martedì 22 settembre 2009
Da Kafka a Mendel, da Havel a Kundera: nella capitale boema s’intrecciano le due grandi tradizioni che hanno segnato la cultura d’Europa, rinascendo dopo ogni catastrofe storica.
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«La città d’oro». Per molto tempo, questo è stato, ed è tutt’oggi, il soprannome, di Praga. Perché la città d’oro? Probabilmente per le cupole delle numerose chiese barocche, costruite nel Cinque-Seicento dai monarchi che vi avevano stabilito la loro sede, come Mattia Corvino e Rodolfo d’Asburgo e altri. Praga doveva essere la città cattolica per eccellenza anche se proprio in Boemia, di cui è la capitale, si sono svolte guerre lunghissime, come la Guerra dei Trent’anni, in nome del protestantesimo da una parte e della Chiesa cattolica dall’altra. La storia del conte Wallenstein ne è un esempio eloquente, avventuroso e tragico. La residenza praghese di questo grande guerriero, uomo politico complicato e continuamente in bilico tra le due parti, è uno dei più bei palazzi barocchi della «città d’oro». Ma quanto all’oro a Praga se ne vede parecchio, specialmente negli edifici religiosi. Nelle due famose chiese dedicate a san Nicola, e in tante altre, ma anche sul famoso Ponte Carlo, che conduce nella Malá Strana, la «Parte piccola». Stringe davvero il cuore leggere la scritta sul piedistallo di una delle statue allineate sul ponte, recante la notizia che quella statua è stata eretta con lo Judengeld, la tassa che gli ebrei dovevano pagare. Quale tassa? La tassa per il solo fatto di essere ebrei, per il solo fatto che la Praga cristiana dava loro accoglienza. L’intreccio secolare tra la Praga cristiana e quella ebraica è davvero uno dei capitoli più interessanti della storia di quella città. Tra gli imperatori austriaci c’erano dei veri alchimisti, dediti alla magia. Rodolfo II, per esempio. Ma anche nella fitta comunità ebraica c’erano cabalisti la cui fama si estendeva a tutto il mondo occidentale di allora. Non tutti sanno, per esempio, che la regina Elisabetta d’Inghilterra , nel Seicento, aveva spedito a Praga un suo uomo di fiducia, John Dee, per fargli apprendere dai rabbini la cabala. Attraverso la cabala (scienza esoterica ebraica) voleva mostrare la supremazia dell’Inghilterra su tutto il mondo. Quando l’uomo tornò da Praga a Londra, il suo protettore, sir Walter Releigh, era già stato decapitato. John Dee dovette fuggire di casa in casa. La sua storia, ben celata, è stata scritta da Shakespeare nell’ineguagliabile tragedia Re Lear.Ma l’intreccio tra ebraismo e cristianesimo è rispecchiato anche nella leggenda del Golem, la statua di argilla costruita da un rabbino e chiamato a vita dalla parola Verità ("emet" in ebraico) inserita nella sua fronte. Questa statua-mostro deve difendere gli ebrei dai maltrattamenti, soprusi e uccisioni. Il Golem si mette in cammino e sta per distruggere la città quando il rabbino toglie dalla sua fronte la parola magica. Il Golem torna a essere una statua inanimata. Angelo Maria Ripellino, lo slavista italiano di fama europea, ha scritto negli anni sessanta, un famoso volume sulla Praga magica. Queste e altre storie davvero eccentriche vi si trovano in quantità, ma chi vuole afferrare l’anima di quella città unica al mondo, fa bene a legger quest’opera. Ma l’intreccio tra le due culture continua nei secoli successivi. Anche Johann Sebastian Bach va a Praga a studiare la cabala, e la applica alla sua teoria del contrappunto musicale. Mozart rappresenta il suo Don Giovanni proprio a Praga e anche in quell’opera non mancano elementi soprannaturali. Il vero grande connubio tra le due culture si realizza però tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Allora nascono i veri grandi ingegni da tutte e due le parti. I grandi musicisti, gli umili ma importantissimi scienziati, alcuni stravaganti scrittori da una parte, e dall’altra pensatori, filosofi, linguisti e scrittori. Facciamo qualche nome, anche se è forse inutile e superfluo, tanto sono diventati famosi coloro che li portavano. Smetana, Dvorák, Janácek, e Mendel, padre della biologia moderna, scopritore delle leggi dell’ereditarietà. Dalla parte ebraica basta un nome, anche se ce ne sono tanti: Franz Kafka. Nella sinagoga «vecchia nova» di Malá Strana tra i nomi dei grandi saggi nati nella comunità ebraica di Praga c’è anche il suo. Sì, la grandezza di Franz Kafka oltrepassa i limiti di una professione, quella dello scrittore. Questo semplice impiegato delle assicurazioni Generali (di Trieste), morto di tubercolosi a poco più di quarant’anni, è annoverato tra i maestri, quasi dei profeti dell’umanità. Tra i grandi eccentrici cristiani, invece, non possiamo "saltare" il nome di Jaroslav Hašek, creatore del personaggio del «buon soldato Sc’vèik». Questo anarchico, gran bevitore, verso la fine della sua non lunghissima vita, fondò un partito monarchico, in onore dell’imperatore Francesco Giuseppe, tanto sbeffeggiato, pochi anni prima in Sc’vèik.Lo scoppio della Seconda guerra mondiale pose fine a questo strano intreccio di culture, unico nel suo genere. Le grandi potenze occidentali lasciarono la Cecoslovacchia in balia della Germania nazista che con il consenso di tutti, Churchill, Roosevelt, Stalin, Mussolini, la invase e la soggiogò. Gli ebrei di Praga furono deportati e sterminati, A sessanta chilometri da Praga si trova la cittadina di Terezín. Porta il nome dell’imperatrice asburgica Maria Teresa d’Austria. Fu lei a fondarla, nel Settecento. Fu lì che duecento anni dopo i nazisti stabilirono il loro campo di concentramento per bambini ebrei. Di questi restano soltanto i disegni. Quasi tutti vennero trasportati ad Auschwitz e, dopo esperimenti paurosi, uccisi. La storia di cui parliamo però non finisce ancora, perché durante i difficili anni dello stalinismo, sono apparse nuove importanti figure che rappresentano le due culture. Basti pensare a Bohumil Hrabal, a Václav Havel e a Milan Kundera: tutti e tre noti nel mondo. Per il suo travolgente vitalismo e buonumore il primo, per le sue commedie mordaci e per il fatto di essere diventato presidente della Repubblica dopo la caduta del Muro il secondo, per i suoi romanzi filosofici scritti in francese, diventati bestseller il terzo. In questi tre autori continua, rivive una lunga tradizione culturale, unica nel nostro continente. Di ebrei invece sono rimasti pochissimi a Praga. Di loro esiste soltanto il ricordo. Ivan Kraus ha scritto un romanzo, negli anni Sessanta, intitolato I topi della signora Moschabrova, feroce satira dello stalinismo, ma la sua opera oggi è pressoché sconosciuta. Hrabal si è suicidato. Poi è venuta l’Europa allargata, e oggi siamo al punto a cui siamo. Mercato. Editoria di mercato. E uno scenario mondiale sconvolto. Ma la storia continua.
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