uso estensivo del legno (B) - D. Golan et al., Land (2025)
Il gruppo di ricercatori guidato da Gideon Shelach-Lavi, archeologo dell’Università Ebraica di Gerusalemme, ha recentemente completato uno studio sul campo lungo un tratto di 405 chilometri nell’attuale Mongolia. Dopo aver già mappato il sistema grazie a droni e immagini satellitari, gli studiosi hanno ora effettuato scavi diretti in uno di questi misteriosi recinti.
Ma qual era la funzione reale di queste mura? La documentazione storica è scarsa e le strutture non seguono confini naturali evidenti che avrebbero aiutato a porre un freno ad eventuali invasori, elementi che alimentano i dubbi sul loro presunto ruolo difensivo. «Non erano progettate per fermare un esercito invasore», spiega Shelach-Lavi. «È più probabile che servissero a segnalare un dominio territoriale e ad incanalare i movimenti delle persone verso punti di controllo». Un metodo, aggiunge, che ricorda molto le moderne barriere di frontiera: non tanto difendere, quanto regolare, tassare, sorvegliare.

Fotografia aerea scattata da drone che mostra la sezione del muro in pietra conservata che attraversa il pendio (A). Mappa topografica che illustra la posizione strategica del muro sulla cima del Kherem Öndör, con segmenti differenziati di muro in terra (linea rossa) e in pietra (linea nera) (B) - D Golan et al., Land (2025)
Gli scavi hanno rivelato anche aspetti della vita quotidiana di chi abitava o presidiava queste zone. In un recinto sono emersi oggetti sorprendenti: monete della dinastia cinese Song, in guerra con i Jin, utensili agricoli, frammenti di ceramica e una piattaforma in pietra che fungeva da stufa o letto riscaldato. Prove che indicano non solo una presenza stabile durante tutto l’anno, ma anche un certo grado di attività agricola – un fatto inaspettato in un’area oggi prevalentemente pastorale.