venerdì 31 marzo 2017
Fiera del libro per bambini: una rassegna ripercorre la storia dei volumi in tre dimensioni, che ha antenati nelle medievali sfere combinatorie di Raimondo Lullo. E che oggi conose un grande revival
«Bison Hunt» di Kubasta

«Bison Hunt» di Kubasta

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Si svolgerà dal 3 al 6 aprile nel complesso di Bologna Fiere la 54ª edizione della Children’s Book Fair, la più importante manifestazione internazionale dedicata all’editoria per bambini e ragazzi. Riservato agli operatori del settore, l’evento offre anche quest’anno un programma estremamente ricco, consultabile online alll’indirizzo www.bookfair.bolognafiere.it. Grande spazio è riservato alla produzione di Catalogna e Isole Baleari, ospiti d’onore per il 2017. Tra le mostre, oltre a quella sul pop-up anticipata in questa pagina, spicca la rassegna che ha protagonisti 75 illustratori provenienti da 26 Paesi e alla quale si affiancano le personali di Juan Palomino e di Rotraut Susanne Berner. Nel corso della manifestazione saranno assegnati diversi riconoscimenti, tra cui il premio internazionale d’Illustrazione, il Digital Award e lo Strega Ragazze e Ragazzi.

Già il nome promette meraviglie: Lothar Meggendorfer, vissuto a Monaco di Baviera tra il 1847 e 1925. Il Michelangelo del libro animato, il Leonardo da Vinci del popup, l’illusionista della linguetta di cartoncino. La tiri e con quell’unico gesto metti in moto un meccanismo di incredibili interazioni, con una figura che si sposta di un centimetro intero, un’altra di pochi millimetri e così via. «Il suo Internationaler Circus rimane ancora oggi un capolavoro insuperato – spiega il collezionista Massimo Missiroli –. Anche se a rigore non sarebbe esattamente un pop-up ». Una precisazione che vale come un avvertimento, perché anche se Pop-up Show: la magia dentro i libri è una delle principali mostre in programma all’ormai imminente Bologna Children’s Book Fair, i destinatari dell’editoria a tre dimensioni non sono esclusivamente i ragazzi. E per realizzare opere come quelle di Meggendorfer, del suo compatriota e precursore Ernest Nister, del cecoslovacco Voitìc Kubašta e di tanti altri maestri del genere occorrono competenze molto particolari, in un dialogo continuo tra illustrazione e cartotecnica. I professionisti sono designati con il titolo inglese di paper-engineer, “progettista della carta”, per motivi che vanno al di là della dilagante esterofilia.

«Per molto tempo il settore è stato dominato dalla produzione anglosassone – ricorda Matteo Faglia, dirigente editoriale di lungo corso che con Missiroli ha organizzato l’esposizione bolognese –. La mia maggior soddisfazione è stata quella di poter proporre all’estero libri ideati e realizzati nel nostro Paese. Una figura come quella di Dario Cestaro è ormai riconosciuta a livello internazionale. E poi c’è Massimo, si capisce». Massimo è sempre lui, Missiroli. Bancario di professione, ha iniziato ad appassionarsi al pop-up un quarantina d’anni fa, arrivando a fondare il centro “Il libro ha tre dimensioni” (www.pop-ups.net). «Ma non lo chiami museo, perché le opere sono tutte conservate a casa mia a Forlì», dice senza perdere la modestia né il buonumore. Anche lui, strada facendo, ha sviluppato notevoli capacità di paper-engineer, messe al servizio di apprendisti di ogni età. «Il pop-up non si rivolge esclusivamente a bambini e ragazzi – insiste –. Anzi, le primissime forme di libro animato sono concepite per uso scientifico tra Medioevo e Rinascimento: le sfere combinatorie di Raimondo Lullo e il Cosmographicus Liber di Pietro Appiano, per esempio.

Nel Settecento, con la produzione dei diorami, ci stiamo già spostando nel territorio dell’intrattenimento. Libri simili a quelli attualmente in commercio arrivano verso la fine dell’Ottocento, quando si afferma l’editoria per l’infanzia. Ma il pop-up propriamente inteso nasce negli Stati Uniti soltanto nel 1932, come marchio registrato dalla Blue Ribbon Press». Vogliamo provare a mettere un po’ di ordine nella terminologia? Si comincia con lo scenic book, una specie di teatrino di carta di quelli in cui era maestro il solito Meggendorfer. Poi si passa allo stand-up, con la proiezione tridimensionale che si attiva da sola quando le pagine vengono spalancate. Una tecnica, quest’ultima, di cui il pop-up rappresenta l’evoluzione compiuta, attraverso un complesso di volumetrie che appaiono e scompaiono come per incanto mentre si sfoglia il libro. Ancora più sorprendente può essere l’effetto giostra del cosiddetto carousel. E la tipologia non è del tutto esaurita.

«Gli elementi di base sono relativamente pochi e semplici – ammette Missiroli –. Il principale è senza dubbio il v-fold, il sistema di pieghe che permette di dare profondità all’immagine mediante un piano perpendicolare rispetto alla pagina. Di norma basta che l’intersezione interessi due ele- menti, ma nelle progettazioni più avanzate si può arrivare ad avere una combinazione di quattro o cinque piani». Nel corso della sua storia il libro tridimensionale si è prestato a diverse applicazioni, anche in ambito religioso. Nella mostra di Bologna (interamente realizzata con pezzi provenienti dalla collezione di Missiroli) si potranno ammirare l’ancora affascinante Storia di Gesù realizzata nel 1938 dall’inglese S. Louis Giraud, detto “Il Mago”, un Lourdes prodotto in Francia negli anni Cinquanta e un esemplare delle Scene di catechismo promosse nello stesso periodo dall’intraprendenza dei salesiani di Hong Kong. Ancora oggi, del resto, gli stampatori orientali detengono un sostanziale monopolio nella manifattura del pop-up. «La lavorazione non è cambiata granché rispetto all’Ottocento – sottolinea Missiroli –. Di recente sono state introdotte le fustellatrici laser, più precise rispetto a quelle meccaniche, ma l’assemblaggio continua a essere effettuato a mano, un pezzo dopo l’altro».

Eppure, nonostante tutto, il libro tridimensionale non è un retaggio del passato. Sta conquistando un nuovo pubblico adulto, composto in gran parte di appassionati d’arte. «Personalmente trovo irresistibili le opere dell’americano Robert Sabuda, che predilige l’uso del cartoncino bianco, con effetti di estrema eleganza », dice Faglia. Fondatore nel 1978 di Fatatrac, una delle case editrici che contribuì a redifinire l’offerta del libro per ragazzi, e poi attivo in Giunti e De Agostini, Faglia non si sottrae al confronto con il digitale, del quale anche quest’anno si parlerà molto a Bologna. «Se volessimo cavercela con una battuta – scherza – potremmo sostenere che dove non arrivano le app arrivano i pop-app. Non è solo un gioco di parole. La rinnovata fortuna del libro tridimensionale, che sempre più spesso torna ad essere progettato con finalità divulgative e didattiche, dimostra come in questi anni di crisi l’editoria tradizionale sia stata capace di reinventarsi attraverso l’innovazione.

Ogni volta che si trova davanti a una sfida, il libro di carta ne esce vincitore. E questo vale a maggior ragione nel caso del pop-up, che non manca di suscitare lo stupore di chiunque lo sfogli». Nelle intenzioni degli organizzatori, quella che debutta nei prossimi giorni alla Children’s Book Fair dovrebbe diventare un’esposizione itinerante. Le rarità in mostra sono tante e non tutte sono di produzione straniera. Lo dimostrano un piccolo capolavoro come La meravigliosa avventura della vecchina Baffina Pimpirimpina ideato nel 1936 da Dora Felisari e più ancora i magnifici “Libri Teatro” usciti negli anni Quaranta dal laboratorio milanese delle Hoepli. Tre titoli in tutto, ma indimenticabili.

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